Dal palco del Primo Maggio, Piero Pelù contro Matteo Renzi
Secondo il rocker fiorentino, Matteo Renzi è il boy scout di Licio Gelli
Una partita tra fiorentini, quella che si è consumata sul palco del Primo Maggio, a San Giovanni. Da una parte il rocker Piero Pelù, dall’altra il premier Matteo Renzi, bersaglio di critiche ben precise, insieme a Silvio Berlusoni e anche Marcello Dell’Utri – “Ti prego torna, ti aspettiamo”. E poi la battuta sulle ‘toghe rosse’ che, “maledette”, hanno mandato il leader di Forza Italia ai servizi sociali.
“Non vogliamo elemosine da 80 euro, vogliamo lavoro” – ha dichiarato il cantante, già leader dello storico gruppo Litfiba che, in apertura del suo set, ha chiesto “un minuto di silenzio da dedicare a chi è morto sul lavoro, a chi è ricattato per il lavoro, ai lavoratori della cultura, che solo in Italia non dà da mangiare, ai disoccupati, ai lavoratori di Piombino, di Porto Marghera, dell'Ilva di Taranto, del Sulcis”. Ma anche un minuto per “Mancini, il poliziotto morto per fare veramente il suo dovere e per scoprire nella Terra dei Fuochi i veleni che venivano interrati”.
E ancora: “Gli F35 rubano soldi alla scuola e agli ospedali. Io gli unici cannoni che ammetto sono quelli che dovrebbe fumarsi Giovanardi”.
E se fare battute su Giovanardi è fin troppo facile, Piero Pelù non si è risparmiato nemmeno sul premier Renzi, definito dal rocker di Firenze “il non eletto, ovvero il boy scout di Licio Gelli: deve capire che in Italia abbiamo un nemico interno, la disoccupazione, la corruzione, il voto di scambio, la mafia, la 'ndrangheta, la camorra. La nostra è una guerra interna, il nemico è dentro di noi, forse siamo noi stessi”.