Da Mani Pulite alle elezioni sui Social: un’Italia in cui è difficile avere speranza
Dalla storia del nostro Paese ereditiamo soltanto l’eterna instabilità che pesa su noi cittadini, dal terrorismo alla caduta di Draghi e le elezioni
Passeggiare per Roma è diventato uno spettacolo triste, in questo scorcio di estate del 2022. La mondezza e i monopattini regnano sovrani. Così come regna indiscussa l’instabilità politica. La nostra classe dirigente è riuscita ad abbattere anche il governo Draghi. Ossia quell’unico italiano che aveva la fiducia indiscussa del mondo occidentale, dall’Europa agli Stati Uniti.
Di Draghi si possono dire molte cose. Si può non amare la globalizzazione neo-liberista. Ma, bisogna riconoscere, che il liberalismo è una delle principali culture politiche ed economiche del mondo moderno. In cui, tra gli altri, si riconoscevano il nostro Benedetto Croce e Thomas Mann. Mentre dal capolavoro compiuto dai Cinque stelle di Conte e da Berlusconi e Salvini, ereditiamo soltanto l’eterna instabilità che pesa su noi cittadini.
L’eterno ritorno della distruzione italiana
Forse Nietzsche non immaginava che la principale conferma empirica alla sua teoria dell’eterno ritorno, sarebbe venuta dalla classe dirigente italiana del XX e del XXI secolo. Poiché l’eterno ritorno, come espressione di uno sguardo tragico sulla vita, ha questo di caratteristico: a tornare è sempre, e soprattutto, il negativo.
A tornare sono gli elementi irrazionali, a riproporsi ciclicamente è la spinta autodistruttiva. A tornare è l’assoluta indifferenza verso le condizioni reali di vita dei cittadini. Chi è rimasto abbarbicato alla poltrona per anni e decenni, non sa più niente della lotta quotidiana combattuta al supermercato, per risparmiare dieci euro al giorno.
Si può dire che le cose sono andate sempre così, o in un modo molto simile. Ma è cresciuta, in modo esponenziale, la circolazione delle informazioni. La maggior parte dei cittadini farebbe volentieri la propria parte, di fronte ad una classe dirigente che dimostrasse impegno e competenza.
Ma qui si tratta di pagare tasse per servizi che vengono erogati in maniera del tutto inadeguata e insufficiente, dalla nettezza urbana ai trasporti pubblici. Si tratta, per chi ha figli, di fare salti mortali per rimanere al di sopra della soglia dell’umana dignità. Mentre politici e managers viaggiano, scandalosamente, su livelli di inaudito benessere economico, spesso assicurati dalla predazione sistematica delle risorse pubbliche, garantite dai cittadini.
Oltre le illusioni
Il 1992 non è soltanto l’anno in cui, nei giganteschi attentati di Capaci e via D’Amelio, persero la vita Falcone e Borsellino. Ma è stato anche l’anno di Mani Pulite. Da allora non molto è cambiato. Anche grazie all’ascesa di Berlusconi, che ha rappresentato – e continua a rappresentare – la peggiore volontà affaristica del nostro paese, che utilizza la politica per i propri fini.
La magistratura non è riuscita a ripulire e moralizzare la politica. Anche perché non è semplice, quando il partito di maggioranza si serve di sei canali televisivi, della contiguità con i lati più oscuri dei poteri del paese, nonché dell’appoggio di potenze straniere nemiche, come la Russia. Poiché una parte del dramma politico di questo paese, risiede nel non poter contare su una destra che sia degna dei suoi omologhi europei.
Per quanto concerne la sinistra, il centro-sinistra, o quello che rimane di questa entità, le cose non vanno molto meglio. Nel corso degli anni, a partire da leaders come D’Alema e Veltroni, è sopraggiunta una vera e propria paura rispetto all’essere di sinistra. Del resto, ciò che muoveva le fila del gioco era la predazione sistematica di risorse pubbliche e private, analogamente al comportamento del centro-destra.
In modo scientifico si è preferito il contributo di chi aumentava il fenomeno predatorio verso le risorse dei cittadini, rispetto a chi, nella società, poteva garantire la continuità della classe dirigente. Il punto di riferimento sono rimasti Craxi e Andreotti, più che Berlinguer o Luciano Lama. Troppo fulgidi combattenti, per essere seguiti e servire come esempio.
Il respiro lungo
Del resto, non si può dire che l’Italia non sia abituata alle sue ombre. In luoghi cruciali della “Commedia” di Dante o del “Canzoniere” di Petrarca, i due grandi poeti esprimono tutta l’amarezza possibile per la tragedia politica dell’Italia. Gioverà ricordare che Dante muore nel 1321 e Petrarca nel 1374.
Due secoli dopo, nel secondo decennio del Cinquecento, Machiavelli volle mettere dei versi di Petrarca a conclusione del “Principe”. Le parole di Petrarca – provenienti dalla canzone “Italia mia, benché ҆l parlar sia indarno” – suonano: “Virtù contro a furore / prenderà l’armi, e fia el combatter corto, / che l’antico valore / nelli italici cor non è ancor morto”. Ancora tre secoli e mezzo dopo, nella seconda metà dell’Ottocento, il Risorgimento farà di questi versi il proprio vessillo.
Poi verranno il fascismo, quarant’anni di Democrazia cristiana, le stragi, il terrorismo, la strategia della tensione, la fine della prima Repubblica, il berlusconismo e l’epoca dei social network fino alle elezioni. Se è difficile coltivare la speranza, è anche vero che siamo noi a essere delle comparse. Roma e l’Italia restano.