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Ergastolo per l’assassino di Diabolik: il killer incastrato da un video ma chi ha voluto la sua morte?

Mentre il destino giudiziario di Calderon sembra segnato, il mistero su chi abbia realmente ordinato l’esecuzione di Diabolik resta irrisolto

Diabolik, Fabrizio Piscitelli

Cinque anni e mezzo dopo l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik, leader degli Irriducibili della Lazio e narcotrafficante di peso nella capitale, la terza corte d’Assise di Roma ha emesso il verdetto: ergastolo per Raul Esteban Calderon. Un colpo alla nuca, freddato su una panchina al Parco degli Acquedotti il 7 agosto 2019, in un agguato che ha sconvolto gli equilibri della criminalità romana. Eppure, nonostante il pesante giudizio, l’aggravante mafiosa non è stata riconosciuta, suscitando indignazione tra i familiari.

Cinque ore di camera di consiglio: un processo intricato

Sono state necessarie oltre quaranta udienze e cinque ore di camera di consiglio nell’aula bunker di Rebibbia per giungere alla condanna. Un solo imputato, ma un intreccio di storie che coinvolge fazioni malavitose, giochi di potere e una spietata guerra per il controllo della droga nella Capitale. Dietro la maschera di tifoseria ultrà degli Irriducibili, si nascondeva un’organizzazione criminale senza scrupoli, pronta a tutto pur di mantenere il dominio sul traffico di stupefacenti.

Calderon: un killer pronto a fuggire

La svolta nelle indagini è arrivata da un dettaglio apparentemente insignificante: un video che ritrae Calderon con una benda a coprire un tatuaggio sul polpaccio. A incastrarlo anche la testimonianza dell’ex compagna sulla sparizione della pistola, usata in una rapina e poi conservata da lei. La figura di Calderon si rivela essere quella di un sicario professionista, già coinvolto in altri omicidi, pronto a lasciare il Paese sotto un’identità falsa. Calderon, infatti, è stato arrestato mentre progettava la fuga, con il suo vero nome rivelato come Gustavo Alejandro Musumeci.

Mandanti nell’ombra: il giallo non è finito

Sebbene la condanna per il killer sia stata pronunciata, il cerchio non è ancora chiuso. Il nome di Calderon è legato a personaggi di spicco della malavita romana come Giuseppe Molisso, Leandro Bennato e Alessandro Capriotti, ancora sotto indagine come presunti mandanti. Le sentenze precedenti già condannano Molisso e Bennato per altri omicidi, ma la loro connessione con l’omicidio di Piscitelli resta nebulosa. Le dichiarazioni del pm Palazzi, tuttavia, suonano come un monito: “Questa storia non finisce qui”.

La vedova di Diabolik: delusione e rabbia

Le reazioni dei familiari alla sentenza riflettono un misto di sollievo e amarezza. La vedova di Piscitelli, pur soddisfatta della condanna, esprime delusione per il mancato riconoscimento dell’aggravante mafiosa. “Si fa fatica a riconoscere il metodo mafioso a Roma – ha dichiarato la sorella di Piscitelli – ma la lotta per la verità non si ferma qui. Non apparteniamo a questo mondo, ma vogliamo giustizia”.

Difensori all’attacco: appello in arrivo

Gli avvocati di Calderon non si arrendono. Gian Domenico Caiazza ed Eleonora Nicla Moiraghi definiscono la sentenza un errore giudiziario, sostenendo l’innocenza del loro assistito. “Ricorreremo in appello – ha dichiarato Caiazza – perché i giudici non hanno riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso, escludendo il nesso tra il furto dell’arma e l’omicidio”.

Il mistero resta: chi ha voluto la morte di Diabolik?

Mentre il destino giudiziario di Calderon sembra segnato, il mistero su chi abbia realmente ordinato l’esecuzione di Diabolik resta irrisolto. Una scacchiera criminale ancora da decifrare, con protagonisti che si muovono tra ambizione e tradimenti. La guerra per il controllo dello spaccio nella Capitale non si è fermata con la morte di Piscitelli, ma continua a far scorrere sangue nelle strade di Roma.