Davigo condannato: la legge (anche del contrappasso) è uguale per tutti
15 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio all’ex magistrato, che ha già preannunciato appello: anche se diceva che non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti
Piercamillo Davigo è stato condannato a 15 mesi con sospensione condizionale della pena, non menzione della condanna nel casellario giudiziale e concessione delle attenuanti generiche. L’ex magistrato era imputato per rivelazione di segreto d’ufficio in merito ai verbali (secretati) di Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, sull’esistenza della presunta “Loggia Ungheria”. E, anche se ha già anticipato l’intenzione di presentare ricorso, sembra proprio incarnare l’aforisma di Pietro Nenni sul puro «più puro che ti epura».
La condanna di Davigo
Una doverosa premessa: per chi è garantista, un accusato è sempre innocente fino a verdetto passato in giudicato. Vale anche per Piercamillo Davigo, nonostante lui pensi che «non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti». Principio che, evidentemente, l’ex Pubblico ministero del pool di Mani Pulite non ritiene di dover applicare a se stesso, ma soprassediamo.
Al netto dell’ipocrisia, infatti, resta il fatto che il Nostro è stato condannato dal Tribunale di Brescia, come riferisce Rai News, solo in primo grado. E i suoi difensori, aggiunge l’ANSA, hanno già preannunciato appello contro una sentenza “Amara” proprio come il faccendiere siciliano eponimo. Le cui dichiarazioni alla Procura di Milano, come sintetizza La Repubblica, sono all’origine dell’affaire.
Una sentenza “Amara”
“Colpa” del Pm meneghino Paolo Storari che, come ricorda Il Giornale, all’epoca del lockdown ebbe l’impressione che i vertici del suo ufficio stessero frenando le indagini. E, per autotutelarsi, aveva consegnato il dossier a Davigo, che gli aveva assicurato che il segreto investigativo non è opponibile ai membri del Csm, com’era lui allora. Una “liberatoria” che, scrive il Corsera, ha già portato all’assoluzione definitiva dello stesso Storari (con rito abbreviato) proprio nel presupposto che questi fosse stato tratto in errore.
In effetti, il Dottor Sottile ha sempre richiamato una circolare dell’organo di autogoverno delle toghe, che però si applica ai procedimenti penali contro i magistrati. Sulla base della sua singolare interpretazione, l’ex Presidente dell’ANM, come ricostruisce Il Riformista, divulgò le carte a undici persone sia interne che esterne al Consiglio Superiore della Magistratura.
Il suo scopo, però, sarebbe stato quello di screditare l’allora collega a Palazzo dei Marescialli Sebastiano Ardita, menzionato da Amara come componente della sedicente organizzazione massonica. Il quale, divenuto nel mentre Procuratore aggiunto a Messina, avendo da tempo smentito le illazioni con prove concrete, non sorprendentemente si era costituito parte civile. E ora, conclude TGCom24, ha ottenuto 20.000 euro di risarcimento, che si aggiungono alle altre sanzioni comminate a Davigo.
Il paradosso nel paradosso è che l’idolo dei manettari è co-autore, proprio insieme ad Ardita, di un libro significativamente intitolato “Giustizialisti”. Alla fine, però, parrebbe proprio vero che la legge è uguale per tutti: anche quella del contrappasso.