Cop26, malgrado l’allarmismo, sul clima possiamo dormire sonni tranquilli
A dispetto dei catastrofisti di Glasgow, l’Apocalisse può attendere: però evocarla serve a giustificare le misure economiche che ci porteranno (quelle sì) sull’orlo del baratro
Com’era ampiamente prevedibile, il vertice Cop26 di scena a Glasgow si sta rivelando l’ennesima passerella degli eco-catastrofisti. I quali hanno rilanciato l’usato allarmismo vuoto e sterile perché già smentito dai (veri) dati. Ma che serve a fornire una giustificazione pseudo-umanitaria per delle misure economiche che rischiano di portarci – quelle sì – sull’orlo del baratro.
Il vertice Cop26
C’è una sottile linea verde che unisce l’Italia alla Scozia, con particolare riferimento ai due grandi appuntamenti internazionali del periodo. Il G20 di Roma, che il Premier Mario Draghi ha inspiegabilmente definito «un successo» malgrado l’ennesimo accordo solo sui princìpi. E la ventiseiesima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, per gli amici Cop26, che è già avviata sulla stessa strada.
Una strada che riecheggia dei soliti slogan triti e ritriti tipo “Non c’è più tempo”, che già da tempo hanno fatto il loro tempo. Ma di cui i Capi di Stato e di Governo insistono a farsi desolanti e imbarazzanti megafoni.
«Siamo sulla buona strada per la catastrofe climatica» sbraitava ad esempio pochi giorni fa il portoghese António Guterres, segretario generale dell’Onu. Brandendo l’Emissions Gap Report 2021 dell’Unep (United Nations Environment Programme) che paventava un aumento della temperatura globale di 2,7°C rispetto all’era pre-industriale. Quando dal 1850 a oggi l’incremento è stato all’incirca di 0,85°C. E non è l’unico dato trascurato o utilizzato in modo, eufemisticamente, inesatto.
Il solito eco-catastrofismo
Per esempio, ci sono le analisi paleoclimatologiche che rivelano che la Terra ha vissuto periodi molto più caldi dell’attuale. Durante l’Optimum climatico dell’Olocene, circa 8.000 anni fa,la temperatura media era 2,5°C più alta di oggi. E anche in epoca romana e medievale si attraversarono fasi che oggi verrebbero bollate come “febbre del pianeta”.
Si pensi inoltre all’appello per un’azione d’emergenza contro il climate change da poco lanciato sul British Medical Journal dai direttori di alcune importanti riviste mediche. Che hanno affermato che, a livello globale, negli ultimi vent’anni è morto il 54% di anziani in più a causa del caldo. Dimenticando però di precisare che il numero di anziani è cresciuto praticamente di pari passo, e che dunque se c’è qualcuno, anzi qualcosa da biasimare è la demografia. Così come, per il riscaldamento della Terra, andrebbero biasimati il sole, i cambiamenti dell’orbita e dell’asse terrestre noti come cicli di Milanković, e i vulcani.
E poi ci sono le eco-balle storiche, che due docenti della Carnegie Mellon University hanno raccolto in un recente studio pubblicato sull’International Journal of Global Warming. Una ricerca che ha registrato 79 previsioni di Armageddon climatica a partire dal 1970, di cui 48 già scadute – ovviamente senza realizzarsi. E, come hanno fatto impietosamente notare gli autori, «molte di queste erano annunciate come certe riguardo alla data».
Pare dunque che possiamo dormire sonni tranquilli: l’Apocalisse, dopotutto, può ancora attendere.
A chi giova l’allarmismo stile Cop26?
Evocare la fine del mondo, però, fornisce ai leader mondiali il pretesto per adottare provvedimenti semplicemente folli. Tipo quelli che in Europa fanno impennare da mesi i prezzi dell’energia, del carburante e, conseguentemente, delle bollette e dei beni di prima necessità.
Non che altrove stiano messi meglio. Gli Usa, per dire, hanno annunciato di voler ridurre del 50% le emissioni di gas serra entro il 2030. Che, come ha calcolato lo scienziato americano Roger Pielke Jr., significherebbe dover chiudere 11 centrali elettriche al mese. Salvo che, naturalmente, non si individui una (attualmente inesistente) tecnologia per riconvertirle in impianti a zero emissioni.
Il tutto mentre la Cina si è sì impegnata a raggiungere le stesse zero emissioni nel 2060, ma cominciando a ridurle dal 2026. Mentre al momento, per fronteggiare la penuria di elettricità, ha aumentato la produzione quotidiana di carbone di oltre un milione di tonnellate.
Senza contare che sei delle sette compagnie al mondo che producono pannelli fotovoltaici vengono da Pechino, come il silicone usato nel 95% dei moduli solari. D’altronde, affermazionista per affermazionista, i veri Draghi non potevano che abitare il Paese del Dragone.