Europee, il green è la punta dell’iceberg: e Bruxelles è a un bivio…
Le folli misure dell’affermazionismo ambientalista, da cui si allontanano perfino gli euroinomani, possono favorire chi vuole la Ue dei popoli, ma sarà l’ultima chance: qui si fa l’Europa o si muore
Se di solito le Europee si giocano tra euroinomani ed euroscettici, la tornata del 2024 potrebbero esulare dai tradizionali compartimenti stagni. Merito (si fa per dire) delle follie green che, come per osmosi, stanno trasferendo sempre maggiori consensi verso le cosiddette “forze antisistema”. Provvedimenti che in realtà sono solo la punta dell’iceberg, ma danno perfettamente la misura dello spartiacque che il prossimo giugno rappresenterà per il Vecchio Continente.
Le follie green
RomaIT sostiene da tempo che l’European Green Deal non sia solo inutile, ma proprio dannoso. Tuttavia, il senso dell’ultima spiaggia lo dà il fatto che ormai la transizione ecologica rende perplessi anche personaggi e addirittura istituzioni assolutamente non tacciabili di antieuropeismo.
Per dire, perfino la Banca Centrale Europea, come riporta Il Messaggero, ha lanciato l’allarme attraverso uno studio appena pubblicato. Secondo il quale, in cinque anni, le ricette verdi faranno calare di un terzo la produttività delle euro-imprese che operano nei settori a maggiore impatto ambientale.
Su una linea simile si è clamorosamente posto, sia pure per mero calcolo elettorale, l’ex Premier Romano Prodi, che è stato anche Presidente della Commissione Ue. Il quale ha affermato di trovare sbagliata l’idea «che entro pochi anni non si possono più produrre auto a combustione interna». Aggiungendo che «ogni politica deve essere applicata in modo appropriato», pena il rischio di provocare «la reazione contraria e il rifiuto delle politiche ambientali».
La rana bollita
Questa nave in realtà è già salpata, come dimostrano tra l’altro flop delle auto elettriche, rivolta dei trattori, nonché un’interessante scoperta riguardante il Premier canadese Justin Trudeau. Il quale, scrive LifeSiteNews, ha versato quasi 500.000 dollari dei contribuenti al World Economic Forum affinché quest’ultimo producesse un report che ne legittimasse l’agenda ecologista radicale. Che, evidentemente, nemmeno dalle parti di Ottawa fa poi così presa.
Tornando dalle nostre parti, sono molto significative le reazioni prevalentemente negative alla recente approvazione della Direttiva sulle case green. Che poi fanno il paio con l’esasperazione sempre più diffusa, come rileva Il Fatto Quotidiano, verso l’atteggiamento comunitario nei confronti della guerra in Ucraina.
Questo profondo scollamento, oltre al resto, dà l’impressione che gli euro-mandarini vogliano capire quanto possono tirare la corda prima che si rompa (spoiler: ci siamo quasi). Perché, se finora hanno trattato i cittadini come tante rane chomskyane da bollire a fuoco lento, ora stanno alzando la temperatura del recipiente tutta insieme. E farlo a tre mesi dalle Europee sembra tutto, tranne che lungimirante.
Il sondaggio sulle Europee 2024
Per ora, comunque, stando a un sondaggio condotto da Ipsos per Euronews su 18 Paesi dell’Eurozona, gli alti papaveri comunitari non avrebbero ancora l’acqua alla gola. Il blocco conservatore, infatti, sarebbe in forte ascesa, ma non avrebbe abbastanza seggi per formare un euro-Governo di centrodestra insieme al PPE. Per il quale lo scenario più probabile resta la replica dell’attuale ircocervo con socialisti e liberali, forse addirittura con la sconcertante inclusione dei Verdi.
Questo dato, sia pur da prendere con le molle e fisiologicamente suscettibile di assestamenti, dovrebbe far riflettere soprattutto i partiti di (centro)destra. I quali non hanno mai preso le distanze dalla narrazione gretina che ritiene, in modo del tutto antiscientifico, che l’uomo sia responsabile del climate change. Quando un luminare del calibro di Antonino Zichichi stima il contributo antropico in una percentuale irrisoria oscillante tra il 5 e il 10%.
In ogni caso, un’eventuale maggioranza sovranista dovrebbe almeno assicurare lo stop alle normative ispirate al peggior ambientalismo affermazionista. Agli elettori il compito di decidere se sia sufficiente.
Le Europee saranno uno spartiacque
Anche perché l’Unione Europea ha delle “tare genetiche” che per lo più vengono occultate, e che si estendono ben oltre la genuflessione all’ideologia eco-catastrofista. E il rinnovo quasi estivo dell’Eurocamera potrebbe costituire l’ultima chance per correggerle.
Per esempio, siamo forse di fronte all’unico caso al mondo di istituzione democratica in cui non vige la montesquieuiana separazione dei poteri. Si dà infatti il caso che il Parlamento Europeo non possieda il potere legislativo, che invece è prerogativa della Commissione Europea che detiene anche il potere esecutivo.
Una conseguenza di questa anomalia è che Bruxelles può emanare solo Direttive o Regolamenti, ma nessuna legge. Questo perché, per avere la qualifica di legge ordinaria, un atto dev’essere espressione di un organo rappresentativo del popolo. Laddove la Commissione Europea si costituisce per scelta dei Governi dei Ventisette. E pensare che c’è chi sostiene che i singoli Stati membri dovrebbero cedere sovranità a un carrozzone del genere…
Ecco perché le imminenti Elezioni Europee rappresentano un bivio fondamentale anzitutto per quanti auspicano la creazione di una Ue dei popoli. Ed ecco perché dovrebbe pensarci bene chi, come il Premier Giorgia Meloni, mantiene una forte ambiguità sul possibile bis di Ursula von der Leyen.
Stavolta, infatti, parafrasando Giuseppe Garibaldi, “qui si fa l’Europa o si muore” (letteralmente). Tertium non datur.