Chiese abbandonate. A Roma sono centinaia, trasformate in discoteche, abitazioni e uffici
Sono numerosi gli edifici appartenenti alla Chiesa che, una volta venduti a privati e sconsacrati, vengono adibiti ad altro, come banche, negozi, supermercati o uffici
Completamente in disuso, oppure trasformate in discoteche, in abitazioni, studi e uffici. A Roma sono centinaia le chiese sparite sotto l’incedere del tempo, crollate, sopredificate, destinate ad altro o dissolte per sempre.
Un amico fotografo anni fa aveva il suo atelier in una chiesetta sconsacrata. Si occupava di moda e fare dei ritratti con modelle in un luogo con reminiscenze sacre, dava alle sue foto un un valore aggiunto, un sacro e profano che non poteva passare inosservato. Anche lavorare in un luogo che era stato pensato per un’elevazione spirituale, che aveva stucchi e colonnati e un piccolo altare, rendeva bene l’idea di trovarsi in un ambiente speciale. Le nostre città, ma non succede solo nelle città, hanno una tale quantità di storia alle proprie spalle per cui viviamo immersi nell’arte, nelle architetture gotiche, neoclassiche o barocche, tanto da farne, quasi inconsapevolmente, dei luoghi di vita e di lavoro normali.
Da 3.000 anni Roma si vede distruggere e costruire continuamente
Nei millenni di storia di Roma molte delle costruzioni sono via via andate perdute per l’usura del tempo, terremoti, crolli, inondazioni. Molti edifici hanno perso la funzione originaria, sono stati abbandonati. Capita anche alle chiese. Roma ne ha avute a migliaia e solo alcune sono giunte fino a noi con questa funzione originaria, altre sono andate perdute. Le chiese scomparse di Roma, che sorgevano in passato nel centro urbano e fuori le mura, non sono più a tutt’oggi traccia della memoria storica cittadina.
Alcune di esse sono totalmente scomparse mentre altre, quelle sconsacrate non esistono più come luogo di culto ma hanno ancora l’edificio in parte o del tutto presente nell’urbanistica della città, con altre destinazioni. Sembrerebbe che Roma abbia 45 chiese classificate come perdute. Non sono sicuro del numero, che credo in difetto ma è un elenco che ho trovato, tra cui spiccano alcuni nomi come Santi Abdon e Sennen al Colosseo, Sant’Alberto Magno del Gonfalone, Sant’Alessandro, Sant’Angelo delle Fornaci, Sant’Aniano dei Ciabattini, Sant’Anna dei Calzettari, Sant’Anna dei Falegnami, Sant’Apollonia e così via.
Le chiese trasformate in discoteche sono un fenomeno mondiale
Sparite sotto l’incidere del tempo, crollate, sopraedificate, destinate ad altro. Che fine fanno le chiese abbandonate? Prendiamo alcuni esempi sparsi per il mondo. Nella famosa Sixth Avenue a Manhattan una chiesa sconsacrata diventa una discoteca, dal nome Limelight, poi chiusa perché era diventato un luogo di spaccio di droga. Non è un fatto sporadico. Le chiese sono di solito edifici architettonici rilevanti, hanno spazi ampi al loro interno. Si prestano a molti usi e in genere sorgono in zone centrali delle città.
Nel 2011 la chiesa di San Giuseppe ad Arnhem, città dei Paesi Bassi, è stata trasformata in Skate Hall dai nuovi proprietari, o più recentemente la chiesa sconsacrata intitolata anch’essa a San Giuseppe adiacente a Corso Sempione, a Milano, è stata trasformata in un disco pub chiamata Gattopardo Cafè e che sfrutta le peculiarità artistiche e storiche dell’edificio per promuoversi. Addirittura l’ex Basilica di San Paolo a Bristol, nel sud dell’Inghilterra, da luogo di culto luterano è stata trasformata in un pub avente per tema Frankenstein, il famoso quanto decisamente poco religioso romanzo gotico di Mary Shelley.
