Certe “libertà” non sono giuste. Non è democrazia occupare case o rubare nella metro
La sinistra non ha più il coraggio di schierarsi dalla parte della legalità e la destra di fare con rigore le scelte giuste
I partigiani, che si sacrificarono per la nostra libertà e i padri costituenti, che posero le basi del nascente Stato repubblicano, non avevano certo in mente il Paese nel quale viviamo oggi. La libertà fu riconquistata per permettere a chiunque di esprimere liberamente le proprie idee e di vivere al meglio la propria vita, all’interno di regole e leggi condivise e uguali per tutti, che i cittadini erano chiamati a rispettare, per costruire una società ordinata.
Per un po’ di anni il sistema ha funzionato, nonostante fossero evidenti le pecche di una società organizzata in modo oggettivamente classista e discriminatoria nella quale i figli del popolo non avevano molte opportunità di salire i gradini della scala sociale, se non al prezzo di immensi sacrifici. Anche l’uguaglianza dei diritti era approssimativa, in una società che era reduce da vent’anni di dittatura e dove ai “padroni” era consentito ancora di fare e disfare a proprio piacimento.
L’Italia del dopoguerra non garantiva equità e pieni diritti per tutti e le lotte popolari degli anni sessanta, che reclamavano diritti nuovi e realmente democratici nel lavoro, nella scuola e nella famiglia, furono giuste e irrinunciabili. Ma in quegli anni esisteva ancora il rispetto per chiunque rappresentasse, in qualche modo, le istituzioni: dai tutori dell’ordine ai professori, dai bigliettai dei tram ai “metronotte” che erano le guardie giurate dell’epoca. Erano rispettate le persone più anziane, i genitori e persino i leader politici che, per serietà e senso dello Stato, erano ancora d’esempio ai cittadini.
Le responsabilità del Sessantotto
Poi è iniziato il declino, lento ma inarrestabile, di tutti i valori. E non per colpa dei “sessantottini”, che hanno giustamente combattuto l’autorità di chi difendeva privilegi inaccettabili. La loro colpa, semmai, è stata quella di non aver distinto la meritocrazia dal merito, aprendo la strada, col voto politico, a una nuova discriminazione che danneggiava ancora e di più i figli del popolo meritevoli.
A quella generazione ribelle, ma impegnata, che contribuì in modo decisivo al rinnovamento della società italiana, si possono accollare diverse colpe, inclusa quella di avere provocato la reazione di chi ha costruito la cosiddetta “stategia della tensione” o di avere aperto le porte agli anni cupi del terrorismo rosso e nero, ma non quella di avere fatto germogliare il seme del vergognoso disordine al quale assistiamo oggi.
Dagli anni Ottanta al terzo millennio
Semmai, si dovrebbero analizzare gli effetti nefasti che hanno avuto, prevalentemente sulla classe media, gli anni ottanta e novanta, con i programmi televisivi spazzatura che decretavano il successo della maleducazione e dell’arroganza o che indirizzavano verso l’edonismo individualista. Gli effetti del degrado e della corruzione politica degli anni novanta, con la forsennata reazione giustizialista che ha travolto anche ciò che di buono c’era nella “prima repubblica”.
Infine il successo di partiti costruiti a tavolino, che pretendevano di rappresentare una inesistente società civile o dei successivi movimenti falsamente assemblearisti, che hanno portato nel Parlamento e nelle istituzioni uomini di dubbio valore e di nessuna competenza, allontanando sempre di più i cittadini dalla partecipazione attiva alla vita politica. Infine l’era dei social media che, nel decadimento generale, fanno ancora assurgere ad esempi da imitare personaggi squallidi e amorali. Per non parlare del susseguirsi magmatico di fake news che disorientano l’opinione pubblica, sempre più disinformata.
Una riflessione semplice
Ma il fine del mio ragionamento non è quello, peraltro arduo, di analizzare e approfondire le cause del disastro che è sotto i nostri occhi, quanto quello di per stimolare una riflessione, semplice ma al tempo stesso grave, sugli effetti nefasti che esso può avere. Questa non è democrazia. Non è democrazia la libertà, concessa a troppi, di aggredire e insultare le forze dell’ordine quando svolgono con serietà e competenza il loro dovere. Non è democrazia favorire l’indebolimento e quindi la resa, delle istituzioni nei confronti di chi viola le regole sapendo di farla franca.
Non è democrazia la libertà che ha chiunque di aggredire chi svolge un pubblico servizio. Non è democrazia la libertà di chi può impunemente rubare nella metropolitana, aggredendo e minacciando i cittadini che glielo vogliono impedire, pretendendo persino di essere difesi dalla polizia che invece dovrebbe arrestarli.
Non è democrazia l’impossibilità di tornare in possesso di una casa occupata abusivamente, rischiando persino la denuncia e le minacce degli occupanti che non hanno nulla da perdere . Non è democrazia l’insolenza e l’arroganza degli studenti verso i professori. Non è democrazia la libertà degli sbandati di bivaccare ubriachi per strada, aggredendo i passanti o danneggiando impunemente la proprietà pubblica e privata. E mi fermo qui, perché ognuno di noi potrebbe elencare le troppe cose che non vanno.
Sinistra prigioniera e Destra timorosa
Ma ciò che colpisce di più è vedere che la sinistra, prigioniera del “benaltrismo” e dei suoi mille distinguo, non ha più il coraggio di schierarsi dalla parte della (vera) legalità e che la destra, vittima di un passato nel quale strizzava l’occhio all‘autoritarismo, non abbia oggi il coraggio di fare con rigore le scelte giuste e necessarie. No, questa non è democrazia. Certamente non è la democrazia per la quale saremmo pronti a morire.
La gravità delle conseguenze
Se non c’è chi sia pronto a morire per la democrazia, il rischio di perderla aumenta. Non escludo, anzi temo, che che molti di voi possano pensare che, in fondo, non sarebbe così grave. Purtroppo, aumentano di giorno in giorno, quelli che sarebbero disposti a rinunciare a un po’ della loro libertà, pur di vivere in un Paese ordinato e che funzioni.
Peccato che le dittature buone non esistano e che tantomeno esistano dittature che tolgano solo una parte di libertà. E una volta che la libertà è tolta tornare indietro è impossibile. Quindi noi, che vediamo il rischio che stiamo correndo, abbiamo un solo dovere: quello di pretendere una democrazia vera e non formale.