Cesare Battisti espulso dal Brasile. Per ora niente estradizione
La sentenza del Tribunale Federale del Brasile. Ma espulsione non significa estradizione
Il Brasile revoca il permesso di soggiorno a Cesare Battisti. L’ex terrorista, militante di Lotta Continua e Autonomia Operaia, potrebbe esser espulso dal Brasile in seguito a quanto stabilito – lo scorso 10 febbraio – dal Tribunale federale carioca poiché «si tratta del caso di un cittadino straniero con una situazione irregolare che, in quanto condannato per crimini nel suo Paese di origine, non ha diritto a rimanere in Brasile», si legge nella sentenza. A darne notizia è il sito Estadao, citando fonti giudiziarie. Ma “espulsione” non significa “estradizione”, Battisti potrebbe riuscire anche stavolta ad eludere la giustizia italiana grazie all’accoglienza da parte di un Paese diverso da quello d’origine. Infatti, come conferma il dispositivo carioca, «gli istituti di espulsione e estradizione sono ben distinti. L’espulsione non contraddice la decisione del presidente della Repubblica di non estradare, visto che non è necessaria la consegna del cittadino straniero al suo Paese di origine, in questo caso l’Italia, potendo essere espulso verso un altro Paese disposto ad accoglierlo».
La difesa dell’ex terrorista annuncia la contromossa. “Siamo stati informati della decisione ma ancora non c’è una data”, ha replicato Igor Sant’Anna Tamasauskas, avvocato del pluriomicida che ha militato anche nei Proletari Armati per il Comunismo, annunciando che “faremo ricorso” contro la sentenza di revoca del permesso di soggiorno perché “non comprendiamo come possa modificare una decisione della Corte costituzionale e del presidente della Repubblica”. Battisti, che attualmente abita con la nuova compagna e la figlia in un modesto appartamento nella periferia di San Paolo, è arrivato in Brasile nel 2007 e – dopo una serie di vicende giudiziarie – nel 2009 ha beneficiato dello status di rifugiato politico e nel 2010 è stato “graziato” dall’ex presidente Lula che respinse la domanda d’estradizione. Giorgio Napolitano, allora Capo di Stato, – dalle pagine de La Repubblica e Il Messaggero – si dichiarò “deluso e contrariato” per la mancata estradizione, definendo “incomprensibile” la decisione di Lula.
Le vittime di Battisti: Torreggiani padre e figlio. Omicidio plurimo, banda armata, detenzione di armi: la carriera criminale di Battisti, durante gli anni dell’eversione, è lunga. Ad incappare nella sua folle corsa omicida, nel 1979, c’è anche il gioielliere romano Pierluigi Torreggiani. Il delitto Torreggiani venne rivendicato il 5 marzo dello stesso anno dai Proletari Armati per il Comunismo, i terroristi – che espressero dispiacere per il ferimento del figlio del gioielliere, rimasto coinvolto nello scontro a fuoco – svelarono il loro delirante disegno criminale spiegando che l’azione mirava a “conquistare l’egemonia politica sulla piccola malavita” per sottrarla al giogo “della grande malavita storicamente intrallazzata con il potere del capitale”. Battisti, arrestato nel corso di un’imponente operazione antiterrorismo, viene riconosciuto come mandante dell’attentato e condannato a 13 anni e 5 mesi da scontare nel carcere di Frosinone. Da qui – nel 1981 – riuscirà a metter a segno la fuga, iniziando così una lunga latitanza internazionale che arriva sino ai giorni nostri e che, oggi, potrebbe esser giunta al capolinea. Alberto Torreggiani – rimasto paralizzato durante la sparatoria in cui è morto suo padre, il gioielliere Pierluigi – alla notizia diffusa da Estadao si è detto “sorpreso”, ma la sua è una reazione che invita alla cautela. “Bisogna capire per quale ragione viene espulso, che conseguenze ha questo sulla possibilità di estradizione e se Battisti verrà in Italia o potrà andare in un altro Paese”, ha dichiarato Torreggiani.