Ciao ciao smart working, il caro energia fa tornare la voglia del lavoro in presenza
Il 20% dei lavoratori vuole abbandonare la modalità di lavoro agile. A incidere anche l’assenza di rimborsi e buoni pasto
Caro energia e smart working: binomio non più indissolubile. È quanto emerge da una recente indagine, secondo la quale il numero dei lavoratori disposti a effettuare prestazioni direttamente da casa, è in netta diminuzione.
Tutto per colpa dei recenti aumenti del prezzo di luce e gas, ma non solo. È stato calcolato che su 100 dipendenti solo 20 a oggi sarebbero disposti a rimanere entro le proprie mura domestiche, per sostenere la giornata lavorativa.
Un dispendio economicamente troppo gravoso, calcolando ciò che si andrebbe a spendere per un abbonamento alla rete internet, ma soprattutto relativamente a corrente elettrica e, in vista dei mesi invernali, di riscaldamento.
L’allarme arriva sia dalla Pubblica Amministrazione, che dalle aziende private. In quasi tutti i contratti, lo ricordiamo, non è previsto un rimborso economico legato a rincari energetici.
Favorevoli solo venti dipendenti su cento
Conseguenze che coinvolgono i 18 milioni di dipendenti presenti in Italia. Solo 4 milioni, su una cifra tra i 6 e gli 8 milioni che potrebbero lavorare in modalità agile, decidono di usufruire di questa modalità. Sono le stime individuate dal Politecnico di Milano.
Lo smart working dunque, a giudicare dall’esperienza e dal contributo dei lavoratori, solo apparentemente o quantomeno non al momento, offre una possibilità legata all’alternanza dei ritmi vita privata e lavoro. Solo poco tempo fa, i dati facevano riscontrare un 80% di pareri favorevoli, in virtù di un migliore equilibrio raggiunto. Inoltre, il 90% degli intervistati, mostrava entusiasmo in virtù di un azzeramento in ambito di costi e tempi di spostamento.
Lo smart working aumenta la produttività
Senza dimenticare un buon riscontro, il 66%, da parte dei lavoratori che proprio grazie allo smart working, ha visto aumentare i dati in tema di produttività.
Intanto i sindacati lavorano per prevedere rimborsi per i rincari degli ultimi mesi. Al momento non c’è una impossibilità di prevedere indennità per chi lavora a distanza, ma almeno adesso le risorse appaiono esigue. Pertanto è un‘ipotesi di difficile concretizzazione.
Tra l’altro gli smart workers fanno notare che non sono previsti rimborsi per loro nella maggior parte dei casi. Compensazioni che non sono previste nemmeno per coloro che soffrono di patologie particolari.
Tra l’altro, nel settore pubblico bisogna tenere in considerazione altresì la questione dei buoni pasto. E’ una vicenda non del tutto affrontata e risolta definitivamente. Per fare un esempio, i dipendenti del Viminale o quelli del ministero dell’Istruzione non godono di maturazione di buoni pasto nei giorni in cui è previsto lo smart working.
Ricordiamo che i risparmi provenienti dal lavoro agile, calcolati dal Codacons per le tasche dei lavoratori, si attestavano tra i 2.845 euro e i 5.115 euro all’anno.
A usufruire dello smart working in Italia sono per lo più aziende del nord est, il 70% di quelle totali. A seguire quelle del centro per il 57%, poi quelle della zona del nord ovest, 53% e del Sud, il 30%.