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Ferragosto tra crostacei e altri suicidi in carcere

Oltre al pranzo di Ferragosto ci sono le iniziative del Partito Radicale e dell’Associazione Antigone sulle carceri e i suicidi in cella

Carcere

Ferragosto ossia Feriae Augusti, rappresenta la festività pagana che si celebrava nell’antica Roma in onore di Augusto Imperatore; in tempi più recenti grazie alla Chiesa, il 15 Agosto si onora l’Assunzione di Maria; gli italiani fanno festa gozzovigliando.

Non tutti.

Come tradizione, oltre al pranzo in questo periodo si preparano le iniziative del Partito Radicale e dell’Associazione Antigone che coinvolgono lo stato delle carceri in Italia, argomento particolartmente spinoso e fastidioso da gestire in riva al mare o sotto l’ombrellone.

Secondo Voltaire, “la civiltà di un Paese è data dalle condizioni delle sue carceri” ; tira dritto la nostra Costituzione che all’articolo 27, tra l’altro afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non e’ ammessa la pena di morte.”

Parole alte queste, ma smentite da numeri reali e fatti indegni, impietosi, inchiodati al muro, dinanzi agli occhi di tutti noi.

Il problema della Giustizia in Italia e’ drammatico. Numero uno: il sovraffollamento delle carceri. L’Associazione Antigone rileva che a fine Aprile 2023 i detenuti presenti nelle carceri del nostro Paese erano circa 56.700, 10.000 circa detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, con un tasso di sovraffollamento (in aumento quest’estate) pari al 119%.

Andiamo avanti. Se in Italia non esiste la pena di morte, come dice Radio Carcere di Radio Radicale, in Italia di pene si muore. Nel 2022 si sono registrati negli istituti penitenziari 85 suicidi; nei primi mesi del 2023 siamo gia’ arrivati a 43: le ultime due vittime sono due donne, la prima, suicida, e’ una ragazza nigeriana, l’altra un’italiana che si sarebbe lasciata morire rifiutando acqua e cibo.

La visita di sconcerto e preoccupazione – a sorpresa – a Torino – del Guardasigilli ha semplicemente e momentaneamente portato a galla un tema che nello spazio di un battito d’ali di farfalla affoghera’ nuovamente nel mare dell’ignoranza e disinteresse.

Qui, nell’argomento, vi s’intrecciano parecchi sentimenti contrastanti.

Parliamo della “vendetta” e del castigo esemplare, e allo stesso tempo del senso di “giustizia” e della composizione di questo. Del diritto, che rappresenta il terzo, una dea bendata, connotato questo considerato oggi positivamente nel senso di una spada di Giustizia che non dovrebbe guardare in faccia nessuno, e garantire appunto garanzie.

Tutto cio’ costa molto: lacrime e sangue se il crimine e’ vissuto personalmente – in un modo o nell’altro. Dinanzi a un reato efferato, contro la persona, un crimine appunto maniacale, violento, disgustoso e abietto quanto vogliamo, esiste poi uno Stato, in principio e in essenza, uno Stato forte ma giusto che oltre a far scontare la pena, ha o piuttosto avrebbe l’obbligo e la responsabilita’ alta di rieducare il condannato e ricondurlo alla vita.

Pur dinanzi a strutture modello, quali per esempio la circoscrizione di Bollate a Milano, dove il percorso studio, lavoro esterno di un detenuto rappresenta in sintesi quasi perfetta la sola ed unica via per il reinserimento sociale, le circoscrizoni detentive italiane sono spesso un obbrobbio di cemento fatiscente, ospizi come vecchie fortezze abbandonate: peggio di noi – il Paese della Bellezza, in Europa fanno solo Cipro e Romania.

A causa poi dei problemi di un’immigrazione mal gestita, l’aumento di detenuti extracomunitari, come tossicodipendenti e affetti da patologie psichiatriche e’ oggi abnorme. Intollerabile.

Si e’ perso il conto delle carenze igieniche e sanitarie, nel 35% degli istituti le celle contano una vergogna indicibile di 3mq per persona, spesso senza riscaldamento o acqua calda (o persino semplicemente senza acqua) in inverno o con un unico rubinetto a condividere gli affari del bidet e della cucina.

Scarse – tranne nei casi sopra citati – le attività lavorative per i detenuti, anzi praticamente inesistenti, persone abbandonate a penzolare nel vuoto mediante l’ausilio di psicofarmaci per consumare il Tempo piuttosto che soccorrerlo.

A queste criticita’ croniche per i detenuti, si aggiungono quelle degli agenti di Polizia penitenziaria, la stragrande maggioranza dei quali fanno miracoli, costretti a lavorare in numero inferiore rispetto a quello necessario e stabilito e con scarse risorse. Le ultime Leggi finanziarie, di ogni razza o colore, hanno chiesto al Dipartimento di amministrazione penitenziaria di sforbiciare “mediante razionalizzazione e l’efficientamento dei servizi negli istituti penitenziari”.

Nello specifico, si chiedono risparmi di “non inferiori a 9.577.000 euro per l’anno 2023, 15.400.237 euro per l’anno 2024 e 10.968.518 euro annui a decorrere dall’anno 2025“. Numeri impietosi e contrastanti, senza senso.

Stesso discorso vale per gli operatori sanitari, gli psicologi e gli educatori, a garantire quel poco o nulla che possono, spesso solo per propria coscienza.

Morale. 

Nel silenzio assordante che accompagna il supplizio dei detenuti degli Istituti penitenziari italiani che aumentano in modo incontrollato, e in corrispettivo coi “servizi” nei loro confronti che calano o peggiorano e una spesa media giornaliera per un singolo carcerato che diminuisce passando dai 164,33 € del 2022 ai 160,93 € del 2023 –  sulle spiagge, nelle citta’ d’arte o in montagna, gli Italiani scuotono la testa sbalorditi: non tollerano di dover spendere per il periodo di Ferragosto 2023 circa 7 miliardi di Euro, un aggravio dell’11% rispetto al 2022 su scampi, fritture miste e spigole al forno.

Vergognoso non vi pare?