Dura accusa di Masini: Marino incaprettato dal Pd, Orfini fu regista
Un duro atto di accusa contro Matteo Orfini, quello mosso dallo storico esponente del Partito democratico capitolino
“Marino fu incaprettato dai vertici del Pd che volevano commissariare la Giunta. Orfini volle la mia testa per mettere i suoi e quello fu l’inizio della fine dell’amministrazione del chirurgo Dem”. E’ un duro atto di accusa contro Matteo Orfini, ex commissario del Pd di Roma, quello lanciato oggi da Paolo Masini, storico esponente del Partito Democratico della Capitale, consigliere comunale ed ex assessore ai Lavori pubblici e poi alla Scuola nella giunta di Ignazio Marino.
Masini è stato l’assessore più rimpianto tra quelli defenestrati dalla Giunta del “Marziano”. Quando Marino fu costretto a spostarlo dai Lavori Pubblici alla Scuola, mettendo al suo posto Maurizio Pucci, si levò forte il disappunto delle forze imprenditoriali di Roma con il presidente dell’Acer, Edoardo Bianchi, che poco dopo dichiarò pubblicamente come la lotta alla corruzione e all’innovazione ebbe uno stop dopo la sua sostituzione. Quando invece Marino fu costretto a metterlo alla porta si sollevarono gli assessori municipali, il mondo della scuola e partì una campagna sociale “Io sto con Masini”.
Da assessore ai Lavori pubblici, quando era vicepresidente dell’associazione antimafia Avviso pubblico, firmò il Patto per la legalità coinvolgimento di Pignatone, Questura di Roma, sindacati e imprenditori, realizzò le Casette dell’acqua, firmò il nuovo regolamento per gli scavi, introdusse contro le buche il nuovo asfalto con materiale ricoeso fatto con i calcinacci che costava il 70% in meno del normale. Senza dimenticare una serie di importanti innovazioni nel campo della scuola e nelle periferie della città, tra cui la realizzazione del punto luce di Torre Maura. Un lungo elenco di successi che rende ancora più misterioso il suo allontanamento.
“Nessun mistero – spiega però Masini, intervistato dall’agenzia stampa Dire, all’indomani dell’assoluzione di Marino, per ricostruire quei giorni – La scusa ufficiale con cui Orfini chiese la mia testa, anche se allora ero già passato all’assessorato alla Scuola, è che ci sarebbero state presunte imperfezioni nella gestione dell’emergenza pioggia che bloccò la città nel gennaio 2014 tanto che lo Stato concesse la calamità naturale.
E forse non fu un caso che l’allora Capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, con il quale gestimmo quell’emergenza, fu il primo a mandarmi un messaggio, alla fine della mia esperienza, ringraziandomi per come avevo gestito la città. Fu un’esclusione che in molti defiscono ancora ‘da Palermo anni 50’. In realtà Orfini voleva mettere due persone della sua corrente: Stefano Esposito e Marco Rossi Doria”.
Come andarono di preciso le cose dietro le scuse ufficiali?
“Marino mi mandò sotto un altro assessore per dirmi che mi dovevo dimettere. Però poi il sindaco, a tu per tu, mi disse che era stato il commissario Orfini a volere la mia testa aggiungnedo ‘sai com’è fatto il Pd di Roma’ E questo nonostante c’era già stato un forte appello di tutti gli assessori dei Municipi per non farmi togliere dalla Scuola”.
Non ci fu resistenza da parte del sindaco?
“Marino mi disse che diede ad Orfini la lista degli assessori che voleva rimanessero in giunta. E io c’ero. Fu Orfini a dire a Renzi: ‘Questo lo togliamo’. Era evidente come fosse in corso un commissariamento non solo del Pd di Roma ma della Giunta. Io dissi a Marino: ‘Se cadi in questa trappola il prossimo ad essere incaprettato sarai te’.
Il mio grande rammarico è che insieme a quell’amministrazione è stata spazzata via anche una giovane e capace classe dirigente che stava emergendo nei Municipi e che oggi si sta allontanando di fatto dalla politica”.
In effetti così avvenne. Ma perché Renzi e Orfini volevano la testa di Marino?
“Non ho una risposta certa a questa domanda. Marino di certo non rispondeva politicamente a nessuno, nel bene e nel male. Era autonomo nelle sue scelte. Io non sono un mariniano di ferro e credo che Marino abbia fatto degli errori. Ma non fu questo. La nostra era certamente un’amministrazione che stava riformando, e molto. Probabilmente abbiamo dato fastidio a troppe persone. Renzi di recente, alla Leopolda, a questa domanda ha risposto dicendo ‘Chiedete ad Orfini, non mi sono occupato di Roma’”.
Orfini voleva controllare la giunta?
“L’indebolimento di Marino ebbe un altro colpo con il mio allontanamento, quando gli fu imposto di togliere gli assessori leali per metterne altri che rispondessero direttamente ad Orfini. Mettere uno come Esposito in giunta significava minare la Giunta stessa”.
Come è possibile che Renzi non si rendesse conto che far cadere Marino avrebbe causato la rovina dell’allora Pd romano?
“Nessuno può dare una risposta precisa su quale fosse il disegno. Forse pensavano di creare una Giunta che rispondesse solo e direttamente ad Orfini. Oppure c’è chi dice, secondo me con qualche fondamento, che Renzi pensava che così avrebbe mostrato l’incapacità dei 5 stelle al governo di Roma (a quel tempo i grillini erano avanti in tutti i sondaggi e in effetti conquistarono Roma l’anno dopo con Virginia Raggi, ndr) e che questo gli avrebbe fatto vincere le politiche. Un’ipotesi plausibile”.
Ma si tratta per l’appunto di ipotesi. A cui potrebbero dare una risposta solo chi allora guidava il Pd a livello nazionale e locale, Matteo Renzi e Matteo Orfini.