Diritto di sciopero e trasporti: il silenzio dei confederali e la battaglia dei sindacati autonomi
È il momento di schierarsi con chi ha davvero difeso i lavoratori e non con chi ha lasciato che il loro diritto alla protesta venisse smantellato senza opporre resistenza
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Nel settore dei trasporti ferroviari, il diritto di sciopero si sta trasformando in un privilegio concesso con il contagocce, anziché in un’arma di tutela per i lavoratori. La recente stretta imposta dalla Commissione di Garanzia ha di fatto svuotato di significato lo sciopero, riducendolo a un atto simbolico che non ferisce le aziende e non crea le condizioni per una trattativa contrattuale equa. Ma mentre alcuni sindacati hanno alzato la voce per difendere il diritto fondamentale alla protesta, i tre maggiori sindacati confederali—FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL Trasporti—hanno scelto il silenzio, un’inerzia che ha il sapore della complicità.
Quando il diritto di sciopero diventa una farsa
La Commissione di Garanzia ha riscritto le regole, ampliando i servizi minimi fino a renderli di fatto servizi massimi, togliendo ai lavoratori ogni reale possibilità di esercitare una pressione efficace sulle aziende. Il risultato è stato uno sciopero addomesticato, che non incide, non danneggia e soprattutto non obbliga le controparti a sedersi al tavolo negoziale con la dovuta serietà.
A opporsi fermamente a questo stravolgimento delle regole sono stati FAST-Confsal, ORSA e UGL Ferrovieri, che non si sono limitati alle dichiarazioni di principio, ma hanno agito concretamente. Hanno impugnato la delibera davanti al TAR del Lazio, hanno proclamato scioperi, hanno aperto un fronte di battaglia chiaro e diretto contro chi sta tentando di azzoppare il potere contrattuale dei lavoratori.
E FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL Trasporti? Nulla. Silenzio. Immobilismo. Un’assenza pesante che ha permesso alla Commissione di muoversi indisturbata, riscrivendo a proprio piacimento le regole dello sciopero nel settore ferroviario.
Sindacati confederali tra calcolo politico e finta mobilitazione
Solo quando la protesta portata avanti dai sindacati autonomi è diventata troppo visibile per essere ignorata, quando i lavoratori hanno iniziato a interrogarsi sulla loro reale rappresentanza, allora i confederali hanno improvvisamente riscoperto la necessità di alzare la testa.
Ma la loro tardiva mobilitazione appare più come un’operazione di facciata che un vero atto di resistenza. Hanno atteso troppo a lungo, lasciando che la Commissione di Garanzia definisse nuove restrizioni senza opporre alcuna resistenza, ed è solo davanti al crescente dissenso interno che si sono affrettati a correre ai ripari.
L’apertura delle procedure di raffreddamento separate, annunciate dai confederali con grande clamore, è solo l’ultimo capitolo di questa messinscena. Una mossa che arriva dopo che l’AD del Gruppo FS, Stefano Donnarumma, ha dichiarato pubblicamente che la vertenza contrattuale sarebbe stata chiusa in un paio di settimane. Più che una vera rottura, un’azione priva di conseguenze, utile solo a dare l’impressione di una contrapposizione che nei fatti non esiste.
Perché mai queste procedure non sono state avviate prima? Perché aspettare che il diritto di sciopero fosse già compromesso? E soprattutto, perché proclamare una finta crisi negoziale quando, fino a ieri, i comunicati congiunti degli stessi sindacati descrivevano la trattativa come interlocutoria e priva di strappi?
La risposta è chiara: il loro immobilismo ha smesso di essere sostenibile. Il dissenso cresce, i lavoratori vedono il tavolo del rinnovo contrattuale sempre più sbilanciato a favore delle aziende e si chiedono da che parte stiano realmente i sindacati che dovrebbero tutelarli.
Chi difende davvero i lavoratori?
Mentre i confederali si muovono con un tempismo sospetto, cercando di recuperare terreno nella percezione pubblica, FAST-Confsal, ORSA e UGL Ferrovieri continuano a tenere la barra dritta. Hanno scelto l’azione concreta, non il gioco di palazzo. Hanno impugnato la delibera che ha mutilato il diritto di sciopero, hanno portato avanti una mobilitazione vera e coerente e hanno difeso con forza le rivendicazioni salariali e normative legate al rinnovo contrattuale.
Perché qui sta il vero nodo della questione: uno sciopero depotenziato rende il tavolo contrattuale squilibrato, priva i lavoratori dell’unico strumento di pressione reale a loro disposizione e lascia le aziende libere di dettare le proprie condizioni.
E mentre FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL Trasporti recitano il copione della tardiva indignazione, i sindacati autonomi si stanno battendo con i fatti, senza proclami di facciata, senza accordi sottobanco, senza farsi intimidire da imposizioni che puntano solo a svuotare il potere di contrattazione dei lavoratori.
La differenza tra chi lotta e chi tace
Il settore dei trasporti ferroviari è oggi al centro di una battaglia capitale. Non solo per il rinnovo contrattuale, ma per il diritto fondamentale di scioperare. Da una parte ci sono FAST-Confsal, ORSA e UGL Ferrovieri, che stanno opponendo una resistenza concreta, fatta di azioni legali e di mobilitazioni reali. Dall’altra, i sindacati confederali, che si sono mossi solo quando il loro immobilismo è diventato imbarazzante, troppo tardi per essere credibili, troppo timidamente per essere efficaci.
Ora è il momento della coerenza. È il momento di schierarsi con chi ha davvero difeso i lavoratori e non con chi ha lasciato che il loro diritto alla protesta venisse smantellato senza opporre resistenza. Perché quando il diritto di sciopero viene svuotato, il prossimo passo è la resa totale sul piano contrattuale. E questa, per i ferrovieri, sarebbe la sconfitta più grande.