Dario Vero, musicare “The Inglorious Serfs”: Spaghetti Western all’italiana in salsa orientale
L’intervista a Dario Vero, creatore della colonna sonora di “The Inglorious Serfs”, la musica come linguaggio universale tra Occidente e Oriente
L’intervista a Dario Vero, creatore della colonna sonora di The Inglorious Serfs.
Dario Vero, una grande sfida artistica
The Inglorious Serfs ti ha dato la possibilità di coordinare 88 musicisti diversi, per giunta a distanza. La grande sfida della tua carriera fino ad oggi?
Un’esperienza incredibile. Una grande sfida. Ma non credo sia stata la grande sfida della mia vita. Precedentemente sono stato coinvolto in progetti altrettanto straordinari, ma con condizioni complicatissime e tempistiche impossibili. Direi che “The Stolen Princess” è stata, fino ad ora, la grande sfida della mia carriera. Un delirio sinfonico da scrivere e portare a casa in tempi da record. Mi ricordo che ho finito di scrivere le ultime parti per orchestra in aereo, poco prima di atterrare. Si può ascoltare su tutte le piattaforme digitali e quel film, uscito in 52 paesi tra il 2018 e il 2019, penso uscirà in Italia (ultimo territorio mancante) nel 2021 con distribuzione Rai.
Dario Vero: “Bilanciamento adeguato tra Est e Ovest”
Gli spaghetti western della tradizione italiana, aromatizzati in salsa orientale. Un’unione che passa dalla musica e crea qualcosa di nuovo. Quali sono le difficoltà nell’unire due tradizioni così diverse?
Le difficoltà in una colonna sonora come questa sono tutte nell’orchestrazione. Devi trovare il bilanciamento adeguato. Che non penda troppo a est ne a ovest. Se esageri con l’orchestra tutto ti suona molto occidentale. Se calchi la mano con gli strumenti etnici ottieni un effetto che non si addice al sound di un film del genere. E allora la chiave, perlomeno la mia, è stata quella di “scavare” e ricavare degli spazi per poter ospitare alcuni suoni “unici”. L’orchestra è uno strumento. Della buona orchestra puoi apprezzare non il singolo strumento, ma l’amalgama di tutti gli strumenti. Tanti organi formano un corpo, un individuo. Gli strumenti sono gli organi e l’individuo è l’orchestra. Ho ragionato così e ho sovrapposto nell’esecuzione strumenti diversi tra loro che hanno dato vita a suoni originali, unici.
Accoppiando in unisono mandolino, koto, arpa, clavicembalo, dei bicchieri da vino (usati come percussione) e un shakuhachi ho plasmato un timbro unico, che spesso si sente chiaramente in temi come “karate kid”, (la traccia 10 di questo disco). Poi, tutto intorno, il suono dell’orchestra, che avvolge alla grande. Ho avuto l’opportunità di allargare la tavolozza dei colori a mia disposizione e l’ho fatto, divertendomi molto !
Dario vero e la collaborazione con Tina Guo
La collaborazione con Tina Guo è solamente la più prestigiosa delle tante di The Inglorious Serfs. Come ti sei trovato?
Mi sono trovato molto bene; tant’è vero che il sodalizio si rafforza! A breve la ospiterò ancora per un’altra colonna sonora. “I Will Always Love you” è stato il primo brano su cui abbiamo lavorato e abbiamo entrambi subito capito che stavamo facendo qualcosa di fantastico. Mi ha fatto molto piacere che lei si sentisse coinvolta nel progetto. Tina viene dalla Cina e conserva nel cuore tradizioni, suoni, sapori e colori della sua terra; anche se vive negli States da moltissimi anni. Quindi avere una solista del genere è stata una extra weapon !
Chi meglio di lei ? Non solo la violoncellista di tutti i più grandi kolossal della Hollywood degli ultimi 20 anni, ma anche un’eccelsa Erhuista. L’Erhu è uno strumento tradizionale cinese. Difficilissimo da suonare. Risponde alle stesse logiche del violoncello. E Tina lo suona magistralmente. In “The Japanese Master” l’esecuzione del tema con l’Erhu è veramente da brividi. Tamburi Taiko, Erhu, Koto e tanti altri strumenti della tradizione orientale.
Qual è il segreto per imparare a conoscerli e gestirli in così poco tempo?
Non penso ci sia alcun particolare segreto. Strumentazione, orchestrazione e composizione sono state sempre le mie materie predilette, anche ai tempi del conservatorio. Gli strumenti orientali li avevo approfonditi anni fa, perché mi affascinano. In un paio di occasioni avevo avuto l’opportunità di scrivere per Koto e Taiko. Chiaramente questa è stata l’occasione perfetta per rispolverare le mie conoscenze in materia ! Inutile dire che non si smette mai di imparare in questo campo.
La musica è linguaggio universale
Il linguaggio della musica è universale, ma quanto hanno inciso le difficoltà linguistiche per coordinare un’orchestra così disparata e culturalmente distante?
Poco, pochissimo. La lingua in comune è sempre quella della musica, della partitura. Ogni volta che sono a contatto con orchestre e musicisti provenenti dai posti più disparati del mondo non faccio mai fatica a comunicare. Conoscere l’inglese aiuta molto, ma solo per piccole indicazioni pratiche. Parlo bene inglese, parlo francese, non parlo ne cinese ne giapponese (ma imparare il cinese è tra i miei prossimi obiettivi) e da qualche tempo studio (e mi faccio capire) russo e ukraino.
Ma, più importante, parlo italiano. Volendo comunicare, al di la dei segni grafici sul pentagramma, incredibile ma vero, la lingua che risulta essere più utile e più spendibile è l’italiano. Le indicazioni si danno sempre in italiano; andante, allegro, forte, fortissimo, mezzo forte, piano, pianissimo, sonoro, cantabile, pizzicato, con arco. La cosa buffa è che quando sono in America sono costretto a pronunciare le parole italiane con l’accento americano. Idem in Ukraina, Francia ecc!