Draghi rassegna le dimissioni, Mattarella le congela fino a mercoledì
Il M5S non vota la fiducia sul Dl Aiuti (che passa comunque), e il Premier rimette il mandato: ma il Quirinale lo invita a verificare l’esistenza di una maggioranza in Parlamento
Il Premier Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni, ma il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le ha congelate. È accaduto al termine di una giornata convulsa che ha visto come co-protagonista – o meglio, antagonista – il M5S. E sta già diventando spasmodica l’attesa per il discorso che l’ex numero uno della Bce terrà davanti alle Camere tra cinque giorni.
Draghi rassegna le dimissioni, Mattarella le congela
Nell’anniversario della presa della Bastiglia, come ha ricordato il leader italovivo Matteo Renzi, è stato metaforicamente ghigliottinato il Presidente del Consiglio Draghi. Caduto in Senato per mano della formazione ora guidata dal suo predecessore chigiano Giuseppe Conte che, come ampiamente anticipato, non ha votato la fiducia sul Dl Aiuti. Che comunque, sottolinea Il Sole 24 Ore, è stato approvato a larghissima maggioranza, con 172 suffragi favorevoli e 39 contrari.
Con l’astensione, di fatto il MoVimento si è posto fuori dal perimetro della maggioranza ecumenica. Ciò che, come avevano preannunciato i segretari leghista, Matteo Salvini, e dem, Enrico “stai sereno” Letta, significava aprire ipso facto la crisi di Governo.
Stanno a saltà tutti #crisidigoverno #Draghi pic.twitter.com/nYu52QL70K
— Le frasi di Osho (@lefrasidiosho) July 14, 2022
Draghi ne ha preso atto e, pur non essendo stato sfiduciato, ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Capo dello Stato. Che però lo ha invitato «a presentarsi al Parlamento», il prossimo mercoledì 20 luglio, «affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione» della situazione creatasi. La sensazione, però, è che il redde rationem sia solo slittato di qualche giorno.
I possibili scenari
Se infatti SuperMario si mostrerà coerente con quanto affermato appena due giorni prima, non potrà formare un esecutivo de-grillinizzato. «Non ci sarà un Governo senza i 5 Stelle» aveva ammonito lui stesso, come riporta Il Riformista, e «non ci sarà un altro Governo Draghi». Concetto che peraltro avevano espresso pure Lega, Pd e Forza Italia, benché adesso dal Nazareno si siano affrettati a cambiare registro comunicativo.
Ora ci sono #cinquegiorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la #fiducia al Governo #Draghi e l’Italia esca il più rapidamente possibile dal drammatico #avvitamento nel quale sta entrando in queste ore.
— Enrico Letta (@EnricoLetta) July 14, 2022
Ma se anche i pentastellati dovessero tornare a sostenere l’economista romano, chi potrebbe fare assegnamento su di loro come partner di maggioranza? Perfino il diretto interessato ha dichiarato in CdM che «è venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di Governo». Se dunque, alla fine, dovesse finire tutto “a tarallucci e vino”, sarebbe la sua credibilità a subire un duro colpo.
Nel caso invece in cui Draghi dovesse gettare definitivamente la spugna, prenderebbe corpo l’ipotesi di un esecutivo di transizione, che accompagnerebbe l’Italia al voto (magari a inizio 2023). E che potrebbe essere retto, secondo Open, dal Ministro dell’Economia Daniele Franco, e secondo La Repubblica dal Presidente della Consulta Giuliano Amato.
Sullo sfondo resta anche la possibilità di un ritorno immediato alle urne, invocato soprattutto dal centrodestra. Che però, forse proprio per questo motivo, non sembra risultare particolarmente gradita al Quirinale. Sempre caro ci fu quest’ermo Colle…