Elezioni Regionali, così Emiliano “bara” nel silenzio di giudici e media
Il Governatore assume 200 precari senza concorso a pochi giorni dal voto, senza che la magistratura intervenga. Altro che rinnovamento, Palamara è vivo e lotta insieme a noi
L’atomica è scoppiata proprio agli sgoccioli della durissima campagna elettorale per le elezioni Regionali 2020. Solo che non se n’è accorto (quasi) nessuno, perché perfino le atomiche possono passare inosservate se gli organi di informazione decidono di occultarle. Tuttavia, nel caso specifico, che origina dalla Puglia, c’è un silenzio infinitamente più assordante: quello di una magistratura che pare ancora e sempre palamarizzata.
Elezioni Regionali, scandalo in Puglia
Domenica 20 e lunedì 21 settembre, com’è arcinoto, si terranno le elezioni Regionali, accorpate al referendum confermativo sulla riforma del taglio dei parlamentari. Benché sia in gioco il Governo di sette Regioni, l’attenzione degli addetti ai lavori si è concentrata soprattutto sulle due maggiormente in bilico. Ovvero la Toscana e la Puglia, dove, stando ai sondaggi, il divario tra i principali contendenti è talmente risicato da rientrare nel margine di errore.
E proprio nel Tacco dello Stivale si è verificato un episodio che definire vergognoso è un eufemismo. Protagonista, il Governatore (ex) dem uscente – e ricandidato – Michele Emiliano. Il quale, a meno di una settimana dall’apertura dei seggi, ha riunito in un teatro tarantino circa 200 precari della Asl. Ai quali, in barba ai concorsi, ha fatto firmare un contratto di assunzione a tempo indeterminato per un’azienda privata, controllata però (guarda caso) dalla Regione.
Curiosamente, a parte qualche rarissima eccezione, i media hanno bellamente ignorato quella che la giornalista Maria Giovanna Maglie ha definito una «mascalzonata». È il meccanismo noto come “spirale del silenzio”, per cui i mezzi di comunicazione di massa riescono a orientare l’opinione pubblica (anche) tacendo le notizie “scomode”.
A tal proposito, si consideri anche come Twitter abbia (semi)censurato l’immagine a corredo di uno dei pochi articoli sulla succitata notizia. La foto ritrae Emiliano, circondato da assessori e consiglieri regionali ricandidati, mentre sottoscrive i contratti di internalizzazione. Per il social di Jack Dorsey, però, si tratta di «materiale potenzialmente sensibile».
Elezioni Regionali, i precedenti di Emiliano
Peraltro, non è nemmeno la prima volta che il Presidente pugliese incappa in una terrificante caduta di stile. Di recente, per dire, Carlo Calenda, leader di Azione, ha ricordato che «mentre mia moglie stava male Emiliano ha detto che eravamo amici del cancro». Ogni commento è superfluo.
Poi ci sarebbe anche la questione dei cosiddetti impresentabili, i candidati che non hanno superato il vaglio della Commissione Antimafia. Sono tredici in tutto e stanno per lo più in Campania, in appoggio preferenziale all’altro Governatore uscente (tuttora dem, stavolta) Vincenzo De Luca. Il caso della Puglia, però, è deflagrato per via della stoccata rivolta all’ex sindaco di Bari dal deputato pentastellato – e battitore libero – Alessandro Di Battista. Che ha “costretto” Vito Crimi, reggente del M5S, a specificare che «non sono attacchi al Pd in quanto partner di Governo».
Tuttavia, queste imbarazzanti circostanze potrebbero avere al massimo delle conseguenze sul piano politico – verosimilmente a vantaggio dello sfidante di centrodestra Raffaele Fitto. Analogamente, gli elettori potrebbero decidere di punire il candidato piemontese del Partito Democratico Fabio Tumminello. Che ha pensato male di pubblicare uno scatto in cui si era fatto immortalare accanto a un muro su cui campeggiava la scritta “Salvini appeso”. E che poi ha specificato che voleva essere un post ironico, aggiungendo per buona misura il solito delirio sull’odio rivoltogli via social. Perché l’odio, si capisce, è solo quello altrui.
Invece, lo show di Taranto, che en passant ha ricordato i film di un grande pugliese come Checco Zalone, è decisamente più grave. Qualcuno ha perfino alluso alla possibilità che si tratti di voto di scambio, tanto da chiedersi: «come mai non interviene la magistratura?»
Il silenzio assordante della magistratura
Questione interessante, e non solo perché, se la stessa pantomima fosse stata inscenata «dalla destra, si sarebbero calati dall’elicottero gli SWAT coi mitra spianati». Cosa stanno facendo i giudici? Mica potranno essere tutti impegnati a rincorrere i fantomatici fondi neri alla Lega, di cui «non sono state trovate» tracce nelle indagini… Nihil sub sole novum, peraltro, visto che, come ha ribadito il segretario Matteo Salvini, «non abbiamo nascosto soldi da nessuna parte».
Liberissimi, in ogni caso, di proseguire ad infinitum questa caccia alle streghe, però allora sorge spontanea qualche domanda. Tipo: ma un accertamento, anche piccolo, su Emiliano? Perché altrimenti qualcuno potrebbe orwellianamente insinuare che la legge è uguale per tutti, ma alcuni sono più uguali di altri. O che “cane non mangia cane”, considerando che il Nostro è a sua volta una toga (in aspettativa). O, ancora, che una sentenza, e perfino l’apertura di un’inchiesta dipendono dalle affinità ideologiche tra inquirenti e imputati.
Naturalmente, tutto ciò è impossibile. Perché farebbe pensare che, a dispetto delle rodomontate sul rinnovamento del Csm, dopo lo scandalo Magistratopoli tutto sia gattopardescamente cambiato affinché tutto rimanesse com’era. Che ci possa essere qualche togato che fa un uso politico della giustizia – a orologeria, ça va sans dire. Che la sfuriata del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla «modestia etica» di (parte della) categoria sia caduta nel vuoto.
Diritto, e rovesci. Forse, dopotutto, l’ex Pm Luca Palamara è vivo e lotta insieme a noi. Tonno subito.