Covid, il Governo ci pensi bene prima di imporre restrizioni ai vaccinati
Come argomenta “Libero”, il siero è un patto con lo Stato: se lo si tradisse con mascherine all’aperto, coprifuoco e tamponi si perderebbe fiducia nella campagna di immunizzazione
Sul fronte della lotta al Covid, dopo un anno sembra quasi che non sia cambiato niente. Il Governo guidato da Mario Draghi, epigono del Conte-bis, discute infatti di nuove restrizioni – come se, per dire, non avessimo ancora l’antidoto anti-coronavirus. E difatti secondo i rumours c’è l’eventualità che le limitazioni vengano applicate anche ai vaccinati: che come strategia sarebbe non solo odiosa, ma anche autolesionista.
La stretta di Natale contro il Covid
Un anno dopo, dunque, sotto l’albero rischiamo seriamente di trovare, al posto della tradizionale strenna, una nuova stretta di Natale. L’esecutivo, infatti, sta valutando le disposizioni da adottare per frenare l’aumento dei contagi da SARS-CoV-2 durante il periodo delle festività.
Tra i provvedimenti allo studio, quello principale (e pressoché sicuro) è la riduzione della validità del Super Green pass. Che, alla luce dei dati sulla perdita di efficacia dei sieri, dovrebbe passare dagli attuali nove mesi a sette oppure cinque, come ipotizza il Corsera.
Inoltre, secondo Il Messaggero il certificato verde rafforzato potrebbe essere esteso a centri commerciali e trasporto pubblico locale. Anche se il Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini ha assicurato che «nel settore dei trasporti la cabina di regia di giovedì non prevederà ulteriori interventi». Secondo il titolare del Mit, infatti, il passe sanitaire base «è già una misura piuttosto robusta».
Da via Solferino affermano poi che vari Ministri premono per reintrodurre l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto, ma il Premier Mario Draghi non sarebbe convinto. Allo stesso modo sarebbero sul tavolo l’opzione di un coprifuoco post-natalizio e quella (comunque non all’ordine del giorno) del vaccino obbligatorio. Ma, soprattutto, si ragiona sulla possibilità che anche gli immunizzati debbano presentare un tampone per partecipare a feste ed eventi in locali al chiuso come le discoteche. Ed è qui che nascono i problemi.
Il patto con lo Stato
Il popolo italiano «ha fatto un patto con lo Stato», scriveva qualche tempo fa Alessandro Sallusti, direttore di Libero. «Io mi vaccino e tu mi garantisci una normalità di vita che durante il lockdown era stata sospesa».
Tale accordo metteva perfettamente in conto che il “rischio zero” non esiste e che l’antidoto contro il Covid non è sterilizzante. Tant’è vero che chi ha ricevuto l’inoculazione può comunque infettarsi e trasmettere a sua volta la malattia – ma in modo più lieve e con minor probabilità. Non a caso, sia i dati dell’Iss che quelli della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere confermano che in nosocomio e in rianimazione finiscono quasi solo no-vax. E la Fiaso ha aggiunto che i vaccinati in intensiva hanno ricevuto l’iniezione da oltre 4 mesi, hanno in media 70 anni e per l’80% hanno altre patologie.
Se dunque Palazzo Chigi è preoccupato di chi diventa positivo malgrado il passaporto sanitario, che ponga rimedio a una falla nota praticamente dall’istituzione dello strumento. Se invece l’intento è quello di incentivare le terze dosi, tradire il succitato patto sarebbe del tutto controproducente. Con che faccia, infatti, si potrebbe chiedere il booster dopo aver trattato chi ha fatto due dosi alla stregua di quanti hanno rifiutato anche la prima?
La perdita di fiducia che ne deriverebbe sarebbe deleteria per la campagna d’immunizzazione. Per questo, prima di imporre divieti ai vaccinati, le istituzioni dovrebbero pensarci non due, ma almeno una decina di volte.