Con Ilary e Totti nell’inferno mediatico. Tra loro il rispetto è reciproco, manca solo quello dei media
Tra Totti e Ilary Blasi il rispetto è reciproco, lo hanno già ampiamente dimostrato, manca loro soltanto quello dei media
Con impressionante dovizia di particolari, questa separazione personale tra il calciatore più amato (Francesco Totti) e la showgirl televisiva più nota (Ilary Blasi), ha scatenato reazioni popolari senza precedenti.
Le reazioni sui social
Soprattutto sui social, infiammati dall’appassionante storia d’amore ormai finita nel nulla, i leoni della tastiera “sentenziano” con commenti di ogni possibile considerazione. Soprattutto per dire che “a me importa nulla”, così di fatto dimostrando esattamente il contrario.
Questa incredibile forma di partecipazione, condìta anche da ironici post ove si minimizzano la guerra ucraina e la possibile caduta del governo, in onore della notizia come fatto in sé, esprime in qualche modo un disagio sociale abbastanza preoccupante. La caduta sentimentale di una coppia dorata apre ferite personali di coppia ancora sanguinanti e offre consolazione a quelli che parlano di “ritorno alla normalità”.
Separazione? E’ normale…
Ovvero, siccome il fatto di separarsi sarebbe diventato normale, non avrebbe più senso sposarsi, cioè dovremmo tutti riflettere sul fatto che è meglio restare liberi fin dall’inizio e magari figliare senza una regolamentazione, ove ognun per sé fa come gli pare.
Ma non funziona affatto così, perché dove ci sono figli minorenni e la coppia decide che non è più il caso di andare avanti, il trattamento giuridico è lo stesso, l’unica differenza è che le mogli non hanno diritto al mantenimento per sé stesse. Va detto infatti che l’assegno di mantenimento per il figli lo percepiscono ugualmente, oltre al possibile diritto di abitare nella casa familiare con loro che continuano a vivere in essa con la mamma e anche se l’immobile è di proprietà del papà, dei nonni o di amici.
A cosa serve allora il matrimonio?
Semplice: due persone innamorate trovano assolutamente normale sposarsi e consolidare fin da subito il progetto comune che offre loro diritti e garanzie reciproche con chiarezza e trasparenza.
Senza matrimonio non esiste parentela, ovvero non esisteranno cognati, né suoceri, né affini: queste persone resteranno giuridicamente estranee alla coppia. Perché la parentela scatterà in automatico soltanto per i figli, allo scopo di parificarli giuridicamente ai soliti cuginetti i cui genitori sono invece sposati (solo per indicare il motivo più immediato ma la disciplina è più complessa anche per gli aspetti ereditari).
Fatto è che se ad un tempo il matrimonio era indissolubile, come lo è tuttora per l’ordinamento canonico, nel diritto civile esso si può sciogliere quando il progetto di vita comune si è compiuto, è stato esaurito o è semplicemente cambiato al punto che non si è più felici insieme.
Ma resta la traccia legale di questo odiato “negozio” (non è un contratto ma un misto di affetti e di affari), rispetto alla coppia di fatto. La quale, in caso di scioglimento, affronta gli stessi problemi della coppia sposata quando ci sono figli minorenni senza avere nient’altro su cui fare bilancio se non sul piano strettamente economico nel caso in cui si abbiano fatti acquisti in comproprietà, senza nessun riferimento alla sfera affettiva.
La separazione di Ilary e Totti si chiama negoziazione assistita. Come funziona
Associati e non sposati
Tradotto meglio, si è “associati” e basta, nel senso che l’affetto e l’amore (che sono le ragioni basilari che inducono a stare insieme) non hanno nessuna rilevanza giuridica.
E la società risponde di conseguenza perché, se ci si fa caso, una coppia di fatto senza figli che si separa dopo decenni di convivenza non suscita quasi mai la giusta compassione. Come invece accade alla coppia sposata, che spesso sceglie di non fare figli proprio per mantenere integro l’amore reciproco dell’uno verso l’altro. E il commento sociale più frequente in caso di separazione (prima) e di divorzio (dopo sei mesi in caso di accordo) è sempre lo stesso “…neanche un figlio resta a consolare il vedovo o la vedova, meno male che ci sono i parenti”, sottolineando la sofferenza per la fine di un amore e non di un affare.
Ho fatto l’esempio della vedovanza perché il dissenso del mondo cattolico al divorzio è certamente dato dal fatto che, siccome il matrimonio canonico si scioglie (salvo annullamento) soltanto per causa di morte di uno dei due coniugi, dal 1974 in Italia non c’è bisogno di morire per lasciarsi.
Anche se si resta nel peccato
Ma il vero peccato, in questo caso, è che la sofferenza interpersonale di una coppia celebre per la fine del loro amore durato vent’anni e coronato da un matrimonio (la durata media è di circa tredici anni) abita sui giornali, sui social, nei mezzi televisivi senza alcun rispetto della riservatezza, con indiscrezioni sulla loro condizione economica e con tanti errori di carattere giuridico sulle scelte del rito e sui criteri di distribuzione della loro ricchezza familiare.
Quindi Ilary, al pari di tutte le mogli separate, resterà a vivere con suoi tre figli minorenni nella casa coniugale. E percepirà, ma soltanto per loro, essendo economicamente autosufficiente, un contributo al mantenimento da parte del loro padre per continuare a vivere secondo i parametri di sempre, potendolo frequentare liberamente nel rispetto del principio dell’affidamento condiviso.
Tra di loro, il rispetto è reciproco, lo hanno già ampiamente dimostrato, manca soltanto quello dei media.
Sipario, per favore.