Di Cataldo, il dolore? “Una ragione di più”
Dalla strumentalizzazione della sua storia personale ai nuovi progetti discografici
Si presenta col look di uno che chiameremmo “bello e dannato”, capelli un po’ spettinati, barba incolta. E la sua chitarra, bianca. L’aspetto è più sereno, ora che tutto è finito. Massimo Di Cataldo ci parla della sua esperienza col cuore in mano: l’estate scorsa, la sua compagna aveva pubblicato su Facebook delle foto che la ritraevano col volto livido, con le quali denunciava Di Cataldo di averla picchiata, e di averle addirittura procurato un aborto. Quelle foto hanno fatto il giro del web, i giornali hanno perfino dimenticato la regola base del beneficio del dubbio: tutto era contro Massimo. Lui era colpevole, senza ombra di dubbio. Poi, i mesi sono passati, ed è giunto anche un referto medico a mettere a tacere le chiacchiere da web: non ci sono segni di soprusi, né di procurato aborto.
Massimo, credi di esser stato tu vittima di un sopruso a tua volta? “Facebook in questo senso può essere un’arma letale: ognuno può scrivere qualunque cosa e contro chiunque, e non c’è filtro, non c’è controllo, non c’è una sorta di legiferazione in questo senso”, ci racconta. Un social network può rovinare la vita delle persone con pochi click. “Non si può dire che sul web si scrive solo ciò che si pensa, perché Facebook è un’agorà virtuale. Quindi bisogna vedere in quanti poi leggono ciò che scriviamo, e come viene recepito dagli altri. Si rischia di scadere in forme di diffamazione non indifferenti”.
Da parte sua, Massimo Di Cataldo ci racconta di aver fatto di tutto per cercare di dire la verità senza ricorrere a strumenti altrettanto spiacevoli, come la querela. “Ho tentato di dire il mio punto di vista senza complicare di più le cose. Ma è stato difficile, soprattutto perché di mezzo c’era il rapporto con una persona a cui avevo voluto molto bene. Per cui ho cercato di farle capire che aveva sbagliato, ma non ho voluto querelarla. In questo modo ho cercato anche di salvaguardare la nostra bambina, che resta la cosa più importante”.
Per uno come Massimo Di Cataldo, quest’esperienza rischia di essere traumatica non solo dal punto di vista umano, ma anche da quello artistico. “Artisticamente ho sempre avuto molto da dire – ci racconta – Forse oggi ho ancora qualcosa in più da raccontare. Nei miei testi c’è sempre molta verità, e ora c’è anche una parte di me ferita che vuole rinfrancarsi e provare a trasmettere anche un senso di positività. E’ stato un periodo davvero brutto e difficile e in questo senso la musica è la mia cura”.
La vicenda che ha travolto Massimo Di Cataldo, si è presentata in un momento in cui nel nostro Paese si fa un gran dire della violenza sulle donne. Pochi mesi fa, è stata anche approvata una legge sul femminicidio. A questo proposito, Massimo ci spiega come la sua storia sia stata strumentalizzata. “E’ facile in situazioni del genere trovare un capro espiatorio, il cattivo, il mostro. In questo caso, poi, il mostro ero io: uno che, tutto sommato, è sempre stato amabile, che ha sempre cantato l’amore e i sentimenti. Sembrava di aver scoperchiato il vaso di Pandora”. Una notizia sfruttata. E “sfruttata in malo modo – sostiene – perché ha fatto comodo a chi stava cercando di veicolare certi messaggi”.
Oggi, quindi, possiamo dire che Massimo Di Cataldo è stato vittima di un’ingiustizia. Ma come ci si sente? “Bisogna lottare – ci spiega – L’opinione della gente è labile. Anche se le persone che mi conoscono realmente per quello che sono non hanno mai avuto dubbi, sin dall’inizio. Ma il Paese è molto grande, e la vicenda poi ha scavalcato i confini dell’Italia ed è arrivata anche all’estero, dove sono molto conosciuto”.
Ciò che è curioso e particolare, è che mentre il web affondava Di Cataldo, le associazioni che combattono per la difesa dei diritti delle donne – o almeno alcune di queste – hanno mostrato la loro vicinanza e la loro solidarietà al cantautore romano. “A breve ritirerò una sorta di encomio, sono diventato socio onorario di ‘Senza veli sulla lingua’ (associazione per le donne, ndr)”. Perché il messaggio che quest’associazione vuole veicolare è che le donne che si trovano in reali situazioni spiacevoli, le donne che sono vittime di soprusi, devono rivolgersi alle autorità competenti, e non denunciare i fatti su Facebook.
“Ho avuto la netta impressione – spiega ancora – che da parte sua ci fosse l’intenzione di farmi del male, e questo è molto sciocco. Oltretutto il suo gesto rischia di mettere in difficoltà tutte quelle donne che davvero subiscono violenze”.
Tutta questa storia, presto diventerà un album. Del quale, forse, prima dell’estate uscirà un singolo. “Sono tutte canzoni che raccontano il mio vissuto interiore in merito a questa vicenda, la mia esperienza, il mio personale dolore. Ma raccontano anche la forza che è necessaria per andare avanti”.