Donna uccisa da rottweiler, dottor Polverini: “Non ha sbagliato il cane. Se vuoi una guardia, usa l’allarme”
“Un cane non è un oggetto. Bisogna renderlo socialmente accettabile”
La notizia della donna sbranata da un rottweiler ha in effetti rilanciato l’allarme. Quanto sono pericolose determinate razze di animali? Quanto nello specifico i rottweiler?
La necessaria formazione
Siamo soliti considerare i cani i migliori amici dell’uomo e in effetti per molti versi è cosi. Alcune razze però, tra cui i rottweiler, possono anche manifestare una pericolosità in assenza di un’adeguata formazione. Sono cani protettivi e sia da guardia che d’attacco.
Naturalmente sono molto territoriali. E’ importante ricordare comunque che certe tendenze naturali possono apparire in modi drastici e pericolosi. Sono segni o sintomi sottili e a lungo termine, oppure improvvisi e imprevedibili. Alcune motivazioni che ne determinano il comportamento possono essere riconducibili al fatto di essere stati originariamente allevati come cani da guardia o da lavoro.
Abbiamo intervistato il Dottor Luigi Polverini, per comprendere meglio le dinamiche del caso che ha portato alla morte di una donna. Il dottor Polverini è terapeuta del comportamento animale ed esponente principale in Italia del metodo cognitivo-comportamentale applicato alla terapia sugli animali. Diverse le sue pubblicazioni all’attivo.
Dottor Polverini, i rottweiler sono davvero degli animali cattivi? Ci sono in generale degli animali che si possono definire cattivi?
“La mia risposta è no. Il problema non è la razza, i rottweiler o altri molossoidi. Il problema è che tanta gente li prende perché ha un’idea della relazione col cane, che usa come prolungamento di se stesso. Quasi sempre i loro comportamenti sono frutto delle abitudini che questi cani vivono.
Il cane evidentemente si è trovato questa donna, che ha ritenuto essere estranea, nel suo contesto e territorio, nel momento in cui il suo padrone era assente e il cane ha reagito di conseguenza. Magari in seguito a qualche gesto interpretato come inconsulto, fatto dalla signora. Ha reagito in funzione di un isolamento sociale che ha sempre avuto”.
Molti però adottano questi cani perché possano proteggerli. Allora forse è perché considerano una certa dinamica comportamentale più forte, rispetto a quella di altri esemplari?
“Se punti alla guardia ti prendi un sistema d’allarme. Che ti protegge più efficacemente rispetto alle possibilità di un cane. Noi parliamo di relazioni che vedono i cani come oggetti da sfruttare, non come soggetti viventi. E’ assolutamente folle. Nel mio ultimo libro, Psicologia interspecie, affronto questa dinamica. Bisogna rendere la gente responsabile“.
Ci sono ancora delle dinamiche da chiarire. Ma può esserci stato qualcosa, un comportamento errato da parte della signora e se sì cosa?
“La signora ha avuto dei comportamenti normali, interpretati però come minacce. Un cane che deve fare la guardia, vive in modo asociale, è chiaro che reagisca in questo senso. Non è colpa della razza. Quando scegli un cane non lo prendi per la performance, ma per viverci insieme. Lo devi rendere socialmente accettabile, deve saper stare con la gente e con gli altri cani. Dipende da cosa noi vogliamo fare del cane”.
Chi in queste ore sta stigmatizzando dunque il comportamento del cane sbaglia?
“Sì. Più il cane è grande, più i danni che può creare sono maggiori. A livello di comportamento aggressivo, altre razze, anche di piccola taglia sono esattamente identici a un rottweiler. Magari cambia solo l’entità del danno“.
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