Covid-19, sulle misure economiche basta prese in giro dalla Ue
Nell’Europa “solidale” continua lo scontro, ma la Francia appoggia l’Italia e frantuma l’asse con la Germania: “Senza eurobond, non approviamo nessun pacchetto”
Per la terza volta in neanche un mese, il solitamente compassatissimo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è tornato a bacchettare l’Unione Europea. Per l’occasione ha inserito il rimprovero all’interno della dichiarazione per la settantesima Giornata della Salute, il che non solo non toglie nulla alla forza del suo messaggio, ma dà anche un’ulteriore misura di quanto la pazienza italiana stia per finire.
«La valenza universale del diritto alla salute» ha ricordato il Capo dello Stato, «ci chiama a un impegno, a una corresponsabilità di carattere globale, mettendo da parte egoismi nazionali e privilegi di sorta al fine di dare alla cooperazione mondiale un impulso di grande forza per ciò che riguarda le cure, la ricerca, lo scambio di informazioni, la fornitura di strumenti capaci di salvare vite umane».
Parole sagge, che però si scontrano una volta di più con la pervicacia del “blocco del Nord” guidato dalla Germania: il cui concetto di solidarietà continua a dimostrarsi, come minimo, molto particolare, perfino in una circostanza eccezionale come la pandemia di coronavirus.
Stavolta, però, potrebbe esserci una novità in arrivo direttamente dall’Eliseo: da dove Emmanuel Macron, proprio alla vigilia dell’Eurogruppo, ha di fatto spezzato nuovamente e fragorosamente l’asse franco-tedesco, facendo sapere alla Cancelliera Angela Merkel che, se nel pacchetto iniziale Ue non sarà presente un Fondo europeo temporaneo ed eccezionale per mutualizzare i debiti, «non daremo l’assenso al pacchetto globale» su cui proprio Parigi e Berlino sembravano aver trovato un’intesa.
Si tratta di una misura che Oltralpe chiamano Recovery Fund (Fondo per la ripresa), ma che in sostanza ricalca il modello dei coronabond – o European Recovery Bond – caldeggiati dal bi-Premier Giuseppe Conte in una lettera che era stata firmata anche da Monsieur le Président. Uno strumento concepito per consentire agli Stati più colpiti dall’emergenza Covid-19 di mettere in campo tutte le risorse economiche necessarie a superare la crisi, senza doversi preoccupare dell’aumento del debito pubblico: quello dovuto all’esborso sanitario (e solo quello) verrebbe infatti ripartito tra tutti i Paesi membri della Ue.
Come noto, è su questo aspetto che il tanto sbandierato altruismo comunitario torna ad assumere la consistenza di una piuma al vento, e infatti era stato escluso dalla bozza di accordo gallo-teutonico che Giuseppi aveva liquidato come non «all’altezza del compito che la Storia ci ha assegnato». Si era appena quattro giorni prima dell’ultima (in ordine cronologico) giravolta transalpina, il che non fa certo apparire i nostri “cugini” come i più affidabili degli alleati. Ci si può però fidare, senza ombra di dubbio, del fatto che perseguiranno i propri interessi, che occasionalmente coincidono con quelli italici.
Tutte le proposte, in ogni caso, restano in campo, comprese quelle della novella Entente cordiale (in salsa prussiana anziché britannica), comprendenti il Mes “light”, le garanzie della Bei e il programma “Sure”. Il primo è il famigerato Fondo europeo salva-Stati che però andrebbe utilizzato senza le condizioni (non essere in procedura d’infrazione; vantare un deficit inferiore al 3% da almeno due anni; avere un rapporto debito/PIL sotto il 60%) che condannerebbero l’Italia all’austerità sotto il controllo della famigerata Troika – Commissione Europea, Bce e Fmi – che ha già devastato l’economia della Grecia.
Tuttavia, per modificare un Trattato internazionale come quello che ha istituito il Meccanismo Europeo di Stabilità occorre l’unanimità tra tutti i Capi di Stato e di Governo europei e la successiva ratifica dei Parlamenti nazionali. Senza contare che lo stesso esecutivo rosso-giallo è diviso sull’uso di questo strumento, con il M5S che non ne vuole neppure sentir parlare – esattamente come le opposizioni, che non si fidano della parola di Bruxelles.
Poi c’è la Banca Europea per gli Investimenti, che ha suggerito di istituire un fondo di garanzia da 25 miliardi di euro per supportare le imprese comunitarie, offrendo loro liquidità per effettuare investimenti fino a circa 200 miliardi. Infine c’è “Sure” (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), l’iniziativa della Commissione Ue per sostenere il lavoro attraverso il finanziamento di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione.
Senza dimenticare il bazooka da 750 miliardi messo in campo dalla Banca Centrale Europea sotto forma di acquisto dei bond sovrani (i titoli di Stato nazionali): mossa quasi obbligata dopo la tremenda gaffe della presidente Christine Lagarde che, affermando che «non siamo qui per ridurre gli spread», aveva fatto crollare le Borse di tutto il mondo.
Sullo sfondo resta anche l’idea della presidente Ursula von der Leyen di adattare il (settennale) bilancio europeo alla crisi, onde trasformarlo in un “piano Marshall” comunitario. Anche in questo caso, però, la strada di un accordo è fortemente in salita, in quanto il “blocco del Sud” pensa a un meccanismo per emettere debito comune europeo, laddove i rigoristi nordici non intendono garantire per gli altri membri dell’Unione.
Padronissimi, anche di continuare a prendere in giro la culla della civiltà occidentale, la patria del diritto, lo scrigno dell’arte continentale. Purché siano consapevoli che la loro narcisistica albagia non piegherà certo l’Italia (perché gli Italiani si rialzano, sempre): ma di sicuro ucciderà l’Europa.