Estorsioni e usura, evoluzione del fenomeno. Quando pagare il pizzo conviene
Estorsioni e usura sono le più forti forme di pressione esercitate sulle attività imprenditoriali da parte della criminalità organizzata
Quando il Cavalier Condorelli (proprio quello dei buonissimi torroncini ), da tempo nel mirino delle cosche catanesi legate al clan Santapaola-Ercolano, arrivò alla decisione di denunciare nel 2019 i numerosi tentativi di estorsione, l’inchiesta “Sotto scacco”, avviata nell’ottobre 2017 grazie alle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, ebbe un impulso decisivo portando a 40 arresti tra Catania, Siracusa, Cosenza e Bologna.
Un esempio importante per tutti gli altri imprenditori, ma al contempo un campanello d’allarme preoccupante per l’evoluzione del fenomeno criminale Usura/Estorsione che si modella inevitabilmente sulle nuove realtà sociali che temporalmente si vengono a determinare in virtù della storia di una comunità.
Come la criminalità opprime le imprese
Sappiamo come le estorsioni e l’usura sono le più consolidate forme di pressione esercitate sulle attività imprenditoriali da parte della criminalità organizzata. Con esse, il crimine genera flussi finanziari consistenti destinati a potenziare le diverse attività criminali oltre ad invadere l’economia legale attraverso l’acquisizione di imprese legali o la costituzione di nuove imprese più o meno direttamente controllate. Questo rappresenta un fattore fortemente destabilizzante del mercato e della concorrenza, generando un vantaggio competitivo a favore del sistema illegale a danno della comunità intera, oltre ovviamente, a produrre un forte senso di insicurezza delle imprese.
Purtroppo, possiamo affermare che il racket, in molte zone d’Italia, non è soltanto questo. Quando viene gestito in regime di monopolio, come nel caso di Cosa Nostra a Palermo e nella Sicilia orientale, o dei Casamonica/Spada/Di Silvio nella capitale e sulle coste laziali, il racket non è soltanto un mezzo per produrre un arricchimento illecito, ma il modo più efficace per assicurarsi il controllo del territorio, che vuol dire controllo dell’economia locale, degli appalti pubblici, della politica.
Quanto costa il pizzo
Il costo economico-sociale del pizzo, direttamente proporzionale alla capacità della criminalità organizzata di controllare il territorio, è comunque altissimo e diffuso su tutto il territorio nazionale, e più è forte la sua capacità intimidatoria e di controllo, più è limitata la propensione delle vittime alla denuncia. Ad influire negativamente sulla crescita delle denunce, è stata da un lato la strategia adottata dalle organizzazioni criminali più evolute che hanno scelto la formula di far pagare meno, far pagare tutti, facendo diventare il pizzo un costo “accettabile” per le imprese e riducendo cosi l’allarme sociale sul fenomeno.
Dall’altro la sempre crescente sfiducia verso le istituzioni politiche e finanziarie da parte di cittadini e imprenditori sempre più abbandonati al proprio destino. Proprio la lettura delle reazioni degli imprenditori alle richieste estorsive e delle conseguenze che provocano sulle imprese è fra le questioni più controverse per l’interpretazione circa l’influenza della criminalità sull’economia.
Inevitabili le collusioni
Nella fase storica attuale, con un settore pubblico gestito da un ceto politico-amministrativo di tipo particolaristico-clientelare, la debolezza di una economia dominata da settori speculativi e a bassa produttività, l’illegalità diffusa, la tolleranza della società civile e delle istituzioni, producono inevitabilmente un sistema complesso di collusioni tra mafia e operatori economici e istituzionali e rendendo inutili le resistenze alle pratiche estorsive da parte dell’imprenditoria più sana.
Un sistema di convenienze reciproche tra imprenditori,uomini delle istituzioni e della società civile per lo più incapaci di sottrarsi al sistema della protezione/estorsione o interessati a collaborare con la criminalità per godere delle risorse economiche e di potere disponibili. Un vero e proprio modello di cooperazione coercitiva tra criminalità organizzata e attori economici, sociali e Istituzionali in cui sono previsti: accesso privilegiato ad appalti e commesse, tangenti, recupero crediti, posti di lavoro, protezione, appoggi elettorali, relazioni con la finanza legale.
Conviene pagare il pizzo?
La scelta di sottostare alle richieste della criminalità o di cooperare con essa è considerata dalla maggioranza degli imprenditori non solo inevitabile, ma anche la meno costosa.
Non è infrequente, anzi, che sia persino considerato un delatore chi opta per la denuncia.
Il secondo ordine di ragioni che spiega la scelta collaborazionista degli imprenditori attiene a quella che è stata definita la “legalità debole”, vale a dire alla diffusione delle irregolarità nella gestione dell’attività economica: dall’evasione contributiva e fiscale alla corruzione, alle truffe, al non rispetto degli standard qualitativi dichiarati e delle norme di sicurezza.
Tutto questo può generare tre diverse situazioni
Complicità: (combinazione tra logica strumentale e contiguità con l’organizzazione criminale attraverso scambi specifici e limitati nel tempo e nei contenuti;
Collusione: (scambi di tipo continuativo, tra imprenditore ed organizzazione criminale attraverso diverse forme di collaborazione;
Compenetrazione: (rapporti organici e legami di identificazione con i criminali, secondo una logica di vera e propria appartenenza).
Proprio la seconda situazione, appare quella più pericolosa e dannosa. Infatti, l’affermarsi di una strategia collusiva ad opera di un’imprenditoria medio-grande (edilizia e grande distribuzione) che intraprende con le organizzazioni criminali una relazione di tipo “contrattuale”, riuscendo a bilanciare costi e benefici aumenta le difficoltà per una produttiva azione giudiziaria.
A volte, tale strategia è a tempo e scopo definito e viene messa in atto in occasione di singole iniziative imprenditoriali (nel caso, ad esempio di appalti pubblici affidati a imprese esterne), altre volte dà luogo a una duratura collaborazione, come nel caso di accordi riguardanti la grande distribuzione o gli appalti ripetuti nel tempo, diventando un vero e proprio sistema in cui viene meno la vittimizzazione dell’imprenditore.
La nuova diffusione del racket
Se tutti gli studi del fenomeno fino a prima della Pandemia, potevano in qualche misura definire gli scenari nei loro specifici contesti e tracciare la strada per un efficace lotta di legalità, oggi, in assenza di dati circostanziati e nel caos dell’economia reale è molto complicato prevedere gli sviluppi e la nuova diffusione del Racket nel tessuto sociale post pandemico.
Di certo, conosciamo i fattori che ne incrementeranno la consistenza e la pericolosità sociale:
- il cresciuto indebitamento “legale” delle famiglie per effetto della crisi economica esponenzialmente cresciuta con le stringenti misure anti covid;
- l’aumento della precarietà sociale porrà una parte sempre più consistente della società fuori dal sistema creditizio;
- l’aumentato tasso di disoccupazione e di lavoro nero;
- l’inadeguatezza degli ammortizzatori sociali alla luce del nuovo quadro economico-sociale;
- un’economia illegale sempre più rilevante sia sotto il profilo del volume degli affari illeciti sia sotto il profilo del numero e della qualità dei soggetti coinvolti che determina un’evasione fiscale di enormi dimensioni;
- la crisi del sistema giudiziario e la auto delegittimazione dei suoi operatori che ha notevolmente aumentato la sfiducia del cittadino onesto nei confronti delle istituzioni;
- la polverizzazione delle piccole attività di quartiere, da sempre facile serbatoio di incassi esigui ma continui da parte delle organizzazioni criminali che dovranno necessariamente spostare il tiro delle proprie attività estortive.
Le associazioni anti racket
Basterà la buona volontà espressa dall’associazionismo anti racket che nell’ultimo periodo è sembrato servire più come vetrina del politico di turno piuttosto che aumentare il collante informativo ed in alcuni casi operativo con gli organi giudiziari?
Il timore (piuttosto fondato ) è che le organizzazioni criminali, oggi sempre più decise ad un coordinamento nazionale, se non addirittura internazionale, puntino molto più in alto, pronti nell’appropriarsi in maniera massiccia dei fondi a debito del Recovery Fund, utilizzando quei canali deviati della politica già da tempo collaudati ed acquiescenti. Allora sì, non sarà più solo un problema del piccolo imprenditore o del negoziante sotto casa.