Consultazioni ter, Draghi ci prova ma il problema resta questo Parlamento
Il Premier incaricato incassa il sostegno delle formazioni minori. Restano però i nodi M5S e centrodestra e, a monte, la composizione delle Camere che non assicura la governabilità
Le consultazioni ter, quelle del Premier incaricato Mario Draghi dopo i precedenti del Capo dello Stato Sergio Mattarella e del Presidente della Camera Roberto Fico, sono entrate nel vivo. Le prime audizioni sono state quelle dei “piccoli”, il cui peso specifico, però, è spesso inversamente proporzionale alle dimensioni. Come ha ricordato a tutti – soprattutto al Presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte – il leader italovivo Matteo Renzi. Evidenziando ulteriormente, casomai ce ne fosse stato bisogno, che il vero difetto di tutta l’attuale legislatura sta nel manico.
Fibrillazioni tra i partiti
Un primo risultato il gestante Governo Draghi lo ha già ottenuto: ha completamente sparigliato le carte della politica. Al punto che le varie coalizioni, e perfino i singoli partiti sono attraversati da smottamenti che difficilmente potranno evitare di lasciare il segno.
A partire dal M5S, che ha già iniziato a smussare gli spigoli originariamente evocati dal reggente Vito Crimi. Il quale, subito dopo la designazione quirinalizia dell’ex Governatore della Bce, aveva affermato che il MoVimento «non voterà per la nascita di un Governo tecnico presieduto da Mario Draghi».
Ma la situazione potrebbe cambiare se l’economista romano varasse un esecutivo politico, o anche misto (tecnico-politico) come quello guidato nel 1993 da Carlo Azeglio Ciampi. Lo dimostrano la richiesta di apertura del sindaco di Roma Virginia Raggi, e l’appello lanciato dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. «In questa fragile cornice, il MoVimento 5 Stelle ha, a mio avviso, il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione» ha scritto Giggino.
Posizione che si scontra però con quelle di Nicola Morra, presidente della Commissione antimafia, e dell’(ex) Guardasigilli Alfonso Bonafede. Nonché con la fronda del battitore libero Alessandro Di Battista, secondo cui qualsiasi sostegno a Draghi «diventerebbe un NO Conte Presidente del Consiglio e Sì a Renzi».
D’altronde, pare che anche il Garante Beppe Grillo sia fermo sulla linea della lealtà a Giuseppi. Ma fino a un paio di giorni fa lo era anche il Pd, che ora invece intende «contribuire al successo» del tentativo di SuperMario. Di qui al Conte-chi? il passo può essere breve – e avrebbe anche una vaga reminiscenza da Rottamatore.
Al via le consultazioni ter
Se Atene piange, Sparta non ride. Il centrodestra ha infatti ufficializzato che si presenterà diviso alle consultazioni ter, perché «è meglio che ognuno dica liberamente quello che ha in testa». Così il segretario leghista Matteo Salvini, aggiungendo che «Draghi dovrà scegliere tra le richieste di Grillo e le nostre che sono il contrario. Meno tasse o più tasse. Noi siamo liberi. Meno tasse e meno burocrazia». Con una postilla: «Se qualcuno a sinistra ha in mente la riedizione del Governo Conte, cambiando Conte con Draghi, non ci interessa».
Condizioni che rimarcano il vero problema che, come abbiamo illustrato, dovrà affrontare l’ex numero uno della Banca Centrale Europea: l’assenza di una maggioranza coesa in Parlamento.
È facile infatti parlare di un ampio supporto al Governo Draghi, ma i numeri che dovrebbero garantire la governabilità vanno trovati in Aula. Al momento non ci sono e, viste le succitate fibrillazioni, non è scontato che si trovino.
Per ora, hanno assicurato la fiducia all’eventuale esecutivo le formazioni minori che hanno aperto le consultazioni ter, quali Europeisti, Cambiamo!, Azione e Noi con l’Italia. Disponibilità è arrivata poi da Partito Democratico, Italia Viva e, verosimilmente, Forza Italia. Se si aggiungessero LeU e i grillini (e nell’improbabile ipotesi che non vi siano defezioni), ci sarebbe da ridere – ma solo per non piangere. Come infatti ha insegnato l’ultimo tratto del Conte-bis, alleanze eterogenee sono destinate a implodere.
Per questo, come abbiamo già argomentato, l’unica soluzione definitiva sarebbe una nuova tornata elettorale che garantirebbe, secondo i sondaggi, una solida maggioranza parlamentare.
L’inquilino del Colle ha spiegato di vedere dei rischi in un prolungato periodo in cui il Governo non sarebbe nel pieno delle sue funzioni. Ma un esecutivo paralizzato da veti e litigi non sarebbe forse altrettanto nefasto?