Energia, ora Bruxelles chiede agli Stati di mitigare l’euro-salasso green
Contro il caro bollette, l’Ue esorta a tagliare le tasse e riconsiderare il nucleare, ma il vero problema sono le sue folli politiche climatiche. Che rendono verdi solo i portafogli
E ora il prezzo dell’energia spaventa anche l’Unione Europea. Rectius, le istituzioni comunitarie che, as usual, si sono accorte con qualche settimana di ritardo rispetto al resto del pianeta che – Houston – abbiamo un problema. Per ovviare al quale hanno ora proposto un pacchetto di misure temporanee: tanto temporanee che, più che una terapia, al massimo possono costituire un palliativo.
Il pacchetto contro il caro energia
La Commissione europea ha lanciato una “cassetta degli attrezzi” per frenare il caro bollette scattato a inizio mese. Tradotto dal burocratese, significa che ha fornito delle indicazioni agli Stati membri per aiutarli a mitigare i rialzi delle imposte su elettricità e gas. In particolare, li ha esortati a ridurre provvisoriamente le aliquote fiscali e sostenere le famiglie a basso reddito anche con degli appositi voucher. Che a loro volta dovrebbero essere finanziati grazie alle aste sui permessi di emissione di CO2, che nel 2021 hanno già fruttato 10 miliardi più del previsto.
È stata inoltre suggerita l’idea di un «approvvigionamento congiunto di scorte di gas», in analogia con quanto fatto per i vaccini anti-Covid. Anche se l’ipotesi ha già fatto storcere il naso a Germania e Olanda, che vi vedono (non a torto) una forma di condivisione del “debito cattivo”.
L’esecutivo comunitario dovrà poi esprimersi sul nucleare, che dieci Paesi Ue – Francia in testa – hanno chiesto di includere tra gli investimenti green. Come d’altronde aveva fatto anche Roberto Cingolani, Ministro della Transizione ecologica, prima di essere riportato a più insensati consigli dall’ex bi-Premier Giuseppe Conte. Attuale leader di una formazione – il M5S – piuttosto lenta a capire che l’atomo è una «fonte di energia a basse emissioni» e sicura.
In ogni caso, il Commissario europeo per l’Energia, l’estone Kadri Simson, ha ribadito la necessità di sostenere le rinnovabili. Confermando ulteriormente, se mai ce ne fosse stato bisogno, che Bruxelles cura (forse) i sintomi, ma non la malattia. Che sta tutta nelle sue assurde politiche climatiche.
Le colpe dell’Europa
L’insistenza sulle rinnovabili rientra nell’obiettivo (ma sarebbe meglio dire “l’utopia”) di ottenere la cosiddetta “neutralità climatica” entro il 2050. Abbiamo già spiegato più volte perché si tratta di un intento ridicolo, ma la strategia per arrivarvi è altrettanto risibile.
Per esempio, entro il 2035 si dovrebbe raggiungere il traguardo intermedio dell’eliminazione delle vetture a combustione interna, in favore di macchine unicamente elettriche. Si dà però il caso, come ha ricordato l’economista Giulio Sapelli, che l’elettricità non sia una fonte energetica, bensì un vettore. Che dunque ha bisogno di essere alimentato da vere fonti – fossili o non fossili -, che a loro volta devono essere conservate. E a oggi non esiste alcuna tecnologia che consenta lo stoccaggio dell’energia eolica o solare.
Però, in ossequio all’affermazionismo ambientalista, il Vecchio Continente impone i folli balzelli alla base dell’impennata a doppia cifra delle tariffe energetiche. Come quello sui carburanti, che ha pensato male di estendere al riscaldamento domestico.
Ecco perché, con le sue ricette, l’Europa dà la sensazione di voler chiudere la stalla quando i buoi sono scappati da un pezzo. Perché, in fin dei conti, l’organo guidato da Ursula von der Leyen è l’unico responsabile (o almeno il principale) dell’euro-salasso. Che, en passant, anche il Fondo Monetario Internazionale teme possa mettere a repentaglio la ripresa economica.
Così si nutre l’attesa, o meglio l’illusione che il mondo diventi un giorno più verde. Intanto, però, di verde ci sono, già ora, solo i portafogli dei cittadini.