“Elvira la modella di Modigliani”, Carlo Valentini
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Quando ci si innamora di qualcosa è sempre difficile trovare le parole giuste per parlarne.
Forse è successo così anche a Carlo Valentini, giornalista della Rai che ha collaborato per diversi importanti giornali del nostro Paese.
Immagino sia andato a vedere una bella mostra di arte moderna su Parigi, e che ad un certo punto si sia trovato difronte a degli insoliti ritratti, forse dei nudi, di donne leggermente asimmetriche, femminili, caste e ammiccanti allo stesso tempo, e soprattutto dal collo affusolato. Donne non imbellettate, espressive per la loro essenza pur essendo private del disegno degli occhi. Due donne dei ritratti, in particolare, lo avranno colpito per la ricorrenza e per l’anima che svelano: quella carica di sentimento, con l’espressione malinconica tra il consapevole e l’inquietante di Elvira, e quella ingenua e dolce di Jeanne Hebuterne.
Immagino che la curiosità lo abbia fatto andare a fondo sul famoso pittore livornese Amedeo Modigliani e la fantasia lo abbia fatto lavorare nel romanzo “Elvira la modella di Modigliani”, che questo sabato vi propongo.
Corrono gli anni della Belle Époque, Valentini ci da il benvenuto nell’infuocato centro della vita culturale europea e nell’eccentrico e spregiudicato contesto sociale e artistico di Parigi, tra Montmartre e Montparnasse.
La miseria in cui vivevano i più grandi artisti del nostro ‘900 viene descritta da un rubinetto per tutti e un solo gabinetto in comune.
Elvira chiamata “La Quique”, per via del padre ispanico, è una ragazza cresciuta in fretta, fuggita da Marsiglia dove conduceva una vita di stenti e di prostituzione. Ha gli occhi “di un marrone impastato col nero, brillanti, espressivi, provocanti” ed è “pronta all’avventura, assetata di conoscere, amante della vita senza pudori, gioiosa anche nell’avversità”. E’ una donna che non diventerà mai una signora, inseparabile dal suo paradiso artificiale che è la droga, fiera del suo corpo ma non per questo sfacciata o volgare.
E’ nel Chat Noir, locale dove Elvira trova lavoro e punto di ritrovo dei tanti artisti dove si incontrano per discutere d’arte tra cocaina e qualche bottiglia di troppo, che la modella incontra Amedeo.
Il pittore, assiduo frequentatore del grand-cafè non passa di certo inosservato: è il più carismatico del gruppo, bello e di buone maniere, grande seduttore, pieno di eccessi e patimenti, di una eleganza trasandata e studiata. Squattrinato tanto da vivere e lavorare in una stanza lercia, priva di ogni comodità, ma a lui basta vivere vicino alle sue opere che spesso lo guardano dal pavimento mentre è con la modella del giorno, sotto le lenzuola macchiate a tradimento dall’olio caduto dalle scatolette di sardine.
“Sono individualista nell’arte ma non nella vita, non riesco a vivere senza una donna, mi cibo di donne e di colori”, il principio di Amedeo è che “l’arte non è mai casta, non c’è modella ma amante”, questo nel tempo del ritratto prevede un prendere e dare completo e totalizzante.
E’ per “il tempo di un ritratto” che Amedeo invita Elvira nella sua stanza, al Maquis, dove passeranno lunghe giornate a fare l’amore con un profondo senso di libertà: “Non si può imprigionare il vento”, “I nostri corpi, come le nostre menti, hanno bisogno di comunicare”. Alternando con delle liti selvagge, al sapore di rum e palline di hashish, tra graffi, schiaffi e morsi.
Entrambi sono invidiati per la loro sincera passione e vivono come se non dovessero render conto a nessuna morale.
Modigliani alterna insieme diverse relazioni, in ognuna delle quali dà una parte di sé e trae elementi utili al proprio lavoro. Ciò nonostante non si separerà mai veramente da Elvira, quella donna che per la prima volta è riuscita a imbarazzarlo. Il pittore folle fin da subito realizza che la modella che si trova davanti fa vivere le sue tele in maniera del tutto diversa dalle altre, forse perché è stata anche l’unica con cui “aveva condiviso l’atteggiamento verso la vita: l’essere ed il fare del tutto preminenti rispetto alle gabbie del ragionamento razionale” e che ama alla follia, unico modo di amare che conosce.
Nonostante il titolo del libro porti il nome di Elvira, l’assoluto protagonista è Modigliani. L’idea è quella di svelare la singolare indole del pittore attraverso la vicenda della modella.
Il carismatico livornese si estranea dal dramma della guerra che negli ultimi anni aveva reso davvero difficile la vita a Parigi, dagli incombenti problemi di salute che lo fanno tribolare e lo tolgono di scena a 36 anni. Rifiuta qualsiasi corrente artistica del tempo, e dipinge donne che sognano, che ad oggi gli rendono giustizia – finalmente – degnamente, ogni qualvolta quelle donne sognanti fanno sognare anche noi.