Clima, calo record delle emissioni, ma si fa allarmismo sull’Antartide
Secondo una simulazione lo scioglimento dei ghiacci sarebbe inesorabile, ma l’Agenzia Europea per l’Ambiente rileva il crollo dei gas serra. L’ennesimo colpo agli affermazionisti
Proprio come in politica, anche quando si parla di clima tocca sempre fare i conti con uno iato tra ideologia e realtà. Il tempo, però, è galantuomo, e presto o tardi finisce sempre per portare alla luce i fatti. Che comunque devono sempre fare i conti col sistema mediatico-culturale dominante che cerca di condannare all’oblio quelle verità che ne smentiscono le tesi preconcette. Cosa che, per inciso, accade sempre più spesso.
L’allarmismo sull’Antartide
Secondo un recente studio appena pubblicato sulla rivista Nature, lo scioglimento dei ghiacci antartici sarebbe inesorabile e addirittura irreversibile. Questo, almeno, è quanto emerge dalle simulazioni dei ricercatori, che per buona misura sono tornati a lanciare l’allarme sull’innalzamento del livello dei mari. O, per meglio dire, l’allarmismo.
Il paper, infatti, indica che un aumento di 2°C della temperatura mondiale comporterebbe una crescita di 2 metri e mezzo del livello globale dei mari. Se le temperature salissero di 4°C, il livello dei mari crescerebbe di 6 metri e mezzo, che diventerebbero quasi 12 con un incremento di 6°C.
Ne deriverebbe uno scenario apocalittico in cui sarebbero a rischio città come New York, Londra, Tokyo e Shanghai. Salvo che non si torni ai livelli pre-industriali, ipotesi che Ricarda Winkelmann, prima autrice dell’articolo, considera «altamente improbabile». Senza contare che le proiezioni «mostrano che una volta sciolto, il ghiaccio non ritornerebbe al suo stato iniziale, anche se le temperature dovessero abbassarsi di nuovo».
Clima, i modelli e le congetture indimostrate
Tuttavia – e questo è il primo punto – la previsione si basa su un modello. Uno, cioè, di quei programmi computerizzati che non sono mai riusciti a riprodurre la variabilità naturale osservata del clima. Come puntualizzavano, poco più di un anno fa, gli scienziati italiani autori dell’importante documento “Clima, una petizione controcorrente”.
Ma immaginiamo pure che, una volta tanto, la proiezione sia affidabile. Ebbene, potremmo ancora dormire sonni tranquilli, perché il riscaldamento della superficie terrestre non si avvicina neppure lontanamente alla “soglia critica” paventata dagli allarmisti. Dal 1850, infatti, la temperatura media globale è aumentata di circa 1°C, e comunque l’idea che tale fenomeno abbia un’origine antropica è e resta una congettura indimostrata.
800.000 anni fa, per dire, Homo sapiens era ben di là da venire. Eppure, proprio i ghiacci antartici hanno evidenziato che la concentrazione di CO2 era molto più alta rispetto al presente.
Risale invece a circa 8.000 anni fa il picco termico di ogni tempo, l’optimum climatico dell’Olocene. Periodo in cui la temperatura media globale era di 1,6 ± 0,8°C maggiore di quella attuale, con punte di 9°C a livello locale. E anche in epoca romana, come ha illustrato il Premio Nobel per la Fisica e senatore a vita Carlo Rubbia, le temperature erano più alte di adesso nonostante la minor concentrazione di CO2.
Oltretutto, poi, il tempismo degli studiosi coordinati dalla Winkelmann è stato, come spesso accade, eccezionale. Perché, nel silenzio pressoché generale degli organi di informazione mainstream, è stato appena diffuso un dato che sbugiarda per l’ennesima volta le fake news eco-catastrofiste.
Clima, il calo record delle emissioni di CO2
Nel 2019 le emissioni di gas serra nell’Europa a 27 sono diminuite del 4% rispetto al 2018, e del 24% sul 1990 (26% includendo il Regno Unito). Lo ha rivelato una nota dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, sottolineando che «risulterebbe già abbondantemente superato l’obiettivo Ue di riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020».
Secondo l’ente, questa tendenza riflette il maggior utilizzo delle energie rinnovabili e l’abbandono del carbone nel Vecchio Continente. Fenomeni verificatisi, peraltro, in un contesto di crescita economica, non di crisi e di riduzione della produzione e dei consumi. Fatto quantomeno curioso, se si considera che la sospensione planetaria dell’inquinamento dovuta al lockdown non ha avuto effetti né a breve né a medio termine.
La realtà e i teoremi
In effetti, la spiegazione più plausibile è un’altra, solo che gli affermazionisti si ostinano a negarla perché farebbe loro saltare il giocattolo, con annesso business miliardario.
Lasciamo però la parola a un luminare come il professor Antonino Zichichi e a una sua magistrale riflessione risalente al 2017. «L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del 10%. Al 90%, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future». Vale a dire le variazioni dell’attività solare, i cosiddetti cicli di Milanković (i cambiamenti periodici dell’eccentricità dell’orbita della Terra, dell’inclinazione e della precessione dell’asse terrestre) e, in misura minore, il vulcanismo.
Questi i fatti, che però, paradossalmente, si devono scontrare in continuazione con le eco-balle – incluse quelle propinate da qualche improvvisata cassandra scandinava. D’altra parte, come commentava il grande fisico e matematico Freeman Dyson, «l’ambientalismo ha sostituito il socialismo come la principale religione laica». E, nel più puro stile marxista – e prima ancora hegeliano -, «se la realtà non coincide con la teoria, tanto peggio per la realtà».