Cortei nel centro storico, il dibattito è aperto
Inizia Polito dalle colonne del Corriere della Sera. Risponde il mondo della politica
È stato Antonio Polito, in un editoriale sul Corriere della Sera, ad accendere la miccia. “Lo Stato non può sindacare il perché di una manifestazione ma il come" – si legge in riferimento al corteo del 12 aprile, in occasione del quale, in via Veneto, si sono verificati episodi di guerriglia urbana. Ma Antonio Polito si riferisce anche al corteo in programma per il prossimo 17 maggio, contro il decreto Lupi contenente un articolo che, secondo Polito, “statuisce l’ovvio”, ovvero che “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento ai pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo, e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”.
“Dunque i promotori hanno indetto una manifestazione in difesa dell’illegalità – commenta Polito – E questo, in un Paese libero e democratico, è perfettamente nel loro diritto. Ma il punto è: hanno diritto a manifestare in difesa dell’illegalità anche illegalmente, cioè trasformando il corteo in guerriglia, al fine di saldare i conti con i poliziotti? Secondo noi no. Si cita spesso il diritto costituzionale per opporsi a ogni ipotesi di divieti e regole più stringenti. Ma la nostra Costituzione in materia è chiarissima. Recita infatti, all’articolo 17, che ‘i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi’– continua e incalza Polito, specificando che – chi si presenta col casco, la spranga, i razzi nello zaino, e una tuta per mimetizzarsi, non rientra dunque nella fattispecie costituzionale e perde il suo diritto”. E continua, facendo riferimento al testo costituzionale: “Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Lo Stato – che come detto “non può dunque sindacare il perché della manifestazione, ma il come” – può quindi “vietare anche preventivamente un corteo che non dia garanzie di essere pacifico e senz’armi. Del resto, in altri campi della vita pubblica si praticano regolarmente divieti preventivi a fini di ordine pubblico: pensate ai tifosi cui è vietato di andare allo stadio perché notoriamente violenti”.
La polemica sugli scontri al centro di Roma è ormai al centro del dibattito da molti giorni. Dopo una mozione presentata in Campidoglio dal consigliere di Roma Capitale Roberto Cantiani, anche il ministro dell’Interno Alfano si è pronunciato sul tema. “Roma e' la vetrina del nostro Paese – ha dichiarato – Dobbiamo ripulirla da spacciatori e delinquenti e la città deve tornare ad essere pulita e non in mano, anche nelle zone centrali, al commercio abusivo e al degrado urbano”. Per questo, Alfano, dice di avere in mente un “piano speciale per Roma contro lo spaccio, la prostituzione minorile, l’abusivismo commerciale e un intervento con restrizioni più precise per quel che riguarda l’uso del centro storico per le manifestazioni”, in quanto “la nostra Capitale” non può diventare “lo sfogatoio di tutte le proteste nazionali”, con la conseguenza che, ad esempio, anche i turisti “debbano restare chiusi in camera a vedere dai balconi le violenze in strada”.
Contrari a questa posizione, alcuni esponenti – municipali e comunali – di SEL. “La chiusura del centro di Roma ai cortei, proposta dal ministro Alfano, comprometterebbe il diritto di manifestare” – dichiarano Federico Auer, coordinatore SEL I Municipio, e Mauro Cioffari, capogruppo dello stesso partito. “Il centro di Roma ospita i palazzi del potere – continuano – e non è corretto pensare di allontanare i luoghi delle manifestazioni, limitando, in questa maniera, la visibilità e quindi il successo delle manifestazioni stesse. E' importante – concludono – garantire l'esercizio del diritto democratico a manifestare e prevedere, allo stesso tempo, l'attuazione di tutte le misure che limitino i problemi per residenti ed operatori economici compensandone i disagi”.
Anche secondo Gianluca Peciola, capogruppo SEL in Campidoglio, “la proposta del ministro dell'Interno, Angelino Alfano, di chiudere il Centro storico alle manifestazioni è inaccettabile. In questo momento in cui è alta la tensione sociale non è tollerabile che siano prese decisioni unilaterali che limitano l'agibilità politica nella nostra città e il diritto costituzionale a manifestare. Il ministro dell'Interno faccia un passo indietro e riveda questo piano per la sicurezza a Roma pieno di slogan da campagna elettorale”.