Emergenza Covid-19 fino al 31 luglio? Conte smentisce, ma occhio…
In molti stanno dando un senso troppo forte alle parole del Premier: che non ha intenzione di prorogare le restrizioni, ma è pronto a farlo se necessario
Il popolo dei social ha accolto l’ultimo (in ordine cronologico) Decreto del bi-Premier Giuseppe Conte, quello emanato il 24 marzo, con la consueta ironia: tra chi ipotizzava un nuovo album della Panini per collezionare tutti i moduli di autocertificazione del Viminale e chi faceva presente alle autorità che, se si continua di questo passo, a breve il “valido motivo” per uscire di casa sarà la necessità di cambiare la cartuccia della stampante.
Sarcasmo a parte, i nuovi provvedimenti governativi riguardavano soprattutto, com’è ormai arcinoto, l’inasprimento delle sanzioni per chi viola le norme anti-contagio: ai trasgressori verrà comminata una multa da 400 a 3.000 euro – con aumento di un terzo se l’infrazione viene commessa con un veicolo -, mentre un soggetto positivo al coronavirus che non rispettasse l’obbligo di quarantena sarà punito col carcere da uno a cinque anni.
Tipo la donna che, pur avendo già i sintomi del Covid-19, ha avuto l’intelligentissima pensata di lasciare la propria abitazione di Pavia e prendere due aerei e un taxi per tornare nel suo paese di origine – Modica, nel Ragusano: e che per questo è stata denunciata per attentato alla salute pubblica.
Magari, comunque, l’appesantimento delle ammende contribuirà a rimpolpare le casse dell’Inps, il che dovrebbe ripercuotersi positivamente anche sul suo presidente Pasquale Tridico, che qualche giorno fa vaneggiava di un click day per autonomi e partite Iva mentre nelle scorse ore ha garantito che «fino a maggio non c’è problema di liquidità», aggiungendo che in ogni caso si aspetta un nuovo Decreto ad aprile.
Probabilmente questa ostentazione di sicurezza avrebbe dovuto rassicurare, ma la vicinanza della scadenza evocata da Tridico e la vaghezza delle sue aspettative hanno piuttosto ottenuto l’effetto contrario: soprattutto perché si sta parlando dei soldi, veri, che devono e dovranno entrare nelle tasche degli Italiani.
Così come rassicuranti non lo sono minimamente, malgrado l’interpretazione della maggior parte dei media, le parole dell’ex Avvocato del popolo riguardo alla possibilità di prolungare le misure attualmente in vigore fino all’estate: ipotesi che dal diretto interessato non è stata affatto categoricamente smentita come molti, troppi stanno lasciando intendere.
«Si è diffusa la notizia che le misure saranno prorogate al 31 luglio» ha infatti dichiarato il Presidente del Consiglio. «Quando abbiamo adottato il primo provvedimento a fine gennaio abbiamo deliberato lo stato di emergenza nazionale per sei mesi, fino al 31 luglio 2020. Ma questo non significa che le misure restrittive saranno prorogate fino a quella data. Siamo pronti in qualsiasi momento ad allentare la morsa, superare quelle misure, e fiduciosi che ben prima di quella scadenza si possa tornare a un migliore stile di vita».
Il punto focale della dichiarazione sta in quella frase («non significa che le misure restrittive saranno prorogate fino a quella data») che molti commentatori hanno, come minimo, caricato di un senso molto più granitico di quello espresso da Giuseppi: il quale voleva certamente lasciar trasparire una fiducia che è l’equivalente chigiano degli auspici di Tridico, ma di fatto non ha escluso nessuno scenario.
Leggendo tra le righe, cioè, è facile notare che il Capo del Governo si è certamente detto ottimista, ha certamente affermato di non avere intenzione di estendere le attuali disposizioni per altri quattro mesi: ma ha anche lasciato intendere di poterlo fare – e di essere disposto a farlo – se necessario, in virtù di quello stato di emergenza da lui stesso proclamato il 31 gennaio. Quando, giova ricordarlo, in Italia gli unici casi di coronavirus registrati erano quelli della coppia cinese ricoverata allo Spallanzani, dal momento che il focolaio di Codogno sarebbe esploso solo oltre la metà di febbraio.
In ogni caso, tra il “poter fare” e il “dover fare” corre un abisso la cui profondità non può che confortare. Così come il fatto che, anche in mezzo a questa tempesta, nell’esecutivo rosso-giallo, e segnatamente al Ministero della Salute, continua a esserci Speranza.