Coronavirus, Fiumicino. Nessun controllo su passeggeri in scalo, Ministero: è ok
L’inchiesta di TPI a cui il Ministero della Salute ha risposto con una circolare dedicata al personale aeroportuale
Ad oggi, 19 febbraio 2020, i numeri dei contagiati da coronavirus (che in realtà è solo il niome di un grosso gruppo generico di microrganismi) sono 73.337, i decessi dovuti alla patologia che ne consegue (Covid-19) sono 1875, a tre mesi dall’inizio ufficialmente conosciuto dell’epidemia. Mentre la virologa Ilaria Capua avverte le aziende di preparare i loro addetti a lavorare da casa con il telelavoro e le misure per arginare la diffusiione sono rigide sia per quanto riguarda i rimpatri sia per quanto riguarda le profilassi di chi è stato in Cina, sembra esserci una falla inspiegabile: i controlli dei passeggeri in scalo all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino.
Il Ministero della Salute ha introdotto l’utilizzo del termoscanner in tutti gli aeroporti per misurare la temperatura di ogni passeggero, e, in caso di febbre, far sì che la persona venga sottoposta al test del virus Sars-ncov-2. Insomma un termometro, sensibilissimo e di ultima generazione, che tra l’altro, scopre solo se il virus ha già effetti conclamati nel soggetto. Il capo della protezione civile Angelo Borrelli ha spiegato che negli aeroporti privi di questi dispositivi saranno i volontari medici e della croce rossa a fare i dovuti controlli.
E qui arriva il problema: a non essere controllati infatti non sono coloro che sono destinati ad uscire dall’aeroporto, che certamente non vengono fatti ucire senza controllo, ma i passseggerei detti in transito. Come spiega TPI: se qualcuno ad esempio arriva a Roma da una città europea, ma fa solo scalo qui e poi riprende altri voli per altre destinazioni non viene controllato e indirizzato eventualmente ai medici per i protocolli sanitari previsti. Nessuna verifica della temperatura dunque per chi fa solo scalo nell’aeroporto della Capitale.
C’è di più, si può arrivare in realtà anche dalla Cina stessa: basta fare scalo a Londra o a Istanbul dove gli aeroporti non hano chiuso il trafico aereo con il paese di Xi Jinping.
In quelle ore i passeggeri in transito utilizzano i bagni, consumano pasti, sonnecchiano sulle poltroncine di attesa, possono starnutire, parlare con altri viaggiatori, con il personale dell’aeroporto.
Il Ministero della Salute ha risposto all’inchiesta TPI, sulla quale precedentemente ha lavorato anche Il Fatto Quotidiano e la risposta è stata: ““In una circolare dedicata agli esercenti con il pubblico – operatori sanitari e altri che hanno contatto con il pubblico – viene identificato in modo molto preciso quello che è un contatto a rischio. Deve essere un contatto stretto e continuativo. Se io entro in contatto con un passeggero potenzialmente infetto perché gli servo un caffè, non è considerato un contatto stretto e continuativo, idem se sono al duty free. Lo è se sto nello stesso posto diverse ore, come avviene per i contatti di lavoro, sui mezzi di trasporto e nelle situazioni di famiglia”.
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