Femminicidio a Grosseto, le coltellate e il fuoco per nascondere il delitto
Femminicidio di Grosseto: ancora non si conoscono in modo preciso le cause del brutale gesto, ma pare che il marito volesse trasferirsi in Romania
Femminicidio di Grosseto. Il drammatico delitto è accaduto nella dependance della villa in cui i due abitavano e lavoravano come custodi. Madalina Luminita è stata uccisa barbaramente a coltellate dal marito Adrien, il quale ha tentato di bruciare la casa per nascondere il delitto.
Il femminicidio di Grosseto
Ancora non si conoscono bene le cause del brutale gesto nel femminicidio di Grosseto, ma pare che il marito volesse trasferirsi in Romania, cosa che invece non interessava alla moglie che si era pienamente inserita ed ambientata nel contesto sociale della cittadina Toscana. L’ennesima tragedia, che vede ancora una volta la donna vittima di una relazione con chi afferma di amarla.
Anche il 2020 vede purtroppo un numero altissimo di femminicidi e più in generale di episodi di violenza nei confronti della donna, con una corrispondenza altissima di casi avvenuti all’interno dell’ambito familiare.
Quali aspetti psicologici spingono l’uomo ad agire con violenza?
La propria insicurezza? La paura di perdere il ruolo di autorità? La violenza è un problema culturale che a volte può essere accompagnato da fattori psicopatologici come stati d’ansia, depressione e problematiche di organizzazione della personalità. Viviamo a oggi in una società condizionata ancora dalla struttura patriarcale nella quale gli uomini hanno privilegi rispetto alle donne, che inevitabilmente trova radici culturali che fanno riferimento troppo spesso al sessismo.
Fortunatamente non tutti gli uomini cresciuti in questa società si comportano in modo violento rispetto alle donne. Se ne deduce quindi che il solo aspetto culturale malgrado sia una componente importante, non determini di per sé le motivazioni sufficienti all’assunzione di certi comportamenti.
Risulta troppo semplicistica l’identificazione del singolo atto violento inquadrandolo nel “raptus”. Ma siamo convinti che gli episodi che culminano in violenza estrema siano riconducibili ad una sola situazione? L’esperienza ci racconta che dietro la stragrande maggioranza di episodi di femminicidio c’è uno storico fatto di segnali e di fattori spesso non letti nel giusto modo o comunque forti indicatori di una personalità non del tutto personale alla situazione.
Prima di arrivare alla violenza fisica c’è sempre una premessa psicologica fatte di minacce, svalutazione della donna, denigrazione. Spesso con precedenti di violenza fisica o ancor più psicologica.
E’ importante capire che un uomo che ama non picchia. Bisogna sempre differenziare la “ violenza dal conflitto”. In tutte le relazioni, può capitare di confrontarsi, avere diversi punti di vista ed essere protagonisti di conflitti animati, ma in questo caso si è di fronte ad un confronto alla pari che porta ad una negoziazione tra i due.
Nel caso della violenza invece, regna una situazione di disparità tra soggetti e che invece della negoziazione porta alla prevaricazione di una delle due parti. Il femminicidio è l’esito estremo della violenza di genere, l’esito più tragico che porta l’ uomo ad uccidere barbaramente la donna. Ma ci sono altri tipi di violenza che anticipano il drammatico epilogo che donna deve riconoscere come campanelli d’allarme.
Cosa vive la donna vittima di violenza da parte del partner
Molto spesso la donna vittima di violenza non si rende conto del male che sta subendo, oppure chiede aiuto ma non viene ascoltata o addirittura non creduta.
Cerca sempre di scusare il comportamento violento del proprio partner pensando che sia lei stessa ad essere magari esagerata. Si ripete che il suo compagno la ama tanto e quindi forse per questo risulta geloso e finisce per picchiarla.
La donna vittima di violenza ha paura del proprio partner e ha paura di reagire alle violenze subite perché intimorita dall’escalation che la relazione ha assunto. Quindi crea continuamente delle scusanti verso i comportamenti del compagno e ridimensiona il proprio dolore e la propria sofferenza.
Ingenuamente crede alle continue scuse del compagno e da’ forte investimento alle promesse che lo stesso gli ripropone ogni volta, non riuscendo a capire che l’interpretazione della relazione amorosa nel suo caso è fortemente condizionata dal sentimento da una parte e dalla lettura distorta dall’altra.
Possiamo definire il contesto all’interno del quale avvengono gran parte dei femminicidi come strutture relazionali complesse. In queste relazioni complesse molto spesso la personalità del partner risulta già ampiamente leggibile nel corso del tempo. Mentre quella della partner fortemente disallineata proprio a causa delle continue vessazioni e denigrazioni.
Femminicidi: un problema sociale e non solo dei singoli
Riconoscere da subito il mal funzionamento di certe strutture di coppia o familiari è fondamentale per prevenire. Diviene quindi fondamentale oggi la presenza sul territorio di centri anti violenza ( che dai 232 del 2018 sono aumentati a 272 nel 2020) che possano supportare la donna nella capacità di lettura alle prime avvisaglie di comportamenti violenti. La donna vittima di violenza si autocolpevolizza, perde la propria autostima perché è stata vessata, denigrata, maltrattata ed è stata colpita nella propria interezza.
Bisogna parlarne, le donne devono capire che la violenza subita non è normale. Certamente non è facile perché alcune credono che questo argomento sia tabù, invece è fondamentale confidarsi e denunciare. Parlarne con qualcuno può salvare la vita di queste donne, perché un vero uomo conquista con la forza del cuore e non delle mani.
La società come la politica, le istituzioni hanno una responsabilità non secondaria e l’investimento sulla prevenzione deve essere sempre più forte ed incisivo. Partendo dalle scuole fino ad arrivare ad una campagna di sensibilizzazione del tema risoluzione del femminicidio. Il femminicidio è qualcosa che non possiamo esclusivamente riferire ai singoli attori ma in generale è un problema che abbraccia l’intera comunità e la società.
In collaborazione con Federica Cucchiara, Dottoressa in Psicologia clinica