Cos’è il 41 bis, pensato da Falcone, poi esteso ai terroristi come Cospito
Cos’è il 41 bis, il regime pensato da Giovanni Falcone e divenuto legge nell’agosto del 1992 dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio
Cos’è il 41bis? Abbiamo provato a riassumerne le principali implicazioni.
Veniamo ogni giorno sommersi da notizie su Alfredo Cospito; ultima in ordine di tempo il fatto che abbia smesso di prendere anche gli integratori, almeno secondo indiscrezioni che trapelano. La sua lotta al regime di carcere duro sembra non essere prossima al finale e da parte del Governo per ora non ci sono aperture. Ma cos’è il 41 bis e perché in quel braccio si trova anche un anarchico?
Vi raccontiamo la storia delle restrizioni pensate da Giovanni Falcone e alle quali è sottoposto Cospito nel carcere di Opera. Per riflettere su cos’è il 41 bis e sulla sua applicazione nel tempo.
Dalla sua nascita in parlamento nel 1992, dopo le stragi di Falcone e Borsellino, alla sua estensione ai terroristi nel 2002 ad opera dell’allora guardasigilli Castelli, cerchiamo di capire se davvero ci sono migliorie da fare per questa norma.
Cos’è il 41 bis, la storia
Ecco in breve cos’è il 41bis, regime detentivo che venne introdotto nell’ordinamento giudiziario italiano nell’agosto del 1992, all’indomani delle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
A seguito delle due stragi, avvenute a distanza di appena due mesi una dall’altra, era evidente l’incapacità della pena detentiva, nella sua ordinaria modalità di esecuzione, di neutralizzare la pericolosità dei mafiosi. I boss avevano dimostrato che, in virtù dei legami con le associazioni criminali di appartenenza, continuavano dal carcere ad esercitare il loro ruolo di comando, impartendo ordini e direttive agli associati in libertà.
Fu il cosiddetto decreto legge Martelli-Scotti, promulgato appunto in agosto del 1992, a introdurre in una legge del 1986, la riduzione dei contatti tra detenuti e mondo esterno.
Il regime detentivo speciale, riducendo drasticamente le occasioni di scambio tra i detenuti e l’esterno e tra gli stessi detenuti, ha come scopo quello di interrompere, o meglio ridurre, i collegamenti con le associazioni, così rendendo effettiva la funzione di neutralizzazione propria della pena detentiva.
La prima stesura del 41bis prevedeva l’applicabilità in via temporanea, in condizioni emergenziali e per una durata non superiore ai 3 anni. L’effetto immediato fu che molti boss, circa 300 nel primo anno di applicazione della norma, decisero di collaborare per vedersi restituire parte dei diritti da detenuto.
In seguito a questi primi grandi successi, la Legge ha iniziato ad affermare la possibilità di prorogare oltre i 3 anni la misura. Nel 2002 l’entrata in vigore della l. 22.12.2002, n. 279 ha reso permanente il regime detentivo speciale.
Cos’è il 41 bis per i mafiosi
Il regime di 41 bis, colpisce i detenuti colpevoli di “delitto che commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso”. Nonostante l’elenco dei delitti contenuto nell’art. 4 bis sia decisamente nutrito, l’esame dei dati statistici consente di rilevare come, nella prassi, il 41 bis sia una misura applicata quasi esclusivamente agli autori di reati di stampo mafioso.
L’applicazione di questa misura è spesso necessaria anche nella fase di attesa di giudizio, quella in cui i boss cercano di mantenere contatti con i loro affiliati e passano di mano le consegne in attesa della vera pena detentiva.
Cos’è il 41 bis. Le condizioni di restrizione
Partendo dal dato importante, che il regime di 41bis va applicato non come forma di ulteriore punizione per il detenuto ma come forma di protezione della società e dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso, vediamo quali sono le restrizioni dei detenuti sottoposti al 41 bis.
I familiari dei detenuti in 41 bis possono fruire, di un solo colloquio al mese con i familiari della durata di un’ora. Mediamente i carcerati hanno a disposizione 6 colloqui al mese. Ai colloqui sono ammessi solo familiari e conviventi.
I colloqui si effettuano dietro vetrate a tutt’altezza, per impedire il passaggio di oggetti di qualsiasi natura ed è sottoposto a controllo auditivo e videoregistrazione. Non hanno limiti i colloqui con i legali.
Tutta la corrispondenza in entrata e uscita viene sottoposta a controllo, tranne quelle rivolte ai Parlamentari nazionali ed Europei.
Un’altra prescrizione diretta a regolare i rapporti dei detenuti con l’esterno è quella relativa alla “limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno”. Proprio basandosi su tale disposizione l’amministrazione penitenziaria ha imposto il divieto per i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di ricevere e inviare all’esterno libri e riviste.
Infine, in base alla severità del reato commesso, la disposizione di ora d’aria potrebbe essere rivista oppure effettuata in isolamento.
Cos’è il 41 bis e perché c’è Alfredo Cospito
La storia di Cospito si intreccia con un secondo presupposto per l’applicazione del cosiddetto carcere duro, ossia la presenza di “elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica ed eversiva”.
Alfredo Cospito secondo alcuni pareri delle procure e non ultimo quello del procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, deve restare al 41bis. Le sue azioni hanno dimostrato che dall’interno del carcere indirizzava i suoi sostenitori. Da ricordare però come dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo arriva un parere più morbido: “Alfredo Cospito può restare al 41 bis oppure tornare al regime di alta sicurezza, con tutte le dovute cautele”, si legge nel documento di una decina di pagine inviato dalla Dna al ministero della Giustizia.
È del tutto evidente, una volta compreso cos’è il 41 bis nella legislazione, che la battaglia sulla necessità eventuale di riforma del sistema carcerario del 41 bis e quella sulla possibile revoca di tale regime ad Alfredo Cospito siano questioni diverse seppure messe su binari paralleli.
Resta della politica la decisione finale su entrambe e per il momento il Governo Meloni non intende tornare su nessuna delle due ipotesi.