Covid-19: per gli obblighi, amen. Ma le notizie h24 possiamo pure evitarle
Miriadi di informazioni che si rincorrono e che alimentano l’ansia. Domanda: ne abbiamo davvero bisogno?
C’è il virus in senso stretto: il Covid-19 che minaccia la salute. Ma oggi lo lasceremo sullo sfondo. E sorvoleremo sul problema, enorme, di quanto sia davvero contagioso e di quanto, per chi ne sia colpito, sia davvero pericoloso in assenza di gravi patologie preesistenti o di un sistema immunitario più debole del normale.
Oggi parleremo dell’altra infezione, quella psichica, che aleggia su tutti noi. Tutti noi che siamo stati segregati nelle nostre case e che veniamo sottoposti a un fitto bombardamento mediatico di notizie inquietanti.
A proposito: notizie o messaggi? O messaggi travestiti da notizie? Torneremo su queste differenze, decisive, in un articolo a sé.
Rimaniamo sull’infezione psichica. La prima cosa da avere ben chiara, proprio come per le malattie fisiche dovute a cause esterne, è il principio generale: meno ci si espone agli agenti patogeni e meno si rischia di finire contaminati.
Tradotto in comportamenti concreti, e quotidiani, significa che venire spesso a contatto con dei messaggi dolorosi, e allarmanti, aumenta moltissimo le probabilità di farli penetrare stabilmente dentro di sé. Consentendo che mettano radici nella nostra mente e assorbendo in profondità il “virus” dell’inquietudine. Della preoccupazione. Dell’ansia.
Quello che si innesca, allora, è un tipico circolo vizioso che si autoalimenta e si ripete. O si perpetua. Essendo impazienti di trovare dei motivi di rassicurazione, andiamo in cerca di aggiornamenti positivi. Finendo invece per trovare l’opposto. Nuovi motivi di malessere. Nuove ombre che si espandono.
Il senso di impotenza, individuale o addirittura collettivo.
Il timore per noi stessi e, forse ancora di più, per i nostri cari.
Il cordoglio per le vittime, specialmente se scattano i meccanismi di identificazione dovuti all’età, a qualche dettaglio biografico, o a chissà che altro. Fosse pure la “semplice” empatia per degli esseri umani che si ammalano, e muoiono, senza nessuna colpa particolare.
Immersi. O sommersi
Bisogna capirlo e non dimenticarselo più: la psiche funziona così. Tende ad allinearsi alle sollecitazioni circostanti. Vediamo sorridere e d’istinto sorridiamo. Vediamo soffrire e ci rabbuiamo.
Che cos’è che ci ripetono di continuo, le nostre sollecite autorità? Esatto: che per limitare la diffusione del Covid-19 dobbiamo (dobbiamo! tassativamente dobbiamo!!!) evitare di avvicinarci agli altri. E stare anche molto attenti a ogni sorta di superficie su cui il virus potrebbe essersi posato.
L’equazione martellata senza requie nelle ultime settimane è contatto=contagio. Il pericolo che accada il peggio viene enfatizzato a tal punto da farcelo percepire come una probabilità assai elevata, se non proprio una certezza.
D’accordo. Non potendola rigettare in malo modo, vediamo di trarne almeno qualche vantaggio. Applicandola anche alla sfera psichica.
Per quanto sorprendente possa sembrare ai profani, infatti, la mente è molto più indifesa del corpo. L’immunità biologica ce la dona la Natura, sulla base di sedimentazioni e adattamenti a dir poco millenari.
L’instabilità emotiva ce l’ha trasmessa l’habitat artificiale e distorto della società contemporanea: troppa eccitazione indiretta da fiction, sport e talkshow inclusi, e troppo poche esperienze vissute appieno e in prima persona. Si freme per un nonnulla. Si fa poco o niente per rafforzarsi.
L’ideale sarebbe impostare un grande programma di ricostruzione interiore ad ampio o amplissimo raggio. Ma se non altro, in questi tempi oscuri che ci tocca attraversare, abbiamo il diritto e il dovere di erigere delle barriere difensive contro l’alluvione di notizie a tinte fosche e di messaggi deprimenti che ci arrivano da ogni dove.
Per essere informati a sufficienza basta ascoltare/sorbirsi un riepilogo al giorno. Poi, appena sbrigata l’odiosa incombenza, c’è da tornare a noi stessi e coltivare ciò che di buono abbiamo dentro: se sono piccoli semi sarà ora di cominciare a innaffiarli, se sono piante andranno irrobustite, se sono boschi e foreste ci saranno chissà quanti angoli ancora da esplorare – o da comprendere meglio.