Così va il mondo, un anno fa l’elezione di Donald Trump
A un anno dalle elezioni negli Stati Uniti d’America e dalla vittoria di Donald Trump i “rosori” non sono ancora passati
A un anno dalle elezioni negli Stati Uniti d’America e dalla vittoria di Donald Trump i “rosori” non sono ancora passati. Ma cosa è veramente accaduto un anno fa in America? Una rivoluzione. Contro i politici, i sindacalisti, l’asse della cultura popolare californiana e newyorkese, i sondaggisti i e i giornalisti. Spazzati via dal popolo. Ce lo facciamo spiegare da alcuni amici italo-americani che hanno avuto importanti incarichi nel l’apparato governativo americano, ormai in pensione e che sono sempre stati democratici, quando il Partito Democratico era un partito e non la barzelletta che è diventato oggi.
Negli ultimi tren’anni i presidenti e i governi americani come Bush padre, Clinton, Bush figlio, Obama e i loro Congressi, caddero sotto la tutela dei maggiori industriali e delle grandi compagnie multinazionali e globaliste aeronautiche, automobilistiche, dei trasporti, della tecnologia digitale e soprattutto delle aziende assicurative con il corollario dei mezzi di informazione completamente controllati da queste ditte (Amazon controlla il Washington Post, Murdoch il Wall Street Journal, l’industriale messicano Carlos Slim controlla il New York Times). Queste compagnie sovvenzionano le loro campagne elettorali. Gli assicurano una pensione d’oro. Da miliardari. Qui in America se ricevi sovvenzioni in denaro per la campagna elettorale e non spendi tutti i soldi, te li prendi e te li porti casa.
Queste “entità” durante i trent’anni, hanno lentamente ma inesorabilmente esportato il lavoro manifatturiero, che era la vera forza dell’America, in Messico, in Cina, in India, in Vietnam, nelle Filippine etc etc. Ovunque trovavano i lavoratori da pagare il 5% del costo del lavoratore americano. Poi scoprirono un nuovo problema. Dal 1940 i lavoratori americani acquistavano l’assicurazione sanitaria dai loro datori di lavoro e le aziende erano responsabili anche della pensione dei lavoratori anche se non ci fosse stato più lavoro.
Per esempio: io lavoro per la General Motors che mi paga l’assicurazione sanitaria fino a che non smetto di lavorare per loro. Ma se la General Motors va in Messico a lavorare come continua a pagare l’assicurazione per il suo lavoratore americano, ora disoccupato?
Ed ecco che in aiuto è arrivato il grande presidente democratico Obama.
Obama trasferì il peso delle assicurazioni sanitarie che le aziende dovevano sostenere per i propri lavoratori su tutti i cittadini americani. Individualmente. L’impegno delle industrie fu cancellato e trasferito sulle spalle della popolazione. Nessuno fu più obbligato a comprare l’assicurazione per i propri dipendenti ma lo era il singolo cittadino. Se quel cittadino non poteva o non voleva comprare l’assicurazione sanitaria ObamaCare, pagava una multa molto salata. E questa riforma è universalmente passata, con la complicità dei bravi giornalisti a pagamento, come la riforma per aiutare i poveri! Quando i poveri avevano sempre avuto un programma sanitario governativo chiamato Medicaid pagato dai singoli Stati.
Ma l’ObamaCare è stata portata di fronte alla Corte Suprema da molti Stati Americani nel 2015. Gli Stati dicevano che il governo federale non aveva il diritto di imporre ai loro cittadini l’obbligo di comprare un prodotto commerciale di un assicurazione privata. La Corte Suprema giudicò questo obbligo di acquisto come una tassa imposta dal congresso (democratico). Ma le tasse sono argomento del Congresso.
E così qualche mese fa Trump non riuscì a riformare la legge sanitaria, l’ObamaCare, cosa che è accaduta oggi, “a latere”, in Senato con un emendamento inserito nella nuova riforma fiscale che ha distrutto la legge sanitaria di Obama, togliendo l’obbligo individuale di acquistare l’assicurazione medica, cioè l’ObamaCare. Questo comportava un costo annuale dagli otto ai dodici mila dollari per ogni famiglia media americana. È stato un bel taglio netto “fiscale”.
Così è che va il mondo.
Il popolo americano, quello del paese profondo, non quello di New York o di Los Angeles, aspettava un portavoce che portasse alla luce i problemi che lo stanno distruggendo. Si è presentato Trump e ha vinto. Ancora non si è capito che molti ma molti democratici alienati dai rappresentanti del loro partito e molti repubblicani alienati dai capi del loro partito, più la metà degli indipendenti hanno votato per Trump. È stata una vera ribellione contro lo status quo. I membri dei sindacati hanno votato Trump, mentre i capi dei sindacati hanno votato Clinton.
Michigan, Ohio, Pennsylvania, West Virginia, cioè gli Stati operai con grandi sindacati hanno votato Trump. È lì che ha vinto le elezioni. Negli Stati tradizionalmente democratici. E ancora ve lo state chiedendo? Ancora parlate di un America razzista e retriva? Ma svegliatevi. La guerra è finita.
Qui hanno avuto questo coraggio. In Europa lo avremo mai noi?
Ma i giornali italiani non ve lo diranno. Forse non capiscono queste cose e stanno aspettando qualche altra notizia scandalistica. O forse non conviene ai loro padroni. Vivendo qui negli Stati Uniti e guardando i siti web dei quotidiani italiani ti cadono le braccia. Per il pressappochismo, la partigianeria spicciola e le false comunicazioni che danno.