Dallo Squalo Sbardella a Fidanza, mutazione genetica della Destra Italiana
Vittorio Sbardella è stato un precursore degli attuali leader e ha rappresentato l’inizio di una nuova era politica per la Destra italiana
Negli anni che precedettero la fine della Prima Repubblica ci fu una forza politica che partita da Roma, si era imposta nel gotha della politica che conta attraverso una massiccia raccolta di consensi elettorali. Una forza capace di tessere relazioni con l’associazionismo cattolico nazionale (CL ) fino ad acquisirne il controllo. Questa forza politica aveva un leader, tanto scomodo quanto ambizioso oltre che ingombrante, tanto chiacchierato quanto ramificato, tanto schernito dalla sinistra dei salotti, quanto seguito dalla “gente” comune.
Vittorio Sbardella, detto lo squalo
Vittorio Sbardella (e il suo piccolo gruppo di ex camerati), non è stato solo un precursore dell’attuale “un uomo solo al comando”. Uno dei pochi che in quell’epoca avrebbe potuto a pieno titolo legare il simbolo del partito al proprio nome, ma ha rappresentato l’inizio di una nuova era politica per la Destra italiana. Una Destra integrata nel sistema ma fortemente attiva per determinarne i cambiamenti più rispondenti alla propria ideologia. Da braccio elettorale e organizzativo della corrente andreottiana romana, in breve tempo, con montagne di preferenze acquisite nelle varie tornate elettorali dell’epoca, aveva creato una vero e proprio partito nel partito (la DC ).
Un personaggio capace di avere nel proprio collegio elettorale più preferenze del “Divo Giulio“, arrivando a controllare oltre che svariati comuni e province del Lazio, la stessa Regione e infine il Comune Capitolino, facendo eleggere a Sindaco il mite Pietro Giubilo.
Un’ascesa da leggenda
Nella trafficata segreteria in Via Pompeo Magno, a cui si aggiunse in seguito quella di maggior rappresentanza in Piazza Augusto Imperatore, un via vai di politici nazionali di tutti i Partiti. Alti dirigenti di aziende pubbliche e private, elementi di spicco degli apparati istituzionali segnavano le intense giornate dello “Squalo”. La sua ascesa politica fu a dir poco leggendaria. Autista e guardaspalle del compianto Sindaco Petrucci, da cui erediterà un’immensa fortuna economica oltre che politica.
Con l’aspetto mussoliniano di un pugile peso massimo e un sorriso di perenne scaltrezza, Vittorio Sbardella fu l’esempio di un leader che non dovrà mai vergognarsi né giustificare il suo passato attivo nell’estrema destra italiana. Grazie anche alla concretezza di un progetto politico strutturato e alla profondità delle idee proposte supportate da una capacità innata di utilizzare al meglio le porzioni di potere che si venivano ad acquisire.
Non tutti sanno però, che il gruppo sbardelliano, non era soltanto dedito alla ricerca e gestione del consenso potendo e sapendo utilizzare tutti i meccanismi propri della Prima Repubblica. L’ideologo e stratega Maurizio Giraldi detto il Barone, era un fine politologo dotato di immensa cultura storico politica. Per quanto motivi di salute lo costrinsero a ricoprire un ruolo di eminenza grigia, fu sindaco di un comune nel reatino e deputato del Parlamento italiano.
Maurizio Giraldi
Il suo compito era quello di ghost writer, per tutti i rappresentanti del gruppo che andavano a ricoprire i ruoli di comando dopo le vittorie elettorali che di volta in volta aumentavano la forza del leader. Lo stesso Giraldi, in quegli anni, aveva dedicato parte delle sue giornate alla formazione politica dei giovani che, nel breve, avrebbero dovuto ricoprire ruoli importanti grazie ai successi della straripante falange della corrente andreottiana (da cui si staccherà subito dopo l’omicidio di Salvo Lima). Un vero e proprio laboratorio di alta formazione, degno di un grande partito, dettato dalla lungimiranza di chi comprende per primo quello che il futuro avrebbe riservato.
La fine della Prima Repubblica e soprattutto l’improvvisa scomparsa di Giraldi prima e di Sbardella dopo, entrambi per grave malattia, fecero disperdere quella enorme forza che in parte e con grande fatica riuscì a riciclarsi nei vari partiti a disposizione tra destra, sinistra e centro. Senza mai più raggiungere le vette del passato.
Eppure, ciò che aveva reso unica la strategia politica degli sbardelliani, risiedeva nell’idea che gli stessi avevano riguardo al partito politico, nello specifico la DC, come mezzo per promuovere le proprie idee e come veicolo fluido di raggiungimento del potere per poterle attuare.
I valori della Destra
Quello che va detto, a questo punto del discorso, è che le colonne portanti del gruppo sbardelliano provenivano dalla Destra politica, anzi erano profondamente e storicamente di Destra, con forti connotazioni dettate dal tradizionalismo evoliano e con l’avversione per i cattocomunisti tanto di moda in quel periodo e in favore di un cattolicesimo più presente e determinante nella politica del Paese.
Ecco che il gruppo sbardelliano si dotò di un proprio mezzo di comunicazione, Il Sabato. E divenne il vero antagonista di quel corpo composito di comunisti cattolici democristiani boiardi e pseudo imprenditori di Stato che erano guidati da “La Repubblica” di De Benedetti. Ovviamente, in quegli anni, non esisteva un partito politico di destra capace di incidere nell’agone politico. Per questo fu scelta la “balena bianca” scudo crociata, pronta ad accogliere nel proprio ventre la determinazione del gruppo sbardelliano. E in breve, attraverso il “forzoso” accreditamento andreottiano, l’avrebbe scalata fino al vertice.
Cosa avrebbe “consigliato” oggi il “Barone” Giraldi che nelle sue lezioni di politica riusciva a passare finemente e senza scandalo da Evola a Gramsci, alla luce delle nuove esistenze partitiche? Oggi che esiste una Destra realmente nazionale, una Destra finalmente popolare quanto a consenso e comprensione, può, in essa, trovare posto chi è da sempre di Destra?
Può trovare un ruolo chi si definisce Fascista? No, a meno che:
- Il Fascismo venga considerato un fatto storico non riproponibile così come lo abbiamo conosciuto.
- Il buono che c’è in quell’idea, (lo stesso vale per il Comunismo) venga riproposto nell’era attuale attraverso un chiaro Revisionismo, senza nasconderlo o camuffarlo goffamente.
- Si chiarisca una volta per tutte il rapporto (che comunque esiste) con la galassia di alcuni gruppi e movimenti di destra estrema e comprendere quali tra questi possano rappresentare una base attiva e propositiva pronta ad essere integrata ufficialmente dopo aver vissuto l’estremismo come fase naturale e a volte necessaria del processo di formazione politica.
- Si contrastino con forza tutte le frange violente, negazioniste, distorsive della realtà e fuorvianti per le giovani generazioni.
Il diritto della Destra italiana a una pacificazione
La Destra Italiana ha il diritto di poter procedere con tranquillità a questa mutazione. Ha diritto di ottenere la propria decriminalizzazione nella massima libertà. Ha il diritto di potersi ritenere anti razzista, democratica, rispettosa delle diversità a tutti i livelli. Non permetterlo da parte di tutti sarebbe grave ed ingiusto. Come se impedissimo il passaggio all’elettrico a quelle case automobilistiche che per decenni hanno progettato e prodotto motori inquinanti alimentati a benzina o diesel, criminalizzandoli e mettendoli al bando.
Certo il clamore che in questi giorni ha coinvolto l’europarlamentare di FdI Carlo Fidanza e la componente milanese del partito di Giorgia Meloni a ridosso di importanti competizioni elettorali, non fa ben sperare quanto ad uno sviluppo positivo della mutazione iniziata con la DC Romana di epoca sbardelliana. Non tanto per le scivolate goliardiche che per quanto estrapolate in particolari circostanze con un abile montaggio degli avversari politici sono e saranno sempre comunque aberranti, quanto per la superficialità e stupidità manifesta che getta un’ombra sulla capacità attuale di proporre una classe dirigente seria e competente che sappia essere di Destra e degnamente rappresentarne le istanze nel corso del nuovo millennio.