Su 200 mila edifici sacri in Italia, solo 800 sono quelli gestiti
Sono sempre più numerosi i casi di edifici appartenenti alla Chiesa che, una volta venduti a privati e sconsacrati, vengono adibiti ad altre destinazioni d’uso come banche, negozi, supermercati o uffici. Fa effetto perché erano edifici di culto per le comunità locali che dovevano elevare spiritualmente le persone che li frequentavano e sono diventati luoghi di commercio e di divertimento, per scopi diametralmente opposti. C’è chi vede in questo un segno dei tempi. Il frate domenicano Girolamo Savonarola (1452-1498) avrebbe avuto qualche anatema da distribuire. Questi edifici sono evidentemente un costo gravoso per chi li ha in carico e una volta persa la loro funzione sociale non possono che essere abbandonati o messi in vendita.
Secondo un censimento dell’Ufficio nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici e l’edilizia di Culto, in Italia ci sono oltre 200.000 edifici sacri, di cui 77.000 di proprietà delle parrocchie e gli altri appartenenti a Regioni, Comuni, Ordini religiosi, privati cittadini e Ministero dell’Interno, che ne detiene oltre 800 gestiti dal Fec, Fondo Edifici di Culto.
Si stima che le chiese e i monasteri abbandonati in Italia sarebbero un migliaio. Edifici storici, unici, ricchi di tesori d’arte, spiritualità e cultura che rischiano di scomparire.
Poi ci sono gli edifici dove si svolgono attività ecclesiastiche che appartengono a privati, comuni, regioni e congregazioni religiose che, spesso, si trovano nel difficile, se non impossibile, compito di gestirli quando già versano in completo disuso, senza progetti di riqualificazione territoriale. Ne segue che vengano spesso ceduti o svenduti a chi poi ha idee di riutilizzo destinate a produrre profitto e non il bene spirituale della comunità.
Il calo delle vocazioni e della fede alla base della forte diminuzione
In certe diocesi, il 60% dei luoghi di culto cattolici non esiste più come tale. Il calo delle vocazioni, la diminuzione della frequenza dei fedeli e delle offerte, gli elevati costi di manutenzione e di personale, la logica del profitto che condanna a morte tutto ciò che non rende, hanno imposto la chiusura o la vendita. Cancellando questi luoghi sia come edifici di culto che come monumenti.
Ogni edificio abbandonato desta sensazioni di tenerezza o tristezza. L’incuria, la malinconia che suscitano quegli spazi vuoti, pieni di ricordi, di cartacce, mobili sventrati, sporcizia. La luce che entra di taglio dalle vetrate in quel silenzio, tuttavia lascia intravedere una vita passata. Ti immagini i fedeli raccolti in preghiera, il sacerdote in piedi che impartisce la benedizione e non stiamo parlando di epoche recenti ma di secoli fa. Un fotografo francese tra il 2012 e il 2020 Francis Meslet, ha fotografato centinaia di luoghi di culto, collegi, seminari, oratori dimenticarti e caduti in rovina.
Il libro in cui ha raccolto la selezione delle sue foto si chiama Chiese Abbandonate, edito da Jonglez. È una galleria di immagini suggestive, un viaggio indietro nel tempo, dove la vita s’è fermata quando gli uomini che pregavano se ne sono andati. A me è capitato di entrare in chiesette di campagna, se non proprio abbandonate, sicuramente chiuse. Senza un parroco e senza più una comunità. Le chiavi per entrare le ha un custode o un prete della parrocchia del paese vicino. Per entrare, se ci sono opere d’arte, devi chiedere il permesso ai Carabinieri. Ma se qualcuno volesse trafugare un bassorilievo o un’immagine nessuno farebbe in tempo a fermarlo.
Fa tristezza pensare al nostro patrimonio d’arte, così diffuso, sparso, su un territorio tanto vasto e così non protetto, abbandonato esso stesso al suo destino. Di queste chiese si è occupato Tomaso Montanari nel suo Chiese chiuse, edito da Einaudi nel 2021: “oasi di senso, capaci di risvegliare ciò che di umano resiste in noi. Di farci tornare a camminare a passo d’uomo”.
Quante chiese abbandonate o distrutte si scoprono passeggiando
Perché vi facciate un’idea di cosa è possibile trovare nel cuore di Roma, faccio solo un piccolo esempio, in un chilometro appena di camminata. A Trastevere c’è il ristorante La Canonica, a vicolo del Piede. Un nome scelto non a caso. Se vi fermata prima di entrare, in alto scorgerete una struttura timpanata. Due putti che sorreggono delle tende aperte, un architrave con un’iscrizione “VEN. ARCHI. SS. SACRAMENTI IN S. MARIA TRASTYB. ANNO IUBILEI MDCLXXV” (Alla Venerabile Arciconfraternita del Ss. Sacramento in S. Maria in Trastevere nell’Anno del Giubileo 1675).
Un tempo questa era l’entrata della Chiesa di santa Maria della Clemenza. Venne restaurata nel settecento, sotto papa Clemente XI. Dopo il 1870, anno funesto per lo Stato Pontificio, venne forzatamente chiusa e poi destinata al culto negli anni seguenti. La Prima Guerra Mondiale però decretò l’abbandono di molte attività religiose, la chiesa venne sconsacrata e ora la ritroviamo aperta come luogo di culto si ma gastronomico.
Se attraversiamo Ponte Garibaldi in direzione Campo dei Fiori, ci inoltriamo per la famosa via Monserrato. Questa strada prende il nome dalla chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli. Presso piazza de’ Ricci troveremo una struttura di mattoni rossi, con un portale sormontato da una lunetta e due finestre con le grate ai lati. Questa è la chiesa di San Giovanni in Ayno, che ha trovato una seconda vita come sede romana della Ayno Videoconferenze.
Non distanti da queste chiese ce ne sono altre due, nascoste nei vicoli di Roma, la chiesa di San Trifone, nel vicolo che porta lo stesso nome e attraversa via dei Coronari e quella di San Simeone il Profeta, in piazza Lancillotti. La seconda venne abbandonata nella prima metà del novecento, in seguito al crollo del tetto e destinata a uso abitativo. La prima venne chiusa nel 1694 e poi demolita verso il 1930 per costruire delle case. In quell’epoca venne trafugata l’edicola e riutilizzato il portale come portone d’ingresso del palazzetto. Così almeno scrive Cristina Cumbo sul sito Altervista il 12 febbraio 2021.
Quando i fedeli le abbandonano, le chiese si aprono ai ladri
Una chiesa abbandonata è esposta al saccheggio e alla rovina. Si ruba di tutto, figuriamoci nelle chiese abbandonate. Anche oggetti di valore più simbolico che altro, come le statue in gesso, paramenti, stucchi, marmi, candelabri, tele rimaste incustodite che possono interessare collezionisti o robivecchi. Magari le puoi trovare a Porta Portese la domenica mattina. È come un corpo che deperisce, attaccato dai vermi. Gli oggetti prendono strade diverse, e se ne vanno per il mondo. Magari ad abbellire salotti e studi come soprammobili, oppure banchetti lussuosi e cene d’affari, quando non proprio night club.
La sola maniera di preservare quello che questi edifici contengono sarebbe quella di proteggerli e di documentare i materiali che vi si trovano. Un archivio delle cose reperibili a tutela della storia stessa di questi ambienti.
Potrebbe essere interessante valorizzare l’attività di chi cerca nelle città i luoghi abbandonati per fotografarne gli interni e documentarne lo stato. Sono gli Urbex, ovvero esploratori di luoghi urbani: edifici, fabbriche, chiese, case, ville, in generale costruzioni fatte dall’uomo e poi abbandonate. È una pratica avventurosa di esplorazione delle zone abbandonate delle città, come se fossero una giungla.
L’Urbex si introduce, quasi sempre illegalmente, va detto, ma non per rubare, bensì per documentare cosa c’è nelle aree interdette e in via di disfacimento. In tal senso rischiano anche la vita, perché arrampicarsi su detriti e scale secolari non dà di per sé nessuna garanzia di sicurezza. Grazie a questo fenomeno fotografico però molti luoghi abbandonati possono tornare all’attenzione delle autorità e delle comunità per destinarli ad usi più proficui.
Recentemente è stata redatta anche una mappa dei luoghi abbandonati regione per regione e per categoria. La si può trovare sul sito di Giuseppe Vitagliano, un Urbex per passione.