Coronavirus, le nuove norme per tutti gli italiani, chiamati alla responsabilità
Si valuta la chiusura delle scuole in tutta Italia
Nei siti istituzionali di Regioni e Governo, trasmesse poi da Tv e diffuse dai social, sono state finalmente date regole univoche per tutti gli italiani che regoleranno i rapporti sociali e le attività fuori dalle nostre case in queste settimane o mesi di epidemia da Sars-coV-2.
Manifestazioni sportive a porte chiuse per 30 giorni, per gli anziani e soggetti immunodepressi ridurre il più possibile le uscite, mantenere la distanza di sicurezza di un metro almeno, evitare saluti “fisici” con baci e abbracci. E per quanto riguarda i cinema e teatri, i posti delle sedute devono essere alternati tra i diversi nuclei famigliari, coppie o gruppi che si recano a vedere spettacoli.
Si valuta anche l’ipotesi di chiudere le scuole in tutta Italia.
Queste norme non hanno come unico scopo quello di contenere i decessi, che pare restino una percentuale tra 2 e 3%, quanto evitare il collasso del sistema sanitario e ridurre la possibilità che migliaia di persone abbiano bisogno di dispositivi, personale esperto e posti letto in terapia intensiva contemporaneamente e che questi posti, professionisti e strumentazioni, non vi siano.
Queste regole reprimono la nostra spontaneità, castrano la nostra creatività, piegano le abitudini affettuose a modi asettici, ma chi può dirsi così competente ed esperto di virus ed epidemie da ritenersi al di sopra di queste norme? Nessuno lo è, perché in questo momento è la prudenza stessa a porsi sopra ognuno di noi.
Al di là di come la si pensi politicamente, di quali tesi eziologiche più o meno “complottiste” si sostengano, a prescindere da età, stato di salute e rischio personale, nessuno dovrebbe assumersi la responsabilità etica e civica di non rispettare queste regole. C’è un richiamo più alto di ciò che ciascuno pensa o desidera nella propria personale dimensione di libertà, che in questa fase è come sospesa da un rischio più alto e da forme di prudenza che ci sovrastano.
Come sempre accade in periodi critici della storia umana o del percorso individuale di ciascuno la filosofia viene in soccorso del panico e dell’opinione, che sì ci fa sentire indipendenti, ma ci fa anche sbandare. Non c’è da temere per la propria vivacità intellettuale e personale: certamente ciascuno di noi riserva uno spazio personale nel quale ritiene queste misure insufficienti o esagerate, in cui ipotizza, legittimamente, che il virus sia stato creato in un laboratorio in Cina o in Usa. Non si tratta di sospendere il proprio pensiero ma solo di saperlo coniugare con le esigenze estreme di questo periodo storico.
In ogni caso l’opinione e la visione soggettiva sarà custodita, intatta, all’interno di noi stessi mentre nella nostra realtà di relazioni ci attendiamo a ciò che ci viene raccomandato e dal buon senso. Nella conclusione alla “Critica della ragion pratica” Immanuel Kant scrive: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”. In queste celebri e magnifiche parole il filosofo non indagava su quanti precetti morali particolari vi fossero e quali fossero validi, ma quale atteggiamento doveva guidare in modo universale un’azione davvero etica, un comportamento autenticamente morale.