Datemi uno swing o un po’ di Joni Mitchell
Eppure sbagliamo, eppure ci innamoriamo, più spesso di quanto non vorremmo
‘’Non starò più a cercare parole che non trovo / per dirti cose vecchie con il vestito nuovo, / per raccontarti il vuoto che, al solito, ho di dentro / e partorire il topo vivendo sui ricordi, / giocando coi miei giorni, col tempo’’. Francesco Guccini, ''Canzone quasi d’amore''.
Sarà che da ragazzina ascoltavo Francesco Guccini e mi beavo e, al contempo, mi intristiva e ritrovavo le mie tristezze assieme alle sue, ma Guccini è oggi un senescente saggio (?) che vive con la moglie più giovane, credo abbastanza sereno e acclamato, giustamente, dai molti ammiratori, e allora anch’io voglio un lieto fine. Datemelo senza opporre resistenza, anche se dovrò fare 30 anni di psicoterapia, datemi una soluzione che valga per tutto, un per sempre e vissero felici e contenti.
Così come la sfortunata Bjork nel film ‘’Dancer in the Dark ‘’amava i musical, perché va a finire sempre tutto bene e poi la uccidono sulla sedia elettrica, così io adoro le commedie americane, dalla Hollywood in bianco e nero a quelle di Nora Ephron, attraversando le serie tv "Sex and The City" e "Gilmore Girls". Nora che ci ha rovinate con Louis Armstrong in sottofondo, le stagioni di New York e le matite ben temperate.
Regalatemi lo swing di Frank Sinatra, la big band con innumerevoli fiati, perché, senza, la vita è troppo grigia e ‘’non significa nulla se non ha quello swing’’, come la canzone di Duke Ellington. Eppure nel mondo cinico in cui viviamo, fatto di relazioni occasionali, in cui non ti puoi concedere un bacio sulle labbra o una parola in più: mi sei mancato, mi piacerebbe rivederti, o inviare un sms, una email, senza sentirti una completa idiota, un caso umano o un’appestata, vince solo e sempre chi fugge e con disincanto, purché, appunto, rimanga solo.
‘’Tutto ormai si svolge come se l’espressione diretta di un sentimento, di una emozione, di una idea sia diventata impossibile, perché troppo volgare. Tutto deve passare attraverso il filtro deformante dell’ironia e del distacco’’ ha detto uno dei migliori scrittori francesi contemporanei, Michel Houellebecq, ex cinico. Anche noi donne, sempre più spesso, confondiamo l’emancipazione con l’incarnazione dello scaricatore di porto.
Non tutte, certo, ma molte fanno la conta a chi ha fornicato di più, meglio se aggiungiamo al ‘’curriculum’’ qualche avventura lesbica o a tre, quattro. Non sono una moralista, non starò qui a dire che il sesso non sia una grande forma di conoscenza e di comunicazione tra individui consenzienti e maggiorenni, ma mi pare che negli ultimi decenni ci sia una competizione in corso a chi prova meno sentimenti dell’altro. Se poi su Facebook sei bella e dannata e in bikini, hai avuto i tuoi cinque minuti di irraggiungibilità, quindi di desiderio altrui, ancora meglio e vai di ‘’like’’.
Eppure sbagliamo, eppure ci innamoriamo, più spesso di quanto non vorremmo e imporrebbe la nostra beneamata logica, di un’idea, di una città, di un uomo, di una canzone, di una malinconia, di una frase. E pure se, come scrive e canta Joni Mitchell, devi esser pronta a sanguinare (in ‘’Case of you’’), e io, credetemi, ho sanguinato, come tutti metaforicamente, ma anche fisicamente, l’emorragia gastrica ha bussato al mio stomaco venti giorni prima del fatidico ‘’sì’’, voglio dormire in un letto di fiori, parafrasando John Keats e Robert Smith, per poi svegliarmi danzando lo swing come Frankie Manning e Norma Miller.
‘’It don't mean a thing, if it ain't got that swing / (doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah) / It don't mean a thing all you got to do is sing / (doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah, doo-ah)’’.
* Pubblicato da Mariagloria Fontana su Le Città delle Donne.it