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Era l’estate romana del 1977 e la sera ovunque era festa. Cos’è rimasto dell’idea di Nicolini?

L’Estate Romana ha perso il fascino del passato, quando riuscì a sedare una fase di scontro politico durissimo, creando un forte senso di appartenenza alla città

Teatro del'Opera, Caracalla

Teatro del'Opera, Caracalla

Come ogni anno è tornata l’Estate Romana dal 6 luglio. Una manifestazione che tuttavia ha perso il fascino del passato, quando riuscì a sedare una fase di scontro politico durissimo, creando un forte senso di appartenenza alla città.

La notte in qualsiasi città è un momento intimo. Ci si vede per un incontro che potrebbe essere d’amore o anche solo di sesso. Per vedersi con pochi amici. Fare qualcosa assieme al cinema, ascoltare musica, ballare, giocare a biliardo, mangiare una pizza. Per un compleanno, per festeggiare un lavoro, un matrimonio, un divorzio, una vittoria della propria squadra. La notte è il momento di tempo libero per eccellenza, almeno per coloro che non hanno orari notturni di lavoro. Da un po’ di tempo però manca il tempo, mancano le occasioni, manca anche la voglia di uscire.

Pensavamo di poterne uscirne migliorati

Il lockdown ci aveva fatto sperare che da quella prigionia necessaria ne saremmo usciti migliori. Che avevamo capito. Avevamo imparato ad apprezzare le cose buone della vita. L’amicizia, lo stare assieme, il sentirsi liberi, essere sicuri. Non è così. Forse non siamo peggio di prima ma certamente non siamo migliorati. Non abbiamo imparato niente. Quel tempo di stop di auto, di attività, di consumo aveva reso l’aria meno inquinata, il mare e i fiumi più puliti, la natura si stava reimpossessando dell’ambiente che noi maltrattiamo ogni ora, ogni giorno, spesso inconsapevolmente ma comunque colpevolmente.

Così ci siamo ricaduti. Ogni categoria è tornata alle sue frequentazioni. Al suo spettacolo teatrale, al suo cinema, alle sue serate di calcio, ai suoi programmi televisivi, alle sue partite a poker o a burraco. Ai videogiochi, alle ore a chattare sul telefono, o su whatsapp. Ci siamo divisi di nuovo. Poi ci sono le deviazioni. Gli scambisti, gli appassionati delle discoteche, i collezionisti, chi lavora di notte fino all’alba.

Ma anche quest’anno possiamo contare su una nuova edizione dell’Estate Romana, a partire dal 6 luglio una serie di manifestazioni, eventi e spettacoli si terranno in vari spazi della Capitale. Il programmalo potete trovare sul sito di Roma Culture.

Tutto tranquillo quindi? No, ma non è stato sempre così.

Era il 1977, negli anni di piombo nacque l’Estate Romana

“È la sera dei miracoli fai attenzione.

Qualcuno nei vicoli di Roma fa a pezzi una canzone”, cantava Lucio Dalla.

“E la gente corre nelle piazze per andare a vedere…

Questa sera così dolce che si potrebbe bere,

da passare in centomila in uno stadio,

una sera così strana e profonda che lo dice anche la radio,

anzi la manda in onda…

Si muove la città… con le piazze i giardini e la gente nei bar…

galleggia e se ne va…

anche senza corrente camminerà.

Ma questa sera vola, le sue vele sulle case sono mille lenzuola.”

Il cantante bolognese aveva tratto ispirazione per questo pezzo proprio da una serata passata a Roma, durante quelle notti ricche di eventi culturali e musicali che si verificavano in varie zone della città.

A gruppi e a coppie la gente si spostava, soprattutto a piedi, recandosi nelle piazze, nelle ville, nei luoghi d’arte in cui gli spettacoli avvenivano. Qualche volte si era attirati dai nomi che si esibivano, dalle rassegne cinematografiche, ma i più uscivano a prescindere, si andava e quel che si trovava andava più che bene. L’importante era uscire, andare, stare assieme, vivere la città.

Prima c’era il vuoto culturale, dopo si capì che potevamo vivere la città

Tutto è cominciato nella Basilica di Massenzio. L’ultimo imperatore pagano di Roma. Uno schermo era montato contro l’abside e di fronte c’erano delle panche, neanche delle sedie. Poi arrivarono dopo, negli anni seguenti. Ma all’inizio era uno spazio povero perché la ricchezza era data dalla partecipazione. Stare assieme per condividere dei film. Rassegne di vecchi film che era divertente vedere di nuovo con tanti amici – estranei. Non ci si conosceva ma era come se ci si conoscesse tutti. Perché i nostri gusti erano simili, ci piacevano le stesse cose, volevamo vivere gli stessi momenti assieme.

Venivamo da anni di vuoto culturale. Non c’era nulla. Oggi ci sembra normale che si faccia un concerto e 50 -100 mila persone, vadano al Circo Massimo. Allora era impensabile. I concerti cominciarono con l’Estate Romana e seguirono dopo anche se in luoghi deputati, perché bisognava proteggere gli ingressi e pagare i biglietti. Ma nell’Estate Romana lo scavalco o l’imbucata era all’ordine del giorno, anche perché i bigliettai erano gente come noi, amici, conoscenti. Magari avevano fatto l’università o il liceo assieme, erano dello stesso quartiere, della stessa sezione politica, sello stesso movimento extraparlamentare, della stessa comitiva di amici. Eravamo tutti “amici” e non c’era stato bisogno di facebook.

Era un’Italia lontanissima da quella di ora, terrorizzata

Era un’Italia lontana mille anni da quella di oggi. Sembra quasi di parlare del Risorgimento, o del Medioevo. Invece era il 1977 e in quell’anno ci furono 2.000 attentati terroristici con 12 morti e 32 gambizzati. Erano gli anni di piombo e ogni giorno ci poteva scappare il morto a sinistra come a destra o tra i poliziotti. Per dare un’idea a chi non c’era, voglio ricordare qui i fatti più eclatanti che si verificarono quell’anno, prima e dopo l’Estate Romana.

Il 1977 fu un anno terribile. Venne gambizzato Indro Montanelli e ucciso Carlo Casalegno direttore de La Stampa. All’Università di Roma Luciano Lama, segretario della Cgil, venne duramente contestato dagli studenti. Sui muri stava scritto: I lama stanno in Tibet! Oppure Ti prego lama non andare via vogliamo ancora tanta polizia! Era l’anno del Potere dromedario l’irriverenza e l’ironia come strumento contro il potere.

Comunque quel 17 febbraio 1977 alle 10.30 i militanti di Autonomia assaltarono il palco e costrinsero Lama e il pubblico che seguiva il comizio alla fuga. Il palco venne distrutto completamente. A riprova che il movimento usava l’ironia ma sotto covava un odio durissimo contro il movimento sindacale, ritenuto complice della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista, in odore di compromesso storico.

Ogni mese settimana c’era un morto, un ferito, un assalto, uno scontro

Basti pensare che nello stesso anno a Bologna durante gli scontri di piazza dell’11 marzo la polizia aveva ucciso lo studente Pier Francesco Lorusso, di Lotta Continua. Il 22 marzo a Roma morì l’agente di PS Claudio Graziosi ucciso dal militante dei Nuclei Armati Proletari Antonio Lo Muscio. Il 5 aprile venne rapito a Napoli il figlio dell’ex segretario del PSI Francesco De Martino. Il 21 aprile nel corso dello sgombero dell’Università militanti dell’autonomia spararono contro la polizia e uccisero un allievo sottufficiale Settimio Passamonti.

A Torino il 28 aprile fu ucciso dalle Brigate Rosse l’avvocato Fulvio Croce.  Il 12 maggio a Ponte Garibaldi a Roma venne uccisa Giorgiana Masi una studentessa, mentre si svolgeva una manifestazione del Partito Radicale e due giorni dopo a Milano esponenti dell’Autonomia spararono contro la polizia uccidendo l’agente Antonio Custra. Le foto di quei momenti sono rimaste emblematiche di quegli anni e ormai fanno parte della storia del nostro Paese.

Il 30 settembre due giovani fascisti uccisero lo studente Walter Rossi e in seguito a questo fatto, il 3 ottobre venne organizzata una manifestazione antifascista a Torino e venne assaltato il bar l’Angelo Azzurro e una molotov ferì a morte un cliente Roberto Crescenzio. Poi col 1978 ci furono i fatti di Acca Larentia, due missini vennero uccisi da un gruppo armato mentre un capitano dei Carabinieri, per sedare gli scontri con esponenti di destra, sparò ad altezza d’uomo uccidendo Stefano Ricchioni, membro del Fronte della Gioventù e poi a marzo del 1978 venne rapito Aldo Moro. Con tutto quello che ne seguì.

L’Estate Romana fu il primo e unico momento di pacificazione tra fazioni

Sicuramente l’Estate Romana fu anche una risposta al terrore e alla cupa aria di morte che bloccava le speranze e i desideri di molti giovani. Uscire e riappropriarsi della città fu l’idea geniale di Renato Nicolini. Prima Roma era pigra e deserta, faceva paura. Con quelle Estati Romane, la città tornava a vivere e la sicurezza non la dava la polizia ma le centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, che fino a tardi sciamavano nelle vie del centro e della periferia. Perché gli eventi potevano svolgersi ovunque.

Chi fino ad allora era stato escluso dal consumo culturale ora vi veniva riassorbito quasi risucchiato, era lo spettacolo che andava a casa sua. Gli stessi missini ed extraparlamentari di destra parteciparono agli eventi di quell’Estate Romana, perché vivevano quegli spettacoli come un territorio neutrale, dove non correvano il rischio di essere riconosciuti. In quegli anni le formazioni politiche estremiste erano solite frequentare sempre le stesse persone e gli stessi luoghi, proprio per non correre rischi.

Chi si avventurava da solo in posti insoliti della città, poteva passare brutti momenti. Questo era il clima. L’Estate Romana lo sconfisse, anche se fu una sconfitta effimera, legata solo e sempre al tempo degli eventi.

L’idea era semplice come sempre lo sono le idee geniali

L’idea era semplice come tutte le idee geniali. Montare un palco in una piazza e farci salire sopra un musicista, un poeta, un comico, un ballerino.

La gioia era nel goderti la città mentre assisti a uno spettacolo a basso costo o a costa zero.  Quella esperienza ha poi fatto scuola in altre città d’Italia e in tutta Europa. Essa stessa aveva preso ispirazione dal Festival del proletariato giovanile a Parco Lambro a Milano organizzato dalla rivista Re Nudo l’anno prima, cui avevano partecipato 400.000 giovani.

Doveva essere un momento di libertà, coesione e spettacolo, invece accadde di tutto. Provocazioni, liti, botte tra partecipanti e femministe. Il gruppo del Fuori (omosessuali) venne aggredito.  La Polizia entrò a manganellare chi spacciava eroina, venne assalito un camion con 5000 polli congelati. Ma si fece in tempo a vedere la performance del Living theatre e Il fantasma del palcoscenico di Brian De Palma, poi gli Area tennero un concerto che terminò con l’Internazionale.

Nonostante avesse ricevuto 3 milioni di lire da Re Nudo il Comune non fece ritirare i rifiuti e non mise servizi igienici nel Parco.  Andrea Valcarenghi, il direttore di Re Nudo, a festival terminato disse: “Basta, questo è l’ultimo festival pop che organizzo. Se è questo che volevano l’hanno ottenuto. Ne ho abbastanza di venire accusato di mettere a ferro e a fuoco la città” Quel modello anarchico non funzionò ma l’idea del festival pop era giusta.

Renato Nicolini pensò ad una serie di eventi spettacolo organizzati

Gli eventi non potevano essere autogestiti ma dovevano essere super organizzati. Se ci pensate è la solita vecchia differenza tra anarchici e comunisti. L’ideatore fu l’architetto Renato Nicolini, geniale assessore alla Cultura della Giunta comunista di Giulio Carlo Argan, docente di Storia dell’arte. Si voleva indurre i cittadini del centro e delle periferie a uscire e invadere la città dopo il tramonto proprio per reagire alla emarginazione in cui erano costretti dal vuoto di proposta culturale e dal terrorismo. Molti intellettuali storsero il naso. Si vedevano sottrarre il ruolo di depositari dell’accesso agli spazi culturali, al sapere, da sempre appannaggio delle élite.

Ercole, Maciste e il Pianeta delle Scimmie ma anche il Dottor Zivago

La prima serata a Massenzio, il 25 agosto, costava le 100 lire della tessera. Funzionava come un cineclub, per non fare concorrenza alle sale di cinema. Si proiettava Senso di Luchino Visconti. La seconda sera lo spazio venne invaso da 4.000 persone. La rassegna poteva riguardare anche cinematografie reiette, come erano i film degli eroi mitologici: Ercole, Maciste, Sansone e Ursus, film che nessuno avrebbe pagato per vederli al cinema o a casa.

Ma lì in quel contesto la pellicola era l’occasione e lo spettacolo lo faceva il pubblico. A turno gli spettatori interloquivano con i personaggi sullo schermo oppure tra loro con frasi tipiche dell’ironia romanesca e popolare. La platea era lo spettacolo. Tutti ridevano e aspettavano la prossima battuta. Una delle maratone più apprezzate fu la saga del Pianeta delle Scimmie.

Però non mancarono classici del cinema muto come il Napoleon di Abel Gance, con tanto di commento orchestrale dal vivo. Un evento di grande spessore, che faceva sentire gli spettatori, i cittadini, parte dell’evento, di una comunità che si identificava sia nel momento ludico dell’evento, che nei luoghi storici in cui avveniva, che diventavano finalmente propri, anche di chi sempre si era sentito estraneo rispetto alle meraviglie della Roma antica. Ora poteva godere di quei monumenti a pieno titolo.

Ora, dopo due anni di pandemia, dopo mesi di lockdown, con una guerra alle porte e la crisi economica che avanza, forse c’è di nuovo la paura di uscire di casa. Però bisogna farlo.

Foto dalla pagina Facebook di Roma Culture. Teatro dell’Opera – Caracalla