“È una pandemia dei non vaccinati”. Fauci attacca, i numeri lo assistono
Dall’Italia agli Usa, dalla Francia alla Spagna, circa il 90% dei nuovi ricoverati non si era fatto somministrare l’antidoto. E i medici smentiscono ancora l’allarmismo mediatico
È una pandemia dei non vaccinati, o almeno lo sta diventando rapidamente. Arriva direttamente dagli Stati Uniti quella che a prima vista potrebbe sembrare una mera provocazione. Ma che è corroborata dai numeri registrati in modo pressoché sistematico nell’intero Occidente.
“È una pandemia dei non vaccinati”
Dunque, è una pandemia dei non vaccinati. Parola dell’immunologo della Casa Bianca Anthony Fauci, che ha anche aggiunto di sentirsi «molto frustrato» dalla direzione che stanno prendendo gli Usa. «Siamo là fuori praticamente a supplicare le persone non immunizzate di andare a farsi il vaccino», visto che la nuova ondata colpisce soprattutto chi rifiuta l’antidoto.
Una situazione molto simile a quella riscontrata dall’altra parte dell’Oceano. In Italia, per esempio, come avevamo accennato la stragrande maggioranza dei nuovi positivi al Covid-19 risulta non aver effettuato la profilassi. Più precisamente, la percentuale si aggira tra l’80 e il 90%, ed è all’incirca la stessa rilevata in Francia (96%) e in Spagna (83%). Res ipsa loquitur, avrebbero detto i latini.
Il tutto mentre, nel silenzio assordante del “quarto potere” nostrano, nel Regno Unito i contagi continuano a diminuire, e in una si settimana sono praticamente dimezzati. Evidentemente «alla stampa italiana le buone notizie non interessano» ha lamentato Alberto Zangrillo, primario di Terapia intensiva presso il San Raffaele di Milano. Non è un mistero, d’altronde, che ai mezzi di comunicazione si addica molto di più l’allarmismo: è la “variante mediatica”, diciamo.
Focus sulle varianti
A proposito dei ceppi mutati, il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha fatto un po’ d’ordine nel marasma delle leggende metropolitane. Con particolare riferimento al recente spauracchio della variante Delta, la cui contagiosità «non è molto più alta» rispetto a quella del progenitore. «Il virus cerca di sopravvivere nell’ambiente, soprattutto quando l’ambiente lo combatte. E quindi muta e varia» ha spiegato il medico.
Stesso concetto espresso dal farmacologo Marco Cosentino, che ha inoltre illustrato il meccanismo evolutivo di un microrganismo come il SARS-CoV-2. «Senza immunità, il virus non ha pressioni selettive, con immunità pienamente efficace viene neutralizzato prima di moltiplicarsi e diffondersi, con immunità attiva ma non completa, persiste, seleziona varianti con vantaggio competitivo e si diffonde ulteriormente».
Il terzo caso, in linea di massima, riguarda anche i sieri (che non bloccano l’infezione al 100%), ma soprattutto l’intervallo tra prima e seconda dose. Che, per dire, la perfida Albione aveva dilatato puntando tutto sulla prima somministrazione – mossa incauta che potrebbe essere stata all’origine dello sviluppo della variante inglese. Da questo punto di vista, il boom di prenotazioni per ottenere il Green pass (per cui serve solo la prima inoculazione) non fa esattamente dormire sonni tranquilli.
Molto più rassicurante è il fatto che la vaccinazione «determina che chi è contagiato quasi sempre è asintomatico o poco sintomatico», come ha chiarito Vaia. Poi, certo, il “rischio zero”, come abbiamo argomentato, resta pura utopia. A differenza della tesi per cui quella che abbiamo di fronte è una pandemia dei non vaccinati, che è suffragata da dati fin troppo reali.