Decreto scuola: sospesa l’adolescenza, promossi a scuola
L’unica arma che abbiamo è il buon senso e della riflessione: questo è il tempo del ‘che ne so’ e non di chi fa meglio cosa, ma di chi fa meno peggio…
Gentile collega Alessio Fuganti, in risposta al suo post del 3 aprile,
cari i proffs che condividono, sapete cos'è pippo 2.0? Condivido con lei come ovvio che sia, il riconoscere la straordinarietà del momento, condizione attuale del tutto fuori ogni programma preventivamente ipotizzabile. Dai virologi ai politici e dalla società civile tutta una esterrefatta posizione di impreparazione, di incapacità, di prese di posizioni imposte o tarde, di sottovalutazione della chiara capacità di questo virus: l’imprevedibilità e la velocità con cui uccide anche. Sì, si muore e lo sa.
L’unica arma che abbiamo è il buon senso e riflettere: questo è il tempo del ‘che ne so’ e non di chi fa meglio cosa ma di chi fa meno peggio. Tutti siamo impreparati, presi in contropiede e non ci sono contro misure perché non esistono e le stiamo costruendo insieme nel momento in cui dialoghiamo.
Chi subisce pesantissimamente questi mesi, che saranno troppi, sono i nostri giovani, gli adolescenti in primis. Ai ragazzi è tolto il bene più prezioso per l’adolescenza: crescere nell’incontrarsi, il socializzare, lo stare insieme e conoscersi anche e proprio a scuola. Lo stress è alla massima potenza e l’ultima volontà è di farlo deflagrare con una ansia inutile da perpetrare ancora: si doveva tenerla alta e non sapere del loro futuro? A che pro? Sono i più colpiti, stanno con gli attacchi di panico, relegati, reclusi in casa con ansiolitici e lacrime, con genitori spaventati e soli e in più pure imposizioni di compiti pseudo digitali, perché?
Ma il problema che solleva qual è? La validità del suo lavoro di un mese o i giovani che non studiano? Che lei non abbia perso tempo a imparare quello che noi abbiamo imparato in questi ultimi venti anni e con cui siamo nel tempo o che i ragazzi possano divertirsi a conoscere per il lieto scopo di scoprire liberamente nei tempi scolastici comunque da frequentare? Per ogni aspetto della vita civile tutti, nessuno escluso, non per colpa ma per necessità di cui virtù più o meno si vedrà, tutti ripeto, ci siamo trovati ad affrontare il nuovo devastante. Dunque? Quale momento migliore per noi di tirar fuori quello che siamo? Quelli che non potranno mai studiare la Divina Commedia sul Tablet ma che sanno di poterne avere la disponibilità su Internet; quelli in cui il libro è ancora letto fortunatamente; il popolo non programmato e non programmabile; del non fare oggi quello che posso fare domani in contrapposizione all’idea della programmazione di crescita robotica che vuole tutto perfetto incasellato al centesimo come se fosse una scatola Ikea. Noi non siamo così. E nella nostra specificità sappiamo tirare fuori il meglio.
Oggi è vero, abbiamo gente al governo che fa prima gli annunci e poi i decreti ma non è il nostro vero discorso: annunciare oggi prima di Pasqua la promozione a tutti e addio on line al lavoro forzato? Integrate e non sostituite sono state le tecnologie didattiche che dal 2000 sono la trasformazione vera non solo degli ambienti di classe ma della comunicazione didattica. La scuola e gli insegnanti hanno avuto venti anni di tempo per: conoscere, capire, sperimentare, utilizzare, integrare la propria didattica nella novità del linguaggio dell’ apprendimento dei ragazzi del secondo grado soprattutto. Scegliere tra il tempo di riflessione nel cancellare la frase col gessetto o rispondere insieme ad un webquest.
Da venti anni formiamo i colleghi e invitiamo i dirigenti alle strategie per dotarsi di strumentazione tecnologica, di cablatura, di oggettistica multimediale, messi a disposizione da decenni, c’è di tutto e di più con pedagogiche linee guida e capendo come le varie intelligenze siano catturate partendo proprio dall’illustre Gardner ed altri. Ci siamo smenati con la formazione multimediale prima, poi interattiva, poi multimediale e interattiva fino a far capire l’utilità della classe rovesciata e non per la propria bravura informatica, che non interessa a nessuno, ma per la capacità di catturare l’attenzione degli studenti con il loro linguaggio non più lineare ma digitale! È lo studio di questi aspetti che dà le risposte e non infilare la presa diversa per ogni cavo nella giusta porta di collegamento. Non serve sapere solo come si usa Moodle ma sapere come comunicare con questi strumenti e che materiali passare, che unità didattiche utilizzare visto che sono diverse dal libro sotto il naso e chi non sa fare passa noiosissime fotocopie del libro, ma ci sta, va bene pure questo.
La trasformazione didattica è nella proposta di un materiale specifico, nell’ambiente opportuno, con una comunicazione specifica e la grandiosità di catturare l’attenzione in breve tempo e in profondità. La preparazione di 60 minuti di lezione on line con lavagna, interazione in diretta vuole la sua specificità e capacità. Ci sono classi che oggi si divertono a stare insieme nelle land del second life con avatar di sé e un’ insegnante che spiega e cattra l’attenzione con il compito di capire che il mondo connesso ha una virtualità specifica.
Una trasformazione non voluta dall'alto ma voluta perché i veri ricercatori sanno vedere ventenni prima l'andamento delle cose e in specifico la pedagogia dell'apprendimento nell'età evolutiva aveva visto giusto con la ricaduta nell'atteggiamento dei ragazzi, veloce, automatica, intuitiva, capace nell'usare un qualsiasi soft, certo dando risposte anche non consone: a me non è mai piaciuta l'idea del "nativo" digitale, relegando alla sola esistenza in un periodo specifico. No, io vedevo noi formatori capacissimi di poter trasferire cognizione e informazioni e capacità ai colleghi ed eravamo nati molto tempo prima. Infatti, finalmente ci ha ripensato cambiando la locuzione con il senso della veloce risposta ad un problema. Ecco questo è il vero dilemma. Si ricorda all'angolo dell'aula di scienze lo scheletro bianco per lo studio delle ossa del corpo umano? Noi lo chiamavamo pippo, li stava e lì lo ritrovavamo, con la stessa espressione indifferente.
Le spiego pippo 2.0: per molte scuole, spesso in biblioteca o magari proprio nell'aula di scienze sbagliando destinazione, la trovi lì senza espressione ed è la Lim. Vuoi per nessuna voglia, vuoi per ideologia invasiva, vuoi per idiosincrasia. Essa, però era veicolo per qualcosa di più nella nostra professione. Troppi adulti ancora non lo accettano, seduti sulla sicurezza dell’abitudine e non lo capiscono perché non lo hanno mai voluto capire. È il mondo giovane, il linguaggio dei giovani di spirito non di età e la velocità intuitiva è il vero punto di differenza tra noi e gli altri e non tra gli adulti e i giovani.
Le posso garantire che gli studenti non godono di una promozione così, i nostri giovani hanno l’atteggiamento del ‘perché fare oggi se lo possiamo fare domani’, ma ora sanno dire ‘facciamolo ora che qualcosa facciamo’. Non sono programmati a seguire un algoritmo di lavoro come in Amazon. Sono liberi di saper pensare. Alla fine, non sarà valutato un dirigente che non ha saputo cavalcare i tempi, neanche un insegnante che non sa fare, certo è che il periodo è propizio per approfondire e capire direttamente, che l’esperienza artigianale fantastica, tutta nostra, anche digitale, ce lo ritroveremo e ci farà capire che da docenti abbiamo un ventaglio di possibilità per un periodo di trasformazione come fino ad ora e tragico oggi.
Sarà difficile invece dare una valutazione ad un adolescente recluso e prigioniero a cui è morto per il virus, il papà.
*Prof. ssa Nunzia Latini