Esplosioni Beirut: non un attentato, una tragedia in un paese al collasso
Esplosioni Beirut: abbiamo analizzato l’accaduto con Marco Guidi, esperto di Medio Oriente ed ex inviato di guerra: non si tratterebbe di un attentato
Le due esplosioni avvenute ieri, 4 agosto, a Beirut, capitale del Libano, in un magazzino attenzionato già dal 2014, ha causato 78 morti e 4mila feriti, ma il bilancio sembra destinato a crescere. I boati sono stati uditi a 200 km di distanza.
Il ministro Hamad Hasan consiglia ai cittadini di andare via dalla città, perché i materiali tossici sprigionatisi nell’aria possono causare gravi problemi respiratori. Dirigenti militari Usa avanzano l’ipotesi di un attentato. Il Libano è un territorio già in ginocchio per il Covid-19, la povertà, le tensioni tra gruppi rivali e il conflitto con Israele al confine sud.
Abbiamo analizzato l’accaduto con Marco Guidi, esperto di Medio Oriente ed ex inviato di guerra de ‘Il Messaggero’.
“Io non credo a un attacco doloso, né di matrice israeliana né da parte degli Hezbollah (il “Partito di Dio” con braccio paramilitare di ispirazione sciita), semplicemente perché non ne vedo i vantaggi. In quel sito era depositato il nitrato di ammonio altamente esplosivo che serve ad armare le testate dei missili. Si parla di 300 tonnellate. Era un porticciolo con molti traffici clandestini e non sappiamo in realtà quante armi si trovassero lì, perché oltre a quelle legali c’è un fitto traffico di armi illegali.
Credo sia stata una disgrazia, di un attentato non vedo la ratio. Il Libano è una nazione in miseria, le banche sono al fallimento, non hanno soldi per pagare petrolio, né farina per i poveri. Hezbollah continua la sua guerra a dispetto dei civili disperati, favorita dai palestinesi. Il Libano è un ex paese felice, sull’orlo della bancarotta. Il pluralismo politico, diventato diventato pluralismo militare, lo ha ridotto così. Buona parte della colpa è degli Hezbollah, impegnati nella guerra contro Israele, ai soldi dell’Iran”.