Covid-19, la responsabilità “elastica” di chi chiede responsabilità
Giusti gli appelli alla prudenza, ma forse alcuni politici dovrebbero essere controllati. Mentre ad altri vip, da protocollo, non era necessario fare il test
Uno dei termini maggiormente usati, per non dire abusati, in questi giorni di emergenza coronavirus, è certamente la parola “responsabilità”. L’ha invocata il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (riferendosi soprattutto ai partiti), l’ha chiesta più volte il bi-Premier Giuseppe Conte, l’hanno evocata molti altri esponenti delle istituzioni – in primis Governatori quali il Presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, ma anche il sindaco della Capitale Virginia Raggi.
«Non c’è più tempo» ha spiegato l’ex Avvocato del popolo annunciando il rafforzamento delle misure già adottate, «dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell’Italia». E va detto che i nostri connazionali sembrano averlo capito: alcuni recenti sondaggi, infatti, hanno evidenziato che, benché la maggioranza assoluta degli intervistati ritenesse insufficienti i provvedimenti dell’esecutivo rosso-giallo, una percentuale ancora più alta sosteneva che tutte le forze politiche dovessero unirsi nel sostenere il Governo.
Poi, certo, vi sono anche dei comportamenti scriteriati, come quelli dei locali capitolini che hanno pensato bene di violare le norme sugli orari di chiusura o sull’obbligo della distanza di un metro tra gli avventori (il cosiddetto “criterio droplet”); o quello della coppia di ragazze agrigentine protagoniste di un video, divenuto ben presto virale, in cui una delle due giovani si vantava di provenire dalla zona rossa.
Paradossalmente, però, neppure quanti esortano (giustamente) ad agire con giudizio stanno rinunciando ad atteggiamenti, come minimo, imprudenti. A partire proprio dal primo cittadino di Roma, che non risulta essersi sottoposta ai test per il COVID-19 malgrado i frequenti contatti con il leader dem Nicola Zingaretti – che com’è noto è risultato positivo al patogeno.
Non è peraltro un caso isolato, se si pensa che sia allo staff del Governatore del Lazio che alla segreteria del Pd è stata concessa libertà di scelta – tanto è vero che solo il vicesegretario Andrea Orlando e la vicepresidente Anna Ascani hanno deciso di mettersi in auto-isolamento. Controlli elastici, dunque, un po’ come la responsabilità.
Bruno Vespa, per dire, ha chiesto di poter fare un tampone dopo aver ospitato Zinga a Porta a Porta allo scopo di riportare tranquillità in Rai: tuttavia, il programma è stato sospeso malgrado l’esito negativo del test, che oltretutto era ampiamente prevedibile visto che, come puntualizzato dallo stesso conduttore, «il direttore generale dello Spallanzani, professor Ippolito, mi ha confermato che il rischio si limita alle persone che nelle 48 ore precedenti (e non 72, come nel nostro caso) abbiano avvicinato la persona infetta per più di mezz’ora a meno di un metro di distanza. Questo con Zingaretti non è avvenuto».
La dinamica, oltretutto, fa emergere un’altra questione. A fine febbraio, infatti, una (ennesima) circolare del Ministero della Salute aveva stabilito che i tamponi dovessero essere limitati solo ai casi sintomatici, ovvero in presenza di febbre, tosse o difficoltà respiratorie: disposizione dovuta sostanzialmente alla necessità di evitare il sovraccarico del SSN, ma anche – cosa invece piuttosto discutibile – alla volontà di segnalare meno casi onde distogliere l’attenzione internazionale dall’epidemia nostrana.
Senza dunque voler puntare il dito contro il giornalista aquilano, perché il suo test è stato autorizzato? Perché, ancora prima, era stato autorizzato quello su Zingaretti, se è vero – come dichiarato da lui stesso – che il segretario Pd sta bene? Perché era stato autorizzato quello sul Governatore del Piemonte Alberto Cirio – a sua volta contagiato e a sua volta in buona salute -, che aveva partecipato a un incontro a Palazzo Chigi cui aveva presenziato anche Zinga?
È certamente comprensibile che il tampone sia stato effettuato sui membri del Governo che nella medesima occasione avevano avuto contatti col Governatore del Lazio: a partire proprio dal Presidente del Consiglio, risultato negativo come tutti i suoi Ministri.
Per gli altri esponenti delle istituzioni, però, era proprio necessario? Non sarebbe stato più opportuno, per esempio, porsi in auto-isolamento per due settimane – come hanno fatto il Governatore dell’Abruzzo Marco Marsilio e, prima ancora, quello della Lombardia Attilio Fontana -, e sottoporsi al test solo in caso di comparsa dei sintomi? E non avrebbe dovuto fare altrettanto il leader della Lega Matteo Salvini in seguito alla positività di un agente della sua scorta, benché il Capitano abbia precisato di non aver avuto contatti con il poliziotto, di stanza sulla seconda auto di sorveglianza – non su quella in cui viaggiava il segretario del Carroccio?
Difficile non pensare al detto popolare “Fa’ quello che il prete dice, non quello che il prete fa”… O anche a un altro aforisma, più recente perché orwelliano, ma forse anche, andreottianamente, più calzante: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri». Proprio come le responsabilità.