Europee 2024, se Salvini sogna un’alleanza del tutto irrealistica…
Il leader leghista spinge per replicare la maggioranza che governa l’Italia anche a Bruxelles: che però, come si è visto nel 2019, ha ragioni che la ragione non conosce
È del leader leghista Matteo Salvini la mossa d’apertura nella partita per le Europee 2024. Memore probabilmente dell’ultimo precedente, il Capitano ha voluto precorrere i tempi, considerando che le elezioni si terranno tra il 6 e il 9 giugno dell’anno prossimo. E, tuttavia, il suo tentativo di sparigliare precocemente le carte sa più che altro di bluff.
La partita per le Europee 2024
«Siamo certi che a Bruxelles serva una maggioranza chiaramente di centrodestra», senza i partiti socialisti e progressisti che attualmente fanno parte della coalizione di Governo continentale. Questo il progetto lanciato, mediante un’intervista al Corsera, da Matteo Salvini. Il quale si è detto «pronto a proporre un patto scritto, prima del voto», ai sodali di FdI e FI: «niente compromessi con la sinistra».
In buona sostanza, il Ministro delle Infrastrutture vorrebbe vedere al potere anche nell’Unione Europea la stessa alleanza che sostiene l’esecutivo del Premier Giorgia Meloni. Auspicio che può anche essere comprensibile, ma suona piuttosto irrealistico.
Le istituzioni del Vecchio Continente, infatti, funzionano in modo estremamente diverso da quelle nostrane, come dimostra la semplice composizione dell’Europarlamento in carica. Nel quale Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia fanno parte di tre gruppi parlamentari distinti (rispettivamente, Identità e Democrazia, Conservatori e riformisti, e PPE).
Questo perché le Elezioni Europee sono del tutto particolari, a partire dalla legge elettorale completamente proporzionale che è sempre garanzia di ingovernabilità. E ancor di più alla luce del fatto che – ovviamente – ogni Stato Ue elegge i propri rappresentanti, i quali poi si uniscono per affinità.
Bruxelles ha ragioni che la ragione non conosce
Un sistema così arzigogolato porta inevitabilmente e inesorabilmente a creare ircocervi come l’odierna “maggioranza Ursula”, comprendente popolari, socialisti, liberali e anche parte degli euroscettici moderati. Il che significa, rapportando il dato a quello italiano, convivenza forzata tra Pd, M5S e post-berlusconiani.
Il risultato finale è un quadro che quasi mai rispecchia quello nazionale – e il vicepremier dovrebbe saperne qualcosa, essendo già rimasto scottato nel 2019. Quando il Carroccio aveva stravinto la tornata, eppure tutti gli euro-ruoli riservati al Belpaese erano finiti in mano ai dem. Con le ciliegine delle nomine del compianto David Sassoli al vertice dell’Emiciclo e di Paolo Gentiloni a Commissario per gli affari economici e monetari.
Tutto ciò, peraltro, al netto di (eventuali) ritrosie associative come quelle esternate – scrive Avvenire – dal coordinatore azzurro Antonio Tajani. Parafrasando il matematico, filosofo e teologo francese Blaise Pascal, le Europee hanno le proprie ragioni, che la ragione non conosce.