Dall’omicidio Meredith a Mafia Capitale: frustrazione per tanti delitti senza condanna
Dall’omicidio di Meredith, all’inchiesta “Mondi di Mezzo”: processi sempre più mediatici e meno capaci di rispondere agli scopi della Giustizia
Delitti senza condanna? Nella nostra società si verificano ogni giorno gravi fatti di sangue. Se ne parla troppo nei media, ma la reazione verso di essi è debole, così da generare un forte senso di frustrazione e di giustizia mancata.
I delitti nella statistica e nella percezione delle persone
Se si va a leggere le statistiche dell’ISTAT e del Ministero dell’Interno sui reati commessi negli ultimi anni, appare che gli omicidi sono in calo. Nel periodo 1990/92 sono stati 5 volte quelli di oggi. Sono diminuiti molto gli omicidi di tipo mafioso, a causa delle grandi inchieste condotte dai giudici Falcone e Borsellino, e delle tante condanne che ne seguirono.
Invece sono aumentati i delitti privati, anche se in calo statistico rispetto ai decenni precedenti.
Eppure, tutti i massmedia ci presentano una visione diversa, molto più pesante.
Certamente, ciò è dovuto al fatto che l’informazione è immediata, ripetuta più volte nell’arco della giornata e pone in risalto sempre i particolari più violenti e macabri dei fatti delittuosi.
Inoltre, quasi subito le reti televisive mettono in onda talk show con giornalisti ed esperti vari, che ripercorrono la dinamica di un fatto e la discutono, esponendo spiegazioni le più diverse.
In questa attività si è sempre distinta la trasmissione Porta a Porta di B. Vespa; ricorderemo tutti le lunghe puntate dedicate al delitto di Cogne, ad Olindo e Rosa, all’omicidio della studentessa Meredith Kercher. Da alcuni anni, su Rete 4 c’è una trasmissione interamente dedicata ai delitti, specialmente i più efferati, Quarto Grado di G.L. Nuzzi.
La nostra comune percezione della sicurezza e dei danni fisici e morali va oltre il mero dato quantitativo. In effetti, se è vero che delitti e crimini a danno dei singoli sono diminuiti dal punto di vista numerico, sembra altrettanto vero che ci sia stato un incremento qualitativo per l’abnorme ferocia e violenza che si esplica in essi, come nel caso di Willy.
Altri elementi sono la fredda determinazione, la pianificazione e la precisione con cui un omicida compie un delitto, come l’omicidio dei due fidanzati di Lecce.
Giustizia mancata o tradita. Alcuni casi esemplari di delitti senza condanna
Se poi si esamina il modo in cui si svolgono e si concludono tanti processi, si prova sempre l’impressione di una giustizia mancata.
Troppo spesso, anche in presenza di reati gravi, i giudici del Riesame concedono la libertà provvisoria o gli arresti domiciliari. Le sentenze di appello nel secondo grado riducono drasticamente la pena; anzi, spesso ribaltano il giudizio precedente ed assolvono l’imputato, dichiarandone la non colpevolezza, anche se sussistono gravi indizi del contrario.
La notte delle streghe; l’uccisione di Meredith
Un esempio particolare di stridenti contraddizioni è senz’altro la successione di processi avutasi nel caso dell’omicidio Kercher, avvenuto a Perugia nel 2007.
Meredith Kercher era una studentessa inglese venuta a studiare in Italia, all’università di Perugia, secondo le regole del progetto Erasmus. Lì aveva conosciuto l’americana Amanda Knox, con la quale condivideva l’alloggio, insieme ad altre due ragazze.
La storia è ben nota. La polizia trovò Meredeith morta, con la gola tagliata, la mattina del 1° novembre. Polizia chiamata dalla Knox e dall’amico di questa, Raffaele Sollecito.
Era trascorsa la notte di Halloween, di cui ci restano foto emblematiche di mascheramento sia di Meredith che di Sollecito. Come si sa, questa festività pagana sovrappostasi alla nostra cultura, è divenuta il pretesto per trasgressioni orgiastiche e macabre.
Il risultato di quella notte fu la tragica morte di Meredith.
Gli investigatori interrogarono Knox e Sollecito, dapprima come persone informate sui fatti, poi li arrestarono. Durante gli interrogatori rilasciarono di giorno in giorno versioni contraddittorie dell’accaduto. Condannati in I grado dopo due anni, furono poi assolti per non aver commesso il fatto e scarcerati nel 2011; fu condannato soltanto l’ivoriano Rudi Guede.
Di nuovo condannati in appello nel 2014 (28 anni e 6 mesi per Amanda, 25 anni per Sollecito), furono definitivamente assolti in Cassazione nel 2015. La sentenza però non dichiara l’innocenza dei due, ma semplicemente la difficoltà di provarne la responsabilità, a motivo di indagini della polizia condotte malamente e reperti probatori inquinati nel corso di esse.
Gli avvocati di Amanda fecero poi anche ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale, aggiungendo una specie di irrisione al mancato accertamento della verità, condannò l’Italia per “violazione dei diritti di difesa dell’imputata”.
Gioverà forse ricordare che la famiglia Knox fu appoggiata da Donald Trump. Inoltre, nella fase finale fu l’avvocato Giulia Bongiorno a difendere Amanda.
Il Mondo di Mezzo. Mafia capitale
Giustizia mancata, o addirittura stravolta, si verifica anche per i delitti della criminalità organizzata.
E’ il caso eclatante di Mafia Capitale, l’intreccio di interessi di organizzazioni criminali con quelli di imprenditori e politici a Roma.
Esso era stato denunciato con articoli di Lirio Abbate sull’Espresso nel 2012.
Dopo una lunga indagine, all’inizio del dicembre 2014, l’operazione di polizia denominata Mondo di Mezzo, secondo una definizione ascoltata nelle intercettazioni di Massimo Carminati, portò all’arresto di 37 persone. Altre 44 se ne aggiunsero l’anno successivo e molti altri furono indagati a piede libero.
In totale, furono rinviate a giudizio ben più di cento persone, tra le quali imprenditori, politici ed amministratori del Comune di Roma.
Tra loro anche il governatore Nicola Zingaretti, accusato da Buzzi di corruzione e turbativa d’asta, e l’ex- sindaco Gianni Alemanno indagato per corruzione e finanziamento illecito ai partiti.
A seguire, un lungo elenco di persone dell’amministrazione di destra di Alemanno e di quella di sinistra di Veltroni, a verifica del detto: pecunia non olet .
Secondo la definizione del Carminati, la società è divisa in:Mondo di sopra, quello dei politici e degli imprenditori; Mondo di sotto, reietti della società e piccoli criminali; ed infine, il Mondo di mezzo, costituito dal ristretto gruppo criminale dirigente, con a capo Carminati e Buzzi.
Massimo Carminati e la Banda della Magliana
Massimo Carminati, detto er cecato per aver perso un occhio in uno scontro a fuoco con la polizia,in gioventù era stato un terrorista di spicco dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, nazifascisti), amico di Cristiano Fioravanti.
Artefice, insieme ad altri, di attentati e rapine di autofinanziamento; a metà degli anni ‘70 si era legato alla Banda della Magliana e successivamente si era messo “in proprio”. Suo fu il progetto e l’attuazione della rapina al caveau della Banca di Roma (1999) all’interno del Palazzo di Giustizia.
Salvatore Buzzi era finito in galera, condannato a 30 anni per l’omicidio (con trentaquattro coltellate!) di un suo complice, che minacciava di ricattarlo per la sottrazione ripetuta di assegni alla banca presso cui lavorava.
A Rebibbia si distinse come “detenuto modello”, laureandosi in Lettere e Filosofia.
Il 29 giugno 1984 organizzò un convegno sulla vita dei detenuti e sulla necessità della riforma carceraria, cui assistettero diverse autorità politiche.
L’anno dopo fondò la cooperativa 29 giugno, che si proponeva la riabilitazione dei detenuti mediante il loro impiego in attività di utilità sociale. Nel 1994 fu graziato dal Presidente Scalfaro.
Nel 2014 Carminati e Buzzi furono arrestati, accusati di aver costituito un sodalizio mafioso che, con l’appoggio dei politici, gestiva gli appalti del Comune e delle Aziende municipalizzate, con interessi nella gestione dei rifiuti, dei centri di accoglienza degli immigrati e dei campi nomadi.
Inoltre, finanziavano cene politiche e raccoglievano voti per le elezioni.
Nel primo processo, svolto con rito abbreviato, agli imputati furono contestati i reati di estorsione, truffa, turbativa d’asta e associazione mafiosa, per cui gli inquirenti sottoposero Carminati e Buzzi al regime carcerario dell’art. 416bis.
Delitti senza condanna: pene ridotte e archiviazione per i politici
Alcuni, specialmente i politici, ottennero pene ridotte con il patteggiamento, altri furono archiviati.
Alla fine del processo di primo grado l’accusa di associazione mafiosa fu derubricata ad associazione a delinquere, in quanto, scrissero, mancavano gli elementi caratteristici come omicidi e intimidazioni. Successivamente, nel 2018, l’appello ribadì la sussistenza del metodo mafioso, che fu di nuovo negato,definitivamente, dalla Cassazione.
Quest’anno, dopo poco più di cinque anni di prigione ed una successione di riduzioni di pena, Carminati e Buzzi, sono tornati in libertà.
Il primo rivendica il suo passato fascista. Buzzi, la sua provenienza di sinistra, affermando di aver agito per aiutare gli svantaggiati. Ha pure scritto un libro, “Se questa è mafia”, in cui espone la sua verità sul periodo di Mafia Capitale.
La giustizia che non c’è. La frustrazione dei cittadini per i delitti senza condanna
Tanti altri casi si potrebbero ricordare, sia di delitti privati che di crimini commessi dalla criminalità organizzata, con esiti simili.
Sembra proprio che il “crimine renda”, cioè che il fatto delittuoso non sia mai veramente esecrato dalla società, né perseguito realmente dalla Giustizia.
Ciò alimenta nei cittadini un senso crescente di sfiducia nell’istituzione e negli uomini che amministrano la giustizia. In particolare, i familiari delle vittime provano prima il dolore della perdita, poi la delusione e lo strazio per la mancata condanna dei colpevoli, o per una condanna così lieve che appare un’irrisione alla memoria del caro congiunto.
Così si arriva a pensare che il comportamento onesto non giova al singolo e che i criminali scampano la giusta, severa punizione, perché protetti dai soldi e dalla politica.
A qualcuno magari viene la voglia di farsi giustizia da solo.
Questo clima viene spesso alimentato ad arte da politici di diversi schieramenti, giornalisti ed intellettuali, a volte per sentita vicinanza ai cittadini, ma molto spesso per motivi strumentali.
Vengono criticati e duramente attaccati i magistrati che applicano le leggi e i codici sanciti dal Parlamento.
Alle critiche politiche, più o meno corrette, si aggiungono quelle più triviali dei social e degli ex-detenuti in cerca di riscatto-vendetta. Tornato in libertà, Buzzi ha dichiarato ad un giornalista che il CSM ( il Consiglio Superiore della Magistratura) “funziona” come funzionava Mafia Capitale, paragonandosi a Palamara nel modo di procurare favori.
La presunzione d’innocenza e la funzione rieducativa del carcere
Ma come si è arrivati a questa situazione?
Negli ultimi decenni c’è stata una vasta trasformazione del diritto,fondata sul presupposto della presunzione d’innocenza: cioè, l’accusa deve dimostrare nel processo la colpevolezza dell’imputato.
Mentre prima accadeva quasi il contrario: era la difesa che doveva dimostrarne l’innocenza, poiché si riteneva già abbastanza veritiera l’istruttoria.
Così l’avviso di reato diventò avviso di garanzia; l’imputato non poteva più essere interrogato in assenza del suo avvocato, etc.
Certamente c’erano delle storture da correggere nei codici che avevamo ereditato da un passato autoritario (il codice Rocco, per es.); ma era anche da modificare la mentalità ed il modo di agire di coloro che incarnano la legge, pubblici ministeri e magistrati.
Inoltre, bisognava cercar di fare in modo che il carcere non avesse una funzione meramente punitiva, ma offrisse anche percorsi di riabilitazione.
Queste erano idee che avevamo ereditato in parte dalla cultura illuminista, in parte dalla nostra tradizione cristiana.
Nell’attuazione delle riforme però siamo andati molto oltre quelle legittime aspirazioni. Al punto tale che oggi non consideriamo colpevole neppure chiunque venga preso in flagranza di reato; il processo dovrà dimostrarlo.
Ciò perché dietro le innovazioni c’è stato un retroterra culturale di sociologia, criminologia e antipsichiatria che ha affermato con forza l’origine sociale di ogni crimine e devianza, eliminando così radicalmente la volontà e la responsabilità della singola persona.
Per la psichiatria, basti pensare alla teoria di David Cooper e a quella di Basaglia.
Si confonde spesso il capire con il giustificare
Partendo da quei presupposti ogni comportamento, ogni azione, anche la più deviante e delittuosa, va analizzata a posteriori per capirne le motivazioni. Ma, se si afferma l’influenza dominante dei rapporti sociali o la meccanicità delle reazioni psichiche, ne deriva che l’individuo non è responsabile in pieno delle sue azioni. Quindi, si confonde il capire con il giustificare.
Perciò, non avrebbe senso la condanna della legge positiva (peraltro alterata, come già detto) né quella morale della comunità o del singolo.
L’effetto più deleterio di tutto ciò è proprio l’evaporazione del più elementare senso di giustizia che può albergare nella coscienza di ogni uomo, che può portare all’accettazione passiva e perfino alla connivenza sociale verso ogni aberrazione.
Occorre perciò ridiscutere le certezze che ci hanno condotto a questo punto.
La comunità ed i singoli hanno il dovere di difendersi, ed il diritto di giudicare se stessi e gli altri.
Occorre sanzionare nella maniera più adeguata gli atti lesivi della dignità e del benessere.
Si deve prevedere ed attuare il recupero per chi sbaglia, ma non ci si può disarmare di fronte alla violenza. Non tutti coloro che delinquono possono essere recuperati alla solidarietà sociale: non si può accettare che Caino continui ad oltraggiare il corpo di Abele.
Certamente, l’adeguatezza della pena è un grande problema; se si potesse riproporre la pena massima, quella di morte, per i delitti più efferati, cosa si dovrebbe pensare per chi riduce in schiavitù o conduce alla morte interi popoli?
Possiamo consolarci con la Giustizia Divina futura. Però, qui ed ora, come difendiamo i più deboli,se non noi stessi?
Come si può costruire una società solidale senza giustizia?