Erasmo da Rotterdam: un sogno di marca olandese
“In questi tempi, in cui l’umanità è funestata dall’epidemia globale del Coronavirus, la lezione di Erasmo appare tanto più interessante ed attuale, anche rispetto a complottisti e tuttologi da strapazzo”
Nella notte tra 27 e 28 ottobre del 1466 o del 1469, poco più di 550 anni fa, veniva al mondo il grande Erasmo da Rotterdam. Tra le figure decisive della cultura umanistica e rinascimentale, il suo contributo intellettuale, speculativo, di cultura e di civiltà appare ancora oggi ragguardevole. Tra gli studi a lui dedicati dagli storici del pensiero e della cultura, il libro di Johan Huizinga del 1924, intitolato semplicemente “Erasmo” (trad. it. Einaudi), merita qualcosa di più che non una semplice menzione.
Erasmo da Rotterdam, l’interprete
Olandese egli stesso, al pari del suo grande predecessore, Huizinga (1872-1945) fu una notevole figura di pensatore, storico e studioso. Professore a Groningen e a Leida, egli diede contributi notevoli sul tema del Rinascimento, a partire da “L’autunno del medioevo” (1919, ed. it. Rizzoli), la cui edizione italiana reca, non per caso, un saggio introduttivo di Eugenio Garin, il maggiore tra i nostri studiosi del Rinascimento.
Non solo, ma egli si rivelò pensatore profondo, attraverso libri come “Homo ludens” (1938, ed. it. Einaudi), in cui viene messa in luce la centralità del gioco tanto nella dimensione umana che in quella extra-umana. Nonché attraverso opere come “La crisi della civiltà” (1935, ed. it. Einaudi), in cui un europeo del “mondo di ieri” – per usare un’espressione che diede il titolo ad un famoso libro di Stefan Zweig – analizza la contemporanea società di massa.
Di quanto la cultura della tolleranza di matrice olandese fosse penetrata in lui, attraverso Erasmo e, con ogni probabilità, Spinoza, è dimostrato dalla sua strenua ed infaticabile opposizione al nazismo. Con questo atto di resistenza, si concluse la sua vita.
Erasmo da Rotterdam, una lezione di tolleranza
Con il passare degli anni, si apprezzano sempre di più la calma, la serenità, la luminosità della ragione. Soprattutto, per quanto concerne la violenza nella politica, che ha segnato il Novecento in modo irreversibile. Tanto per ciò che riguarda il fascismo, quanto per ciò che attiene al comunismo. Tanto dal lato del terrorismo rosso, quanto dal lato di quello nero. Non solo, ma questo aspetto non riguarda meno il XXI secolo.
Basti pensare agli attacchi terroristici subiti dai paesi occidentali. Ma anche alla capacità di questi ultimi di trasformarsi, a loro volta, in stati canaglia. Da questo punto di vista il magistero di Erasmo appare prezioso. Si leggano le ultime righe del libro di Huizinga: “l’umanità civile ha ragione di tenere in onore il nome di Erasmo, se non altro perché egli fu il predicatore intimamente sincero di quella mitezza di costumi di cui il mondo oggi ha ancora tanto bisogno” (ed. it. p. 240).
Il peso delle cose
In questi tempi, in cui l’umanità è funestata dall’epidemia globale del Coronavirus, la lezione di Erasmo appare tanto più interessante ed attuale, anche rispetto a complottisti e tuttologi da strapazzo. Nel tempo in cui visse Erasmo, che morì nel 1536, la presenza della peste era, in Europa, endemica. La peste gli strappò la madre. Non solo, ma egli seppe schivarla, con il gesto del danzatore.
Nel frattempo, lavorava alle opere che avrebbero mutato la fisionomia della cultura europea: l’Elogio della Follia, gli Adagi, i Colloqui. Dunque, ciò che queste figure rappresentano non è solo il peso e la gloria dei secoli. Qui troviamo un’esperienza che aveva uno spessore che noi contemporanei non conosciamo più. Quella di chi di difficoltà ne sapeva reggere molte, e aveva ancora abbastanza forza spirituale per rivolgere lo sguardo al cielo…