Ernst Jünger: indipendenza e spregiudicatezza, un autore affascinante
Una figura affascinante, per certi versi inqualificabile. Seppe apprendere e declinare il pensiero di Nietzsche con rara sensibilità
Asciutto e sovrano, ma nello stesso tempo leggero, Ernst Jünger scrisse, per i suoi novant’anni, un romanzo erotico-poliziesco, “Un incontro pericoloso” (1985, ed. it. Adelphi).
Sebbene questo libro sia lontano dalle grandi intuizioni teoriche delle sue opere principali – la tecnica, il totalitarismo, la libertà e il concetto di individuo in un’epoca come la nostra – ci dà, tuttavia, modo di godere della libertà aerea del suo spirito, di quel senso di indipendenza e di spregiudicatezza che sempre fu il suo.
Ovvero, di continuare a riflettere su quella scuola di resistenza, che la sua opera e la sua figura costituiscono per noi. Questa espressione – “scuola di resistenza” – proviene dalla traduzione italiana del titolo di un magnifico saggio che Elias Canetti dedicò a Karl Kraus, nel volume “La coscienza delle parole” (ed. it. Adelphi). Essa si presta altrettanto bene a caratterizzare la lezione del grande autore satirico viennese, come quella di Jünger.
La Francia nel cuore
Lontano dal germano-centrismo dei suoi sodali, Heidegger e Carl Schmitt, egli ambienta la vicenda nella Parigi di Toulouse-Lautrec, all’epoca in cui imperversava a Londra Jack lo squartatore.
Jünger era stato a Parigi, durante l’occupazione nazista, come ufficiale di Stato Maggiore della Wehrmacht, l’esercito regolare. Qui incontrò André Gide, Louis-Ferdinand Céline, Picasso, Colette e Marguerite Yourcenar e, forse, la capitale francese gli era rimasta nel cuore.
Quando, ad esempio, si osserva che, alla fine del romanzo, si trova la data ‘30 gennaio 1984’, si può interpretare questa indicazione simbolica in due modi, trattandosi proprio del giorno in cui Hitler prese il potere in Germania, nel 1933.
La prima è che Jünger voglia, in modo occulto, celebrare ancora quell’evento.
Scavando nella sua storia, però, veniamo a sapere che, non solo Jünger scrisse un romanzo, come “Sulle scogliere di marmo” (1939), in cui esaltava il tirannicidio.
Ma che il più grande attentato contro Hitler che sia stato tentato, quello di Klaus von Stauffenberg del 20 luglio 1944, si appoggiava soprattutto sul Comando di Parigi.
Pur risultando impossibile provare la partecipazione diretta di Jünger, egli fu congedato per indegnità militare (come ben spiegato da Quirino Principe nell’edizione italiana del “Cuore avventuroso” di Jünger, pubblicata da Guanda).
Al di là della politica
Ecco, allora, che la menzione di quella data, che non sembra casuale, può anche essere intesa in questo modo: ‘ci sono altri 30 gennaio che meritano di essere ricordati’. Del resto, Picasso gli disse una volta che, se fosse dipeso da loro due, la pace sarebbe stata stipulata all’istante.
E non sarebbe sbagliato paragonare “Un incontro pericoloso” ad un quadro: le immagini sono nette, precise, i colori ardenti, il progredire della tensione perfetto. Del resto, se ci fu una città che, tra Ottocento e Novecento, fu la capitale della cultura mondiale, essa è certamente Parigi.
“Parigi, la capitale del XIX secolo”, secondo l’idea di Walter Benjamin. Difficile che, una personalità della sensibilità di Jünger, in cui non ci sono rivendicazioni di provincialismo, potesse non accorgersene.
Per ciò che concerne l’aspetto narrativo del libro, la storia è fatta di corposi elementi, validi sempre in questo tipo di narrativa, in cui il giallo è ciò che dà tensione alla vicenda.
Una moglie stanca e annoiata, un marito distante ma duro e autoritario, un giovanotto ingenuo che si caccia in un guaio, un omicidio, un poliziotto di genio che risolve il caso e che della sua capacità investigativa fa una filosofia di vita. Oltre all’ incombere del mito di Jack lo squartatore, cui si accennava.
Per un altro aspetto, il romanzo è particolarmente interessante e attuale nei nostri anni, ora che, in modo sacrosanto, il problema del femminicidio è diventato di scottante attualità. Ossia, che le donne subiscono la violenza maschile da sempre.
Jünger che, da tedesco di altri tempi, era riuscito a rivendicare i vecchi valori europei, al tempo della tecnica e delle guerre mondiali, probabilmente se ne rendeva conto. Affidando al suo super-detective la difesa del femminile, della parte fragile e sorgiva della vita.
Scuola di resistenza
Per il resto, rimane l’incanto di un autore come Jünger che, in modo altrettanto unico e brillante, maneggiava il pensiero teorico e la narrativa, l’aforisma e la memorialistica di guerra. Che seppe apprendere e declinare il pensiero di Nietzsche, con rara sensibilità e pregnanza.
In un secolo di ideologie forti e, molto spesso, cariche di stragi, come il Novecento, la sua fu una lezione di resistenza. Resistenza anche all’appiattimento che può provenire da sinistra, ma senza quel tanto di meschino che troviamo, ad esempio, nel revisionismo storico.
In modo analogo alla poesia di Rainer Maria Rilke e del nostro Montale, a Hugo von Hofmannsthal e Thomas Mann, a Kafka e a Joyce, ci sono fatti di natura estetica ed espressiva che non si incontrano con la politica in nessun modo.
Ecco perché sarebbe opportuno leggerlo per i giovani di sinistra, allo stesso modo in cui i giovani di destra dovrebbero leggere Adorno e Marcuse. Perché diventare consapevoli della complessità, è ciò che soltanto può formare quella resistenza intellettuale, che ci permetterà di reggere alle sfide del futuro.