Codice Ratzinger, l’ennesima scoperta in Vaticano (e un nostro contributo)
Il giornalista Cionci individua il modus communicandi di Benedetto XVI, a ulteriore conferma della sede impedita: e RomaIT trova un altro indizio, di nuovo nella Declaratio
L’ultimo colpo di scena sull’affaire legato alle (presunte) dimissioni di Benedetto XVI si chiama “Codice Ratzinger”. Il fine e arguto modus communicandi adottato da otto anni dal mite teologo bavarese, su cui sta pazientemente indagando il collega Andrea Cionci. E che corrobora ulteriormente l’idea che il Pontefice tedesco non avesse affatto abdicato, ma solo dichiarato la sede impedita.
La scoperta del Codice Ratzinger
Il caso giornalistico del millennio si arricchisce di un nuovo capitolo. Ci riferiamo, ancora una volta, alla querelle sulla “rinuncia” di Papa Benedetto XVI, la cui celeberrima Declaratio era verosimilmente un’attestazione di (Santa) Sede impedita.
Non foss’altro perché, come hanno dimostrato autorevoli giuristi – e con le argomentazioni di canonisti “bergogliani” – come dichiarazione di dimissioni sarebbe giuridicamente invalida. Laddove tutte le (apparenti) contraddizioni si sanano considerando che il Vescovo di Roma era impossibilitato a esercitare l’ufficio pastorale. Condizione prevista dal Canone 412 «a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità, non essendo [egli] in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani». Ma se si è impossibilitati a comunicare, quale modo migliore per aggirare l’ostacolo che usare un linguaggio cifrato?
I messaggi cifrati di Benedetto XVI
È questa la ratio alla base di quello che il cronista Andrea Cionci ha definito “Codice Ratzinger”. Un escamotage fatto di giochi di parole, enigmi e autentici rompicapi, a volte venati anche da un filo d’ironia. Papa Benedetto potrebbe essersi ispirato all’umorista suo connazionale Karl Valentin, per il quale, già da giovane studente di teologia, nutriva una forte ammirazione. Tanto da aver raccontato a Peter Seewald, nel libro-intervista Ultime conversazioni, di essere andato in pellegrinaggio sulla sua tomba nel 1948.
Il bravo Cionci ha individuato vari esempi di messaggi criptici riconducibili al Codice Ratzinger. Per esempio in due lettere indirizzate al Cardinale Walter Brandmüller, in cui tra l’altro Sua Santità riconosceva che l’istituto di Papa emerito semplicemente non esiste. Dettaglio di cui in Vaticano si sono accorti dopo soli otto anni, tant’è che adesso si sta cercando di normare lo status.
Altri indizi si trovano poi in determinate risposte del Santo Padre ad alcuni interrogativi postigli da Seewald. Incluso quello, da noi individuato, sulla profezia di Malachia, in cui Joseph Ratzinger ammetteva la possibilità di essere l’ultimo Papa «come l’abbiamo conosciuto finora».
Il nostro contributo alla decodifica del Codice Ratzinger
Sulla base di questa lunga premessa, RomaIT offre un nuovo contributo al dibattito, che nasce nuovamente dalla Declaratio del febbraio 2013. Per la precisione, dal passaggio reso in italiano come segue:
«Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma […] in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».
La traduzione sembrerebbe indicare una frase oggettiva (subordinata di 1° grado) che regge due consecutive (subordinate di 2° grado, tra loro coordinate). Ora, però, consideriamo l’originale latino.
«Declaro me ministerio Episcopi Romae […] renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse».
Da qui si evince che il periodo è in realtà formato da un’oggettiva (subordinata di 1° grado) che regge una consecutiva (subordinata di 2° grado) seguita da una seconda oggettiva (subordinata di 1° grado, coordinata alla precedente). Ma una proposizione di grado inferiore può essere elisa senza alterare il significato globale: rebus sic stantibus, salta all’occhio che Papa Ratzinger non ha indicato la data del nuovo Conclave.
Rileggiamo infatti: «Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, […] e (dichiaro che) dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».
È una sottigliezza, naturalmente – e non è nemmeno l’unica. Perciò è nel più puro stile del Codice Ratzinger, che chi ha occhi per intendere può intendere piuttosto facilmente. O, per dirla, altrimenti, papale papale.