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Così Bruxelles ha messo a libro paga i principali giornali italiani

La Ue conferma di essere terrorizzata dalle Europee finanziandosi la campagna elettorale sulla grande stampa: che dovrebbe essere il cane da guardia del potere, ma ne diventa il cagnolino da compagnia

Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello, Digital Services Act, Bruxelles, nomine Ue

Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello (© liftarn / Openclipart)

Scandalo a Bruxelles, colta con le mani in un sacco dal quale venivano elargiti generosi fondi ai principali organi d’informazione italiani. Cosa che anzitutto smaschera chi dovrebbe essere il “cane da guardia” del potere, e invece ne diventa volentieri il “cagnolino da compagnia”. E al contempo la dice lunghissima sul terrore che serpeggia tra gli alti papaveri comunitari in vista delle imminenti Elezioni Europee.

Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello, Digital Services Act, Bruxelles
Bandiera dell’Unione Europea con falce e martello (© liftarn / Openclipart)

Da Bruxelles fondi alla grande stampa italiana

Commissione Europea e Parlamento Europeo hanno messo a libro paga la grande stampa del Belpaese in occasione della campagna elettorale in corso. Lo ha scoperto Il Fatto Quotidiano, aggiungendo che gli emolumenti sono finalizzati alla pubblicazione di articoli che esaltino l’attuale leadership del Vecchio Continente.

Il non plus ultra è il gruppo GEDI, editore tra l’altro de La Repubblica e La Stampa, che è entrato perfino in partnership con le euro-istituzioni correnti. Ma tra le testate ingaggiate figurano pure il Corsera, l’ANSA, il Sole 24 Ore (il quotidiano di Confindustria), Mediaset/RTI e l’AGI (che fa capo all’Eni). Più altri 25 media che si sono offerti volontari, laddove gli omologhi tedeschi e nordici si sono rifiutati di diventare gli utili idioti della Ue.

Logo del gruppo GEDI
Logo del gruppo GEDI (© GEDI Gruppo Editoriale / Wikimedia Commons)

Il paragone con la Russia di Vladimir Putin verrebbe facile, ma è meglio evitare di sparare sulla croce rossa. Piuttosto, questi accordi sono un segno di enorme debolezza, se non di vera e propria disperazione da parte di Ursula von der Leyen & Co. I quali, se credono davvero di poter ricorrere impunemente a questi mezzucci pur di riuscire a (ri)orientare l’opinione pubblica, mostrano di essere ormai alla frutta. Non foss’altro perché la crisi dei giornali rende assai improbabile che siano realmente in grado di spostare un numero significativo di voti.

Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen (© Parlamento Europeo / Wikimedia Commons)

In effetti, il sotterfugio fa pensare che la sfida tra euroinomani ed euroscettici sia più sbilanciata verso le forze antisistema di quanto appaia nei sondaggi. E, se così fosse, il prossimo giugno sarebbero decisamente… cavoletti di Bruxelles.