Chef e ristoranti: 15 domande per Domenico Francone – Montalcino
L’amore per le due ruote, il calcio e Jim Morrison: Chef Domenico Francone di “Sala dei Grappoli” di Poggio alle Mura si racconta
Prosegue il nostro tour tra chef e ristoranti, finalizzato alla conoscenza e all’approfondimento di realtà enogastronomiche eccellenti all’interno della nostra penisola. Andiamo a Montalcino, in provincia di Siena, un territorio famoso in tutto il mondo per il leggendario Brunello, a visitare Castello Banfi di Poggio alle Mura.
Cenni storici
Una proprietà ambita nel corso dei secoli che, complice anche un’interessante posizione tra Siena e la Maremma, ha suscitato notevole interesse nel corso della sua storia. La struttura si è sviluppata tra il IX e il XIII secolo, anche se l’origine è molto verosimilmente risalente all’epoca etrusca. Dopo varie vicissitudini e cambi di gestione, quarant’anni fa la tenuta vive l’ultimo passaggio di proprietà. Questo quando, nel 1983, il Castello viene rilevato dalla famiglia Mariani, ed entra a far parte dell’azienda vitivinicola Banfi. La stessa famiglia Mariani sarà l’artefice di alcuni lavori di restauro che, dopo la II Guerra Mondiale riporteranno la struttura agli antichi splendori.
La cantina del Castello Banfi
La cantina di Castello Banfi è pensata per preservare al massimo integrità e ricchezza delle uve, non dimenticando la valorizzazione della particolare ricerca in tema di zonazione del territorio montalcinese e selezione clonale delle uve prodotte. La struttura oggi si avvale anche di moderne tecnologie per soddisfare ogni esigenza di appassionati e cultori del vino di qualità.
Il museo del vetro
Castello Banfi ospita al suo interno Il “Museo della Bottiglia e del Vetro“. Una vera e propria collezione museale intitolata a Giovanni F. Mariani che racconta la storia legata alla produzione del vetro, a partire dal V sec. a.C. sino ai giorni nostri. Tra le tante perle del museo, l’esposizione degli oggetti di vetro dell’Antica Roma. Questa, tra piccoli oggetti in pasta vitrea risalenti al V e IV sec. a.C. e vasi e balsamari di vetro soffiato del I e II sec. d.C. secondo critici e addetti ai lavori costituirebbe una delle più vaste collezioni private del mondo.
Per il nostro format “15 domande per”, incontriamo Domenico Francone, executive chef, 1 stella Michelin, del ristorante “Sala dei Grappoli” di Castello Banfi.
Genere musicale preferito?
“Musica pop in generale. Anche se da quando sono ragazzo nutro una forte ammirazione nei confronti di Jim Morrison”.
Squadra del cuore?
“Tifossissimo del Bari, non mi perdo una partita e vado in curva tutte le volte che posso”.
Cosa le piace mangiare?
“Pasta, pesce e verdure sono la mia dieta ideale. Ma il dolce non deve mai mancare”.
Quale personaggio, maschile o femminile, inviterebbe a cena e perché?
“Inviterei Valentino Rossi per le emozioni che mi ha fatto vivere nei suoi anni di carriera”.
Vino bianco o rosso?
“Bianco, bollicina preferibilmente”.
Cosa fa nel tempo libero?
“Pratico sport e vado in motocicletta. Guido una Ducati, nuoto e faccio running. Una volta ero anche un ottimo portiere”.
Un collega dal quale ruberebbe una qualità che le manca?
“Non saprei indicare un collega in particolare e non potrei mai sottrarre nulla a nessuno. Penso di essere troppo buono”.
Nel modo di vestire quotidiano, meglio elegante o casual?
“Io preferisco lo stile casual”.
Il piatto nel quale si sente imbattibile?
“Orecchiette alle cime di rapa”.
Un suo pregio e un difetto, in cucina e nella vita?
“Come ho detto sono troppo buono, non so se sia un pregio o in difetto. In cucina sono molto puntiglioso e attento ai dettagli”.
Se fosse un personaggio storico sarebbe?
“Probabilmente “Che” Guevara. Mi ha sempre appassionato”
Una qualità imprescindibile nel suo lavoro?
“La costanza”.
Se non avesse fatto questo lavoro cosa avrebbe fatto?
“Ho sempre fatto questo lavoro, ho iniziato a 12 anni. Probabilmente sarei stato un portiere. Ho giocato a calcio e calcetto”.
Cosa assolutamente non deve fare un cliente?
“Pensare che possa cambiare le regole di servizio”.
Cosa la fa più sorridere, cosa più arrabbiare?
“In cucina mi fa arrabbiare quando vedo eccessivo rilassamento all’interno del team. Al contrario, mi fa felice osservare i ragazzi nel proprio percorso di crescita, soprattutto quando vedo tutti remare nella stessa direzione”.