Covid Lazio, report morti e nuovi casi. Russo: “Tutto questo non mi risulta”. Bassetti: “Narrazione che fa male ai vaccini”
L’aggiornamento in merito a casi e decessi per Covid deve preoccupare? Come interpretare i dati? Lo abbiamo chiesto a due esperti
Contagi da Covid 19 nella Regione Lazio. Il bollettino mostra un aumento considerevole dei positivi che, a quanto pare, salgono a 46.915 (+2.012 ai dati di ieri) con 4.722 casi scoperti nelle ultime 24 ore in tutte le province laziali (+3.285 rispetto a ieri). Sono 4.231 tamponi molecolari e 22.331 tamponi antigenici per un totale di 26.562 tamponi effettuati. I decessi salgono oggi a quota 7 con 458 ricoverati, 28 in terapia intensiva.
Nelle varie province laziali si registrano 1.479 nuovi casi. Sono 591 con 1 decesso per quanto riguarda l’Asl di Frosinone; quella di Latina fa registrare 450 nuovi casi con 0 decessi. L’ Asl di Rieti invece riporta 153 nuovi casi con 0 decessi, mentre per l’Asl di Viterbo sono 285 nuovi casi e 1 decesso.
Il parere dell’assessore D’Amato
I casi a Roma sono 2.295, con una percentuale del rapporto tra positivi e tamponi che si attesta al 17,7%. E il quadro fornito e riportato nella data odierna dall’assessore regionale alla sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.
“Ho fatto la dose di richiamo del vaccino anti-Covid” è quanto lo stesso assessore dichiarava qualche giorno fa in un tweet, con il quale commentava l’importanza della vaccinazione, soprattutto in vista dell’inverno ormai alle porte. “Bisogna mettersi in sicurezza per l’inverno che sta arrivando” ha scritto proprio D’Amato sui propri profili social.
Ma quanto c’è di concreto nel computo dei dati riportati? In quale misura vanno letti, in quale maniera interpretati? E soprattutto, quanto essi debbano destare preoccupazione per l’immediato futuro? Lo abbiamo chiesto a due professionisti.
Il Prof. Russo: “Dati che non significano molto”
“Io lavoro in ospedale e a me tutto questo non risulta” ci dice il Prof. Francesco Russo, medico chirurgo, ricercatore confermato nel Dipartimento di Chirurgia dell‘Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
“Non è il caso di mettere a soqquadro una nazione con dati che non significano molto“, ci dice ancora il medico che si occupa anche di volontariato socio-sanitario per poveri e migranti, “in quanto parliamo di percentuali ai test o ai molecolari antigenici“.
“Per definire fattivamente se la malattia riprende o meno, bisognerebbe verificare quanti sono realmente gli ingressi per polmonite interstiziale da Covid“
Il Prof. Bassetti: “Non è una sorveglianza vera”
Abbiamo sentito anche il Prof. Matteo Bassetti, il quale conferma la perplessità in relazione all’interpretazione dei dati. “Non sono per niente affidabili e non dicono assolutamente nulla” ha detto il Primario di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova.
“Il problema è sempre quello. Ci portiamo un peccato originale dal 2020. I numeri che vengono dati, in relazione ai decessi, non tengono in considerazione i malati. Non è una sorveglianza vera. Io vorrei sapere ad esempio, su trecento persone positive al tampone, quanti realmente hanno sintomi Covid?” Quanti invece sarebbero entrati comunque in ospedale per motivi differenti e hanno un tampone positivo? “
“Sono dati che dal punto di vista organizzativo hanno in effetti ragion d’essere ma bisognerebbe comprendere che impatto hanno dal punto di vista clinico. Secondo me poco” ha aggiunto Bassetti. “E’ una narrazione che fa male ai vaccini, perché la gente in questa maniera inizia a pensare che questi non abbiano effetto“.