Effetto Ratzinger: Roberto Paura critica Benedetto XVI, ma lo difende da Mons. Viganò
L'”Effetto Ratzinger” è un fenomeno veramente stupefacente perché non dipende più, come per il Codice Ratzinger, solo dal genio intellettuale del papa impedito
L’“Effetto Ratzinger” è un fenomeno veramente stupefacente perché non dipende più, come per il Codice Ratzinger, solo dal genio intellettuale del papa impedito, ma agisce sui suoi stessi contestatori, o rinnegatori, che vengono come dominati da una forza logica che sembra trascenderli. In termini laici si potrebbe parlare di una “junghiana resa dei conti nell’inconscio collettivo”; in ottica di fede, sembra proprio che Dio si faccia beffe dei suoi nemici.
Il fenomeno si esplica nel fatto che tutti gli avversari di papa Benedetto, sia da parte tradizional-sedevacantista che dal lato antipapal-bergogliano si stanno rivelando degli inconsapevoli cooperatores veritatis, per citare il motto del Santo Padre. Cadono in contraddizione, a volte svelano le loro disonestà intellettuali e materiali; producono documenti utilissimi per l’inchiesta, oppure, involontariamente, difendono il papa da accuse ingiuste.
Indimenticabili le parole dello stesso Bergoglio di questa estate quando dichiarò che le dimissioni di Benedetto erano state “poco chiare” : quindi ancora una volta del tutto nulle per il diritto canonico che non potrebbe mai accettare una Renuntiatio anche solo dubbia.
Ma il fenomeno ha subìto un’accelerazione nelle ultime settimane. Nel giro di pochissimi giorni abbiamo avuto Piergiorgio Odifreddi che, presentando il suo libro (un indigeribile monologo ateistico che sfrutta commercialmente pochi colloqui diretti avuti con Benedetto XVI) ha fornito a Mons. Gaenswein l’occasione per esprimere i tremendi riferimenti di papa Benedetto al Libro di Geremia nel quale si legge – guarda caso – “Io sono impedito”.
Poi è stata la volta dell’effervescente don Ariel Levi di Gualdo, insultatore seriale (impenitente quanto imprudente) del sottoscritto e di don Minutella, coinvolto in una vicenda innominabile di falsificazione d’una lettera di Mons. Gaenswein. Il grottesco episodio ha condotto lo stesso arcivescovo di Urbisaglia a rivelare che papa Benedetto NON celebra in comunione con Francesco (perché ovviamente, questi non è il vero papa).
Poco dopo, è stata la volta di don Tullio Rotondo che, durante uno dei suoi attacchi ha sbandierato il dimenticato foglio degli Acta Apostolicae Sedis del 1° marzo 2013 dove emerge, in modo definitivo, come per l’abdicazione fosse richiesta la rinuncia al Munus petrino, mai avvenuta.
Di appena due giorni fa, l‘uscita del prof. de Mattei, che nel suo scipito attacco allo scrivente si è tradito e ha esplicitamente dichiarato: “L’abdicazione di Benedetto XVI e il modo con cui essa è avvenuta sono considerati da molti studiosi e anche da eminenti membri del Sacro Collegio come un grave errore”. Ergo, se il modo con cui l’abdicazione è avvenuta è errato, per il diritto canonico l’atto è totalmente nullo.
Ma la sequela si è ulteriormente arricchita ieri con un articolo non proprio tascabile pubblicato su Il Tascabile firmato da Roberto Paura, giornalista scientifico e culturale, direttore della rivista “Futuri”.
“Indagine su Ratzinger” è un riassunto della biografia dell’attuale Pontefice che indaga con una certa precisione la sua carriera da teologo. L’afflato generale dell’articolo è in parte screditante sul papa, considerato, secondo uno stantìo cliché, una persona debole e vulnerabile che ha sempre rifiutato lo scontro. (La vedrete bene la sua “debolezza”…).
L’approccio di Paura può essere senza dubbio considerato nemico della legittimità esclusiva di papa Benedetto XVI perché l’autore indulge nei soliti accenti di sufficienza e disprezzo verso l’inchiesta “Codice Ratzinger” così scrivendo: “Che alla fine dei suoi giorni Joseph Ratzinger si sia trasformato nella bandiera degli ambienti ultraconservatori più retrivi e scismatici, per i quali Bergoglio sarebbe addirittura un “antipapa”, è un mesto finale”.
Paura dovrebbe ricordare che ci sono stati appena 40 di antipapi nella storia; che il canone 335 contempla esplicitamente la sede vacante e la sede totalmente impedita; che abbiamo due ecclesiastici vestiti di bianco in Vaticano; che uno dice da nove anni che il papa è uno solo (senza spiegare quale) e indossa la veste bianca perché “non aveva altri abiti disponibili”… Farsi venire un dubbio?
Ma come tutti i nemici della legittima regalità e Vicaria di Cristo di papa Benedetto, anche Paura involontariamente gli fa un favore, e grosso. Infatti il suo saggio evidenzia in modo categorico e documentato come Ratzinger avesse attraversato una fase modernista prima del Concilio, ma che presto si fosse reso conto come questo avesse preso una bruttissima piega. Aggiunge infatti, l’autore, subito dopo, giustificando come questi “retrivi” siano addivenuti alla conclusione che Bergoglio sia antipapa: “È l’esito di una trasformazione del suo pensiero che ha portato Ratzinger a prendere le distanze dalle sue tesi giovanili e a spingerlo su percorsi anticonciliaristi e antimodernisti”.
Ma nel testo leggiamo altre frasi preziosamente obiettive: “Un ritorno a un clima inquisitoriale getta su Ratzinger una reputazione da Grande Inquisitore che finirà confermata appena tre anni dopo, quando Giovanni Paolo II lo chiama ad assumere la guida della Congregazione per la Dottrina della fede, rendendolo di fatto il censore ultimo di tutto ciò che si afferma in materia teologica nella Chiesa cattolica”.
E ancora:
“Con Wojtyla, Ratzinger condivide la linea politica: mitigare gli eccessi di riformismo post-conciliare e stoppare brutalmente ogni deviazionismo teologico tendente a sinistra, in particolare al marxismo”; “Ratzinger condanna la Teologia della liberazione, dando la colpa anche alla critica della Tradizione portata avanti da quell’esegesi evangelica moderna che da giovane aveva abbracciato con entusiasmo”; “Quando nel 2000 fa pubblicare un documento nel quale si afferma che la Chiesa cattolica romana è l’unica depositaria della Verità e della salvezza, l’ondata di protesta giunge al culmine”.
Come vedete, Roberto Paura fa comprendere chiaramente quanto sia inutile, strumentale e maligno attaccare papa Benedetto per i suoi trascorsi giovanili progressisti, quando, subito dopo il Concilio e ancor prima di diventare Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, era già diventato il primo avversario del modernismo. (Come attaccare San Paolo perché da giovane perseguitava i cristiani). Il saggio di Paura costituisce così una difesa totale del vero Papa dagli strali di Mons. Viganò che continua ad attaccare – in modo del tutto strumentale – il Vicario di Cristo in sede impedita addirittura attingendo a scritti del 25enne Ratzinger, del 1954, accusandolo di hegelismo.
Un’operazione antistorica e irrazionale che, facendo quadrare alcuni conti, si può spiegare solo come finalizzata all’autopromozione di Mons. Viganò come prossimo (anti)papa all’interno di un gioco politico astuto, ma svolto nel più assoluto spregio per l’aspetto sacro dell’incarico papale.
Su tutto il resto, Roberto Paura brancola nel buio, tanto da giudicare enigmatica la figura di Ratzinger e da non spiegarsi, se non con la sua “vulnerabilità”, l’abbandono nel 2013 del ministerium, l’esercizio pratico del potere. Tanto che scrive, deluso: “L’uomo che negli ultimi decenni ha lottato per evitare che l’adeguamento ai tempi moderni impresso dal Concilio Vaticano II arrivasse a colpire la sacramentalità della gerarchia ecclesiastica ora riconosce che l’antica immagine del pontefice non è più adeguata ai tempi moderni”.
Non è andata esattamente così.
Purtroppo, per quanto si possa nutrire avversione per quanto diffuso dallo scrivente, per quanto si possa aver paura dei risultati della sua inchiesta, non è accettabile – proprio da un punto di vista scientifico – far finta di ignorare la questione della sede impedita e non considerare ostentatamente l’”elefante nella sacrestia” di uno studio come “Codice Ratzinger”, tra i dieci saggi bestseller nazionali, primo in classifica su Amazon alla categoria Istituzioni ecclesiastiche.
Si potrà essere d’accordo o meno con lo scrivente, lecito, ma non è scientificamente proponibile ignorare questo immenso lavoro proprio per la ricchezza di documentazione prodotta, per la coerenza logica, storica, teologica, documentale della tesi e per la sua dirompenza storica, per la diffusione e la risonanza a livello internazionale che ha ricevuto, per gli endorsement di decine di intellettuali di chiara fama, per la mancanza di qualsiasi smentita, per il fatto che poggia su dichiarazioni di ben tre vescovi e che non è stata mai respinto dall’interessato, cioè Papa Benedetto, il quale ha ricevuto il libro in luglio.
Come nota surreale e ironica, si può ricordare come Roberto Paura pubblichi con “Codice edizioni”, abbia scritto un libro “Società segrete, poteri occulti e complotti”, e poi ignori “Codice Ratzinger”, incentrato proprio sull’autentico “complotto dei complotti”.
(Naturalmente, adesso, i nemici diranno che lo scrivente, vanesio e autoreferenziale, pur pubblicando a getto continuo su testate come Libero e Byoblu, è in cerca di pubblicità dal Tascabile. Va bene).
Comunque, se Roberto Paura, superando sportivamente la prevedibile stizza per questa critica, dopotutto oggettiva, ci dirà che, in buona fede, non sapeva nulla dell’inchiesta, sarà un piacere offrirgli il libro, accettando un leale confronto